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Sant' Onofrio Eremita 12 giugno
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Sant' Onofrio Eremita 12 giugno
12 giugno
Etimologia: Deriva dal latino Omuphrius, tratto dal copto Uenofre, significa
Martirologio Romano: In Egitto, sant’Onofrio, anacoreta, che visse piamente per sessant’anni nelle vastità del deserto.
Ascolta da RadioVaticana:
Ascolta da RadioRai:
Pafnuzio, monaco in Egitto nel V secolo, desideroso di incontrare gli anacoreti del deserto, per conoscere la loro vita e la loro esperienza eremitica, di cui tanto si parlava in quel tempo e in quella zona, si inoltrò dunque nel deserto alla loro ricerca.
Dopo due tappe fatte in 21 giorni, sfinito si accasciò a terra; vide allora apparire una figura umana di terribile aspetto, ricoperta da capo a piedi solo dai lunghi capelli e da qualche foglia.
Questo abbigliamento era solito negli anacoreti, che abituati a star soli e visti solo dagli angeli, alla fine facevano a meno di un indumento difficile a procurarsi o a sostituire lì nel deserto.
Inizialmente spaventato, Pafnuzio cercò di scappare, ma la figura umana lo chiamò dicendogli di restare, allora egli capì di aver trovato chi cercava, era un anacoreta. Stabilitasi una fiducia reciproca, cominciarono le confidenze, l’eremita disse di chiamarsi Onofrio e stava nel deserto da 70 anni e di non aver mai più visto anima viva, si nutriva di erbe e si riposava nelle caverne; ma inizialmente non fu così, aveva vissuto in un monastero della Tebaide a Ermopolis, insieme ad un centinaio di monaci.
Ma desideroso di una vita più solitaria sull’esempio di s. Giovanni Battista e del profeta Elia, lasciò il monastero per dedicarsi alla vita eremitica; inoltratosi nella zona desertica con pochi viveri, dopo alcuni giorni incontrò in una grotta un altro eremita, cui chiese di iniziarlo a quella vita così particolare.
L’eremita l’accontentò e poi lo accompagnò in un posto che era un’oasi con palmizi, stette con lui trenta giorni e poi lo lasciò solo, ritornandosene alla sua caverna. Una volta l’anno l’eremita lo raggiungeva per fargli visita e confortarlo, ma in una di queste visite, appena arrivato si inchinò per salutare e si accasciò morendo; pieno di tristezza Onofrio lo seppellì in un luogo vicino al suo ritiro.
Onofrio poi racconta a Pafnuzio di come si adattava al cambio delle stagioni, di come resisteva alle intemperie e di come si sosteneva, un angelo provvedeva quotidianamente al suo nutrimento, lo stesso angelo la domenica gli portava la s. Comunione. Il miracolo dell’angelo fu visto pure da Pafnuzio che Onofrio condusse al suo eremo di Calidiomea, il luogo dei palmizi.
Continuarono le loro conversazioni spirituali finché il santo anacoreta disse: “Dio ti ha inviato qui perché tu dia al mio corpo conveniente sepoltura, poiché sono giunto alla fine della mia vita terrena”. Pafnuzio propose ad Onofrio di prendere il suo posto, ma l’eremita rispose che non era questa la volontà di Dio, egli doveva ritornare in Egitto e raccontare ciò di cui era stato testimone.
Dopo averlo benedetto si inginocchiò in preghiera e morì; Pafnuzio ricopertolo con parte della sua tunica, lo seppellì in un anfratto della roccia. Prima che egli partisse, una frana ridusse in rovina la caverna di Onofrio, abbattendo anche i palmizi, segno della volontà di Dio, che in quel posto nessun altro sarebbe vissuto come eremita.
La ‘Vita’ scritta da Pafnuzio, è nota anche in diverse recensioni orientali, greca, copta, armena, araba; essa ci presenta in effetti un elogio della vita monastica cenobitica e nel contempo, una presentazione dello stato di vita più perfetto: la solitudine nel deserto.
Indipendentemente dalla esistenza storica di Onofrio, la ‘Vita’ greca di Pafnuzio si conclude dicendo che il santo eremita, morì un 11 giugno, comunque s. Onofrio è celebrato il 12 giugno nei sinassari bizantini. Antonio, arcivescovo di Novgorod riferisce che ai suoi tempi (1200) la testa di Onofrio era conservata nella chiesa di S. Acindino.
Il suo culto e il suo ricordo fu esteso in tutti i Paesi dell’Asia Minore e in Egitto, tutti i calendari di queste regioni lo riportano chi al 10, chi all’11, chi al 12 giugno; in arabo è l’Abü Nufar, (l’erbivoro), qualifica che gli si adatta perfettamente.
L’immagine di s. Onofrio anacoreta nudo, ricoperto dei soli capelli, fu oggetto della rappresentazione figurata nell’arte, in tutti i secoli, arricchita dei tanti particolari narrati, il perizoma di foglie, il cammello, il teschio, la croce, l’ostia con il calice, l’angelo.
Il nome Onofrio è di origine egizio e significa ‘che è sempre felice’. In Egitto era un appellativo di Osiride.
Autore: Antonio Borrelli
Etimologia: Deriva dal latino Omuphrius, tratto dal copto Uenofre, significa
Martirologio Romano: In Egitto, sant’Onofrio, anacoreta, che visse piamente per sessant’anni nelle vastità del deserto.
Ascolta da RadioVaticana:
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Pafnuzio, monaco in Egitto nel V secolo, desideroso di incontrare gli anacoreti del deserto, per conoscere la loro vita e la loro esperienza eremitica, di cui tanto si parlava in quel tempo e in quella zona, si inoltrò dunque nel deserto alla loro ricerca.
Dopo due tappe fatte in 21 giorni, sfinito si accasciò a terra; vide allora apparire una figura umana di terribile aspetto, ricoperta da capo a piedi solo dai lunghi capelli e da qualche foglia.
Questo abbigliamento era solito negli anacoreti, che abituati a star soli e visti solo dagli angeli, alla fine facevano a meno di un indumento difficile a procurarsi o a sostituire lì nel deserto.
Inizialmente spaventato, Pafnuzio cercò di scappare, ma la figura umana lo chiamò dicendogli di restare, allora egli capì di aver trovato chi cercava, era un anacoreta. Stabilitasi una fiducia reciproca, cominciarono le confidenze, l’eremita disse di chiamarsi Onofrio e stava nel deserto da 70 anni e di non aver mai più visto anima viva, si nutriva di erbe e si riposava nelle caverne; ma inizialmente non fu così, aveva vissuto in un monastero della Tebaide a Ermopolis, insieme ad un centinaio di monaci.
Ma desideroso di una vita più solitaria sull’esempio di s. Giovanni Battista e del profeta Elia, lasciò il monastero per dedicarsi alla vita eremitica; inoltratosi nella zona desertica con pochi viveri, dopo alcuni giorni incontrò in una grotta un altro eremita, cui chiese di iniziarlo a quella vita così particolare.
L’eremita l’accontentò e poi lo accompagnò in un posto che era un’oasi con palmizi, stette con lui trenta giorni e poi lo lasciò solo, ritornandosene alla sua caverna. Una volta l’anno l’eremita lo raggiungeva per fargli visita e confortarlo, ma in una di queste visite, appena arrivato si inchinò per salutare e si accasciò morendo; pieno di tristezza Onofrio lo seppellì in un luogo vicino al suo ritiro.
Onofrio poi racconta a Pafnuzio di come si adattava al cambio delle stagioni, di come resisteva alle intemperie e di come si sosteneva, un angelo provvedeva quotidianamente al suo nutrimento, lo stesso angelo la domenica gli portava la s. Comunione. Il miracolo dell’angelo fu visto pure da Pafnuzio che Onofrio condusse al suo eremo di Calidiomea, il luogo dei palmizi.
Continuarono le loro conversazioni spirituali finché il santo anacoreta disse: “Dio ti ha inviato qui perché tu dia al mio corpo conveniente sepoltura, poiché sono giunto alla fine della mia vita terrena”. Pafnuzio propose ad Onofrio di prendere il suo posto, ma l’eremita rispose che non era questa la volontà di Dio, egli doveva ritornare in Egitto e raccontare ciò di cui era stato testimone.
Dopo averlo benedetto si inginocchiò in preghiera e morì; Pafnuzio ricopertolo con parte della sua tunica, lo seppellì in un anfratto della roccia. Prima che egli partisse, una frana ridusse in rovina la caverna di Onofrio, abbattendo anche i palmizi, segno della volontà di Dio, che in quel posto nessun altro sarebbe vissuto come eremita.
La ‘Vita’ scritta da Pafnuzio, è nota anche in diverse recensioni orientali, greca, copta, armena, araba; essa ci presenta in effetti un elogio della vita monastica cenobitica e nel contempo, una presentazione dello stato di vita più perfetto: la solitudine nel deserto.
Indipendentemente dalla esistenza storica di Onofrio, la ‘Vita’ greca di Pafnuzio si conclude dicendo che il santo eremita, morì un 11 giugno, comunque s. Onofrio è celebrato il 12 giugno nei sinassari bizantini. Antonio, arcivescovo di Novgorod riferisce che ai suoi tempi (1200) la testa di Onofrio era conservata nella chiesa di S. Acindino.
Il suo culto e il suo ricordo fu esteso in tutti i Paesi dell’Asia Minore e in Egitto, tutti i calendari di queste regioni lo riportano chi al 10, chi all’11, chi al 12 giugno; in arabo è l’Abü Nufar, (l’erbivoro), qualifica che gli si adatta perfettamente.
L’immagine di s. Onofrio anacoreta nudo, ricoperto dei soli capelli, fu oggetto della rappresentazione figurata nell’arte, in tutti i secoli, arricchita dei tanti particolari narrati, il perizoma di foglie, il cammello, il teschio, la croce, l’ostia con il calice, l’angelo.
Il nome Onofrio è di origine egizio e significa ‘che è sempre felice’. In Egitto era un appellativo di Osiride.
Autore: Antonio Borrelli
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