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San Lorenzo Diacono e martire 10 agosto

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Messaggio Da tina Mer 10 Ago 2011, 15:32

San Lorenzo Diacono e martire 10 agosto San_lo10

10 agosto

Martire a Roma, 10 agosto 258


Fin dai primi secoli del cristianesimo, Lorenzo viene generalmente raffigurato come un giovane diacono rivestito della dalmatica, con il ricorrente attributo della graticola o, in tempi più recenti, della borsa del tesoro della Chiesa romana da lui distribuito, secondo i testi agiografici, ai poveri. Gli agiografi sono concordi nel riconoscere in Lorenzo il titolare della necropoli della via Tiburtina a Roma È certo che Lorenzo è morto per Cristo probabilmente sotto l'imperatore Valeriano, ma non è così certo il supplizio della graticola su cui sarebbe stato steso e bruciato. Il suo corpo è sepolto nella cripta della confessione di san Lorenzo insieme ai santi Stefano e Giustino. I resti furono rinvenuti nel corso dei restauri operati da papa Pelagio II. Numerose sono le chiese in Roma a lui dedicate, tra le tante è da annoverarsi quella di San Lorenzo in Palatio, ovvero l'oratorio privato del Papa nel Patriarchio lateranense, dove, fra le reliquie custodite, vi era il capo. (Avvenire)

Patronato: Diaconi, Cuochi, Pompieri


Etimologia: Lorenzo = nativo di Laurento, dal latino


Emblema: Graticola, Palma


Martirologio Romano: Festa di san Lorenzo, diacono e martire, che, desideroso, come riferisce san Leone Magno, di condividere la sorte di papa Sisto anche nel martirio, avuto l’ordine di consegnare i tesori della Chiesa, mostrò al tiranno, prendendosene gioco, i poveri, che aveva nutrito e sfamato con dei beni elemosinati. Tre giorni dopo vinse le fiamme per la fede in Cristo e in onore del suo trionfo migrarono in cielo anche gli strumenti del martirio. Il suo corpo fu deposto a Roma nel cimitero del Verano, poi insignito del suo nome.






“Il persecutore chiede a Lorenzo le ricchezze della Chiesa. Il diacono gli risponde mostrandogli l’immensa folla dei cristiani nella povertà”. Vi sono stati nella storia della Chiesa parole ed attitudini di grandezza e di bellezza, custoditi con pietà dalla Tradizione cristiana e citati nel corso dei secoli come particolarmente caratteristici della linea autentica del Vangelo e della Testimonianza Cristiana.
La risposta di San Lorenzo al suo persecutore avido d’impossessarsi dei beni della Chiesa gestiti dal santo diacono Lorenzo (morto nel 258), è uno di questi gesti. Egli si limita “a mostrare la folla imponente dei cristiani poveri”. Lorenzo era nato in Spagna nel 230. Egli è il diacono che sfidò il giudice pagano e morì martire tre giorni dopo il suo papa, Sisto II. La leggenda vuole che sia stato sottoposto al terribile supplizio della graticola. Con lui trovarono la morte anche sei dei sette diaconi della Chiesa di Roma. Lorenzo era arrivato dalla Spagna a Roma ed il Papa gli aveva affidato l’assistenza di tutti i poveri della comunità cristiana. Dopo il martirio del Papa, intuendo ciò che stava per accadere contro di lui, aveva distribuito ai poveri tutti gli averi della Chiesa che l’imperatore Valeriano esigeva come tributi. L’imperatore pensava che la Chiesa fosse molto ricca perché vedeva che i cristiani in tempi di crisi alimentare non soffrivano; in realtà questo avveniva semplicemente perché tra i primi cristiani che avevano preso sul serio la loro fede e non erano tiepidi esisteva piena condivisione e reciproca assistenza. Lorenzo era il tesoriere della comunità, per questo le guardie imperiali si infuriarono quando, irrompendo nel cimitero di San Callisto per arrestare e uccidere Sisto II e i suoi sette diaconi non trovarono l’arcidiacono Lorenzo. Quando anche Lorenzo venne catturato, il prefetto Cornelio intima a Lorenzo di consegnargli il “ tesoro” della Chiesa. Lorenzo rispose domandando al prefetto di concedergli qualche giorno per fare l’inventario e consegnargli tutto. Poco tempo dopo, Lorenzo si presentò al prefetto accompagnato da una schiera di mendicanti che indicò come i veri “tesori” della Chiesa, ai quali erano finiti i denari. Consegnato ai suoi aguzzini nella notte tra il nove ed il dieci agosto venne bruciato vivo!
Occorre confessare che il dialogo tra il mondo e la Chiesa, tra il pagano di vita ed il vero cristiano rassomiglia spesso al colloquio che opponeva Lorenzo al suo giudice Cornelio.
“Noi non parliamo la stessa lingua”, diceva recentemente un uomo importante rappresentante d’un neo-paganesimo moderno ad uno dei suoi colleghi invece fedele al pensiero del Vangelo.
È vero. La povertà è una situazione da cui si allontana spesso e come più può l’uomo senza fede. La povertà è oggetto di disprezzo per il mondano orgoglioso ed assetato di piacere e di tutti i beni di questo mondo. La povertà è una fonte di privazione di cui il cristiano può e deve far virtù. Orientati i suoi sforzi verso altri beni superiori che possono anche fargli rinunciare ad una vita più facile. Senza dubbio, se egli è impegnato nel sostegno d’una famiglia, è un diritto ed un dovere per lui di assicurarle un piano di vita economico convenevole. L’ascensione sociale, la promozione economica non sono opposte allo spirito del Vangelo. Quello che il Vangelo richiede è che il danaro sia sempre considerato come un servitore dell’uomo e non come il suo padrone, è che i più perfetti, anche nella ricchezza materiale custodiscono al fondo di se stessi “un’anima da povero”, capace di misurare al loro giusto e reale valore i beni di questo mondo e le ricchezze eterne imperiture.
Queste riflessioni sono ispirate naturalmente da questo santo diacono Lorenzo. Egli aveva capito l’insegnamento di Betlemme, del laboratorio di Nazareth, della vita apostolica e povera di Cristo in Giudea ed in Galilea.
Senza dubbio, la povertà è dovuta a molte cause, alcune molto onorevoli, altre meno, di cui certe possono essere talvolta collegate a dei vizi o a delle colpe disastrose. Non sempre è così, occorre ben dirlo !
La verità, è che il fatto brutale della povertà pone una rassomiglianza grande tra l’uomo e Cristo, che la tradizione cristiana ha sempre amato e servito i poveri e che il disprezzo o l’oblio del povero sono un’offesa a Cristo mentre l’esaltazione della povertà, la sua designazione di San Lorenzo come una delle ricchezze spirituali della Chiesa è una testimonianza della fedeltà cristiana al Salvatore.

Autore: Don Marcello Stanzione




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Forse da ragazzo ha visto le grandiose feste per i mille anni della città di Roma, celebrate nel 237-38, regnando l’imperatore Filippo detto l’Arabo, perché figlio di un notabile della regione siriana. Poco dopo le feste, Filippo viene detronizzato e ucciso da Decio, duro persecutore dei cristiani, che muore in guerra nel 251. L’impero è in crisi, minacciato dalla pressione dei popoli germanici e dall’aggressività persiana. Contro i persiani combatte anche l’imperatore Valeriano, salito al trono nel 253: sconfitto dall’esercito di Shapur I, morirà in prigionia nel 260. Ma già nel 257 ha ordinato una persecuzione anticristiana.
Ed è qui che incontriamo Lorenzo, della cui vita si sa pochissimo. E’ noto soprattutto per la sua morte, e anche lì con problemi. Le antiche fonti lo indicano come arcidiacono di papa Sisto II; cioè il primo dei sette diaconi allora al servizio della Chiesa romana. Assiste il papa nella celebrazione dei riti, distribuisce l’Eucaristia e amministra le offerte fatte alla Chiesa.
Viene dunque la persecuzione, e dapprima non sembra accanita come ai tempi di Decio. Vieta le adunanze di cristiani, blocca gli accessi alle catacombe, esige rispetto per i riti pagani. Ma non obbliga a rinnegare pubblicamente la fede cristiana. Nel 258, però, Valeriano ordina la messa a morte di vescovi e preti. Così il vescovo Cipriano di Cartagine, esiliato nella prima fase, viene poi decapitato. La stessa sorte tocca ad altri vescovi e allo stesso papa Sisto II, ai primi di agosto del 258. Si racconta appunto che Lorenzo lo incontri e gli parli, mentre va al supplizio. Poi il prefetto imperiale ferma lui, chiedendogli di consegnare “i tesori della Chiesa”.
Nella persecuzione sembra non mancare un intento di confisca; e il prefetto deve essersi convinto che la Chiesa del tempo possieda chissà quali ricchezze. Lorenzo, comunque, chiede solo un po’ di tempo. Si affretta poi a distribuire ai poveri le offerte di cui è amministratore. Infine compare davanti al prefetto e gli mostra la turba dei malati, storpi ed emarginati che lo accompagna, dicendo: "Ecco, i tesori della Chiesa sono questi".
Allora viene messo a morte. E un’antica “passione”, raccolta da sant’Ambrogio, precisa: "Bruciato sopra una graticola": un supplizio che ispirerà opere d’arte, testi di pietà e detti popolari per secoli. Ma gli studi (v. Analecta Bollandiana 51, 1933) dichiarano leggendaria questa tradizione. Valeriano non ordinò torture. Possiamo ritenere che Lorenzo sia stato decapitato come Sisto II, Cipriano e tanti altri. Il corpo viene deposto poi in una tomba sulla via Tiburtina. Su di essa, Costantino costruirà una basilica, poi ingrandita via via da Pelagio II e da Onorio III; e restaurata nel XX secolo, dopo i danni del bombardamento americano su Roma del 19 luglio 1943.


Autore: Domenico Agasso




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