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San Fabio e compagni Martiri in Sabina 11 maggio
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San Fabio e compagni Martiri in Sabina 11 maggio
11 maggio
Nicomedia, III sec. – Curi in Sabina, 305
Il martirio di questo santo è accomunato a quello di un gruppo di martiri e confessori, radunati attorno al maestro, sant'Antimo. Le notizie pervenuteci si leggono nella «Passio sancti Anthimi» che fu scritta fra il V e IX secolo. Alla fine del III secolo era proconsole dell'Asia Minore Faltonio Piniano, sposato con Anicia Lucina. Antimo riuscì a convertire Piniano e sua moglie al cristianesimo e, richiamati a Roma da Diocleziano, i due portarono con loro il sacerdore e i suoi discepoli. Per sottrarli alle possibili persecuzioni, Piniano decise di allontanarli da Roma, mandandoli in due vasti poderi di sua proprietà. Il diacono Sisinnio con Dioclezio e Fiorenzo, andarono ad Osimo nel Piceno, mentre Antimo, Massimo, Basso e Fabio furono inviati presso la città sabina di Curi. Da qui presero a evangelizzare la regione, non senza scontrarsi però con i culti pagani diffusi nelle campagne. Il gruppo di cristiani venne così arrestato. Sant'Antimo fu decapitato l'11 maggio 305 e sepolto nell'Oratorio di Curi in cui era solito pregare. Anche i suoi discepoli vennero uccisi. Tra questi Fabio fu consegnato al console che dopo averlo fatto torturare, lo condannò alla decapitazione lungo la stessa via Salaria. (Avvenire)
Fabio riprende il nome gentilizio latino “Fabius”, presente anche nel femminile Fabia, che pare essere un soprannome forse di origine etrusca, derivato da ‘faba’ la ‘fava’.
Fabio e Fabia furono nomi che godettero presso i romani di un certo favore; dalla ‘gens’ patrizia “Fabia” discese Quinto Fabio Massimo, detto ‘il Temporeggiatore’, che fu a capo dell’esercito romano contro Annibale nella Seconda Guerra Punica.
Dopo qualche secolo di dimenticanza, questi nomi sembrano oggi ritrovare l’antica diffusione, specie la forma maschile, assieme ai derivati Fabiano, Fabiana e Fabiola.
Il nome Fabio è ampiamente distribuito nel Nord e nel Centro Italia, particolarmente nella provincia di Cagliari.
In campo cristiano, volendo restringere la ricerca al solo nome Fabio, abbiamo solo tre santi con questo nome: s. Fabio il Vessillifero, martire di Cesarea di Mauritania (31 luglio), s. Fabio e compagni martiri venerati a Vienna (27 maggio) e s. Fabio e compagni martiri in Sabina (11 maggio) e di quest’ultimo parliamo in questa scheda.
Bisogna subito dire che di s. Fabio singolarmente non si sa quasi niente, perché il martirio è accomunato ad un gruppo di martiri e confessori i cui nomi sono: Antimo prete, Massimo levita, Fabio, Basso suoi discepoli martiri sulla Via Salaria in Sabina, Sisinnio diacono, Dioclezio e Fiorenzo martiri ad Osimo nel Piceno, Faltonio Piniano e Anicia Lucina sposi, morti di morte naturale a Roma.
Le notizie pervenuteci si leggono nella “Passio sancti Anthimi” che fu scritta fra il V e IX secolo, ritenuta dagli studiosi abbastanza leggendaria e fantasiosa; nel primo Medioevo qualche agiografo, per dare una consistenza maggiore alle poche notizie pervenute su uno o più martiri, li riuniva in un'unica ‘Passio’ dalle ingarbugliate e fantasiose vicende.
Così avvenne per sant’Antimo e i suoi compagni, fra i quali vi è quel san Massimo levita, destinato a diventare compatrono con san Vittorino, della diocesi dell’Aquila.
Alla fine del III secolo era proconsole dell’Asia Minore Faltonio Piniano, sposato con Anicia Lucina, imparentata con l’imperatore Gallieno.
Consigliere di Piniano era un certo Cheremone che odiava i cristiani e aveva giurato di distruggerli con la loro religione. Per le sue insinuazioni, il presbitero Antimo e i suoi discepoli furono gettati in carcere, ma Cheremone non poté godere a lungo della persecuzione in atto, perché un giorno attraversando sul cocchio proconsolare le vie di Nicomedia, cadde rovinosamente e ancor più miseramente morì.
Ciò terrorizzò Piniano, formalmente responsabile della persecuzione e la sua angoscia gli provocò una grave malattia dalla quale i medici non riuscivano a guarirlo.
Lucina la moglie, che già da tempo si sentiva attratta dalla nuova religione, pensò di consultare Antimo, lo fece liberare con i discepoli e condurre al palazzo consolare; qui gli promise la libertà e cospicue ricompense se avesse guarito il marito.
Antonio rispose che una sola cosa poteva guarirlo, che si fosse fatto cristiano. Piniano non solo accettò ma si dimostrò un catecumeno attento e sincero, cosicché Antimo riuscì ad ottenere da Dio la sua guarigione e poi lo battezzò con tutta la famiglia.
Verso il 303 Faltonio Piniano ritornò a Roma, richiamato dall’imperatore Diocleziano (243-313), ma prima di partire riuscì a convincere Antimo e i suoi discepoli a seguirlo nella capitale dell’impero; naturalmente il suo arrivo non passò inosservato e ben presto si diffuse la notizia che aveva condotto con sé dei cristiani.
Per sottrarli alle possibili persecuzioni, Piniano decise di allontanarli da Roma, mandandoli in due vasti poderi di sua proprietà. Il diacono Sisinnio con Dioclezio e Fiorenzo, andarono ad Osimo nel Piceno, mentre Antimo, Massimo, Basso e Fabio furono inviati presso la città sabina di Curi.
Naturalmente non rimasero ad oziare, uscirono dal loro rifugio e ambedue i gruppi presero ad evangelizzare la regione; Antimo sempre seguito dai suoi discepoli, operò anche un miracolo, liberando dal demonio un sacerdote pagano; l’invasato distruggeva tutto ciò che gli capitava a tiro, ma si calmò solo al richiamo di Antimo che gli era andato incontro senza retrocedere.
L’ossesso una volta guarito, per dimostrare la sua riconoscenza e la nuova fede che aveva abbracciato, atterrò l’idolo del dio Silvano, incendiando anche il bosco a lui sacro. I pagani furiosi denunciarono il grave oltraggio al proconsole Prisco, incolpando di ciò il prete Antimo, il quale fu arrestato con i discepoli.
Seguirono interrogatori, torture, prodigi, che in questa scheda omettiamo, rimandando alla scheda propria di S. Antimo prete.
S. Antimo fu decapitato l’11 maggio 305 e sepolto nell’Oratorio di Curi in cui era solito pregare; la stessa sorte toccò al suo erede nello zelo apostolico Massimo, decapitato il 19-20 ottobre 305 e sepolto nel suo Oratorio al XXX miglio della Salaria; Basso che intratteneva i fedeli incoraggiandoli, fu arrestato e avendo rifiutato di sacrificare a Bacco e Cerere, fu massacrato dal popolo nel mercato di Forum Novum; invece Fabio fu consegnato al console che dopo averlo fatto torturare, lo condannò alla decapitazione lungo la stessa via Salaria.
Sisinnio, Dioclezio e Fiorenzo, sempre nel 305, non avendo voluto sacrificare agli dei, furono decapitati dal popolo. Infine Piniano e Lucina morirono naturalmente nella loro casa di Roma.
S. Antimo, s. Basso e s. Fabio sono ricordati l’11 maggio, gli altri in giorni diversi.
Autore: Antonio Borrelli
Nicomedia, III sec. – Curi in Sabina, 305
Il martirio di questo santo è accomunato a quello di un gruppo di martiri e confessori, radunati attorno al maestro, sant'Antimo. Le notizie pervenuteci si leggono nella «Passio sancti Anthimi» che fu scritta fra il V e IX secolo. Alla fine del III secolo era proconsole dell'Asia Minore Faltonio Piniano, sposato con Anicia Lucina. Antimo riuscì a convertire Piniano e sua moglie al cristianesimo e, richiamati a Roma da Diocleziano, i due portarono con loro il sacerdore e i suoi discepoli. Per sottrarli alle possibili persecuzioni, Piniano decise di allontanarli da Roma, mandandoli in due vasti poderi di sua proprietà. Il diacono Sisinnio con Dioclezio e Fiorenzo, andarono ad Osimo nel Piceno, mentre Antimo, Massimo, Basso e Fabio furono inviati presso la città sabina di Curi. Da qui presero a evangelizzare la regione, non senza scontrarsi però con i culti pagani diffusi nelle campagne. Il gruppo di cristiani venne così arrestato. Sant'Antimo fu decapitato l'11 maggio 305 e sepolto nell'Oratorio di Curi in cui era solito pregare. Anche i suoi discepoli vennero uccisi. Tra questi Fabio fu consegnato al console che dopo averlo fatto torturare, lo condannò alla decapitazione lungo la stessa via Salaria. (Avvenire)
Fabio riprende il nome gentilizio latino “Fabius”, presente anche nel femminile Fabia, che pare essere un soprannome forse di origine etrusca, derivato da ‘faba’ la ‘fava’.
Fabio e Fabia furono nomi che godettero presso i romani di un certo favore; dalla ‘gens’ patrizia “Fabia” discese Quinto Fabio Massimo, detto ‘il Temporeggiatore’, che fu a capo dell’esercito romano contro Annibale nella Seconda Guerra Punica.
Dopo qualche secolo di dimenticanza, questi nomi sembrano oggi ritrovare l’antica diffusione, specie la forma maschile, assieme ai derivati Fabiano, Fabiana e Fabiola.
Il nome Fabio è ampiamente distribuito nel Nord e nel Centro Italia, particolarmente nella provincia di Cagliari.
In campo cristiano, volendo restringere la ricerca al solo nome Fabio, abbiamo solo tre santi con questo nome: s. Fabio il Vessillifero, martire di Cesarea di Mauritania (31 luglio), s. Fabio e compagni martiri venerati a Vienna (27 maggio) e s. Fabio e compagni martiri in Sabina (11 maggio) e di quest’ultimo parliamo in questa scheda.
Bisogna subito dire che di s. Fabio singolarmente non si sa quasi niente, perché il martirio è accomunato ad un gruppo di martiri e confessori i cui nomi sono: Antimo prete, Massimo levita, Fabio, Basso suoi discepoli martiri sulla Via Salaria in Sabina, Sisinnio diacono, Dioclezio e Fiorenzo martiri ad Osimo nel Piceno, Faltonio Piniano e Anicia Lucina sposi, morti di morte naturale a Roma.
Le notizie pervenuteci si leggono nella “Passio sancti Anthimi” che fu scritta fra il V e IX secolo, ritenuta dagli studiosi abbastanza leggendaria e fantasiosa; nel primo Medioevo qualche agiografo, per dare una consistenza maggiore alle poche notizie pervenute su uno o più martiri, li riuniva in un'unica ‘Passio’ dalle ingarbugliate e fantasiose vicende.
Così avvenne per sant’Antimo e i suoi compagni, fra i quali vi è quel san Massimo levita, destinato a diventare compatrono con san Vittorino, della diocesi dell’Aquila.
Alla fine del III secolo era proconsole dell’Asia Minore Faltonio Piniano, sposato con Anicia Lucina, imparentata con l’imperatore Gallieno.
Consigliere di Piniano era un certo Cheremone che odiava i cristiani e aveva giurato di distruggerli con la loro religione. Per le sue insinuazioni, il presbitero Antimo e i suoi discepoli furono gettati in carcere, ma Cheremone non poté godere a lungo della persecuzione in atto, perché un giorno attraversando sul cocchio proconsolare le vie di Nicomedia, cadde rovinosamente e ancor più miseramente morì.
Ciò terrorizzò Piniano, formalmente responsabile della persecuzione e la sua angoscia gli provocò una grave malattia dalla quale i medici non riuscivano a guarirlo.
Lucina la moglie, che già da tempo si sentiva attratta dalla nuova religione, pensò di consultare Antimo, lo fece liberare con i discepoli e condurre al palazzo consolare; qui gli promise la libertà e cospicue ricompense se avesse guarito il marito.
Antonio rispose che una sola cosa poteva guarirlo, che si fosse fatto cristiano. Piniano non solo accettò ma si dimostrò un catecumeno attento e sincero, cosicché Antimo riuscì ad ottenere da Dio la sua guarigione e poi lo battezzò con tutta la famiglia.
Verso il 303 Faltonio Piniano ritornò a Roma, richiamato dall’imperatore Diocleziano (243-313), ma prima di partire riuscì a convincere Antimo e i suoi discepoli a seguirlo nella capitale dell’impero; naturalmente il suo arrivo non passò inosservato e ben presto si diffuse la notizia che aveva condotto con sé dei cristiani.
Per sottrarli alle possibili persecuzioni, Piniano decise di allontanarli da Roma, mandandoli in due vasti poderi di sua proprietà. Il diacono Sisinnio con Dioclezio e Fiorenzo, andarono ad Osimo nel Piceno, mentre Antimo, Massimo, Basso e Fabio furono inviati presso la città sabina di Curi.
Naturalmente non rimasero ad oziare, uscirono dal loro rifugio e ambedue i gruppi presero ad evangelizzare la regione; Antimo sempre seguito dai suoi discepoli, operò anche un miracolo, liberando dal demonio un sacerdote pagano; l’invasato distruggeva tutto ciò che gli capitava a tiro, ma si calmò solo al richiamo di Antimo che gli era andato incontro senza retrocedere.
L’ossesso una volta guarito, per dimostrare la sua riconoscenza e la nuova fede che aveva abbracciato, atterrò l’idolo del dio Silvano, incendiando anche il bosco a lui sacro. I pagani furiosi denunciarono il grave oltraggio al proconsole Prisco, incolpando di ciò il prete Antimo, il quale fu arrestato con i discepoli.
Seguirono interrogatori, torture, prodigi, che in questa scheda omettiamo, rimandando alla scheda propria di S. Antimo prete.
S. Antimo fu decapitato l’11 maggio 305 e sepolto nell’Oratorio di Curi in cui era solito pregare; la stessa sorte toccò al suo erede nello zelo apostolico Massimo, decapitato il 19-20 ottobre 305 e sepolto nel suo Oratorio al XXX miglio della Salaria; Basso che intratteneva i fedeli incoraggiandoli, fu arrestato e avendo rifiutato di sacrificare a Bacco e Cerere, fu massacrato dal popolo nel mercato di Forum Novum; invece Fabio fu consegnato al console che dopo averlo fatto torturare, lo condannò alla decapitazione lungo la stessa via Salaria.
Sisinnio, Dioclezio e Fiorenzo, sempre nel 305, non avendo voluto sacrificare agli dei, furono decapitati dal popolo. Infine Piniano e Lucina morirono naturalmente nella loro casa di Roma.
S. Antimo, s. Basso e s. Fabio sono ricordati l’11 maggio, gli altri in giorni diversi.
Autore: Antonio Borrelli
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