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Chi era San Giovanni
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Chi era San Giovanni
CHI ERA SAN GIOVANNI
Il discepolo che Gesù amava
Quando incontrò per la prima volta Gesù, nell'inverno del 27-28, Giovanni era ancora giovanissimo. Di una giovinezza candida e pura, tanto che il Maestro gli portò una benevolenza particolare e gli perdonava con un sorriso le sue immaturità e impetuosità. Respinti da un villaggio Samaritano, Giovanni e suo fratello Giacomo si erano presentati pieni d'indignazione al Maestro, chiedendogli di far scendere il fuoco seu quel villaggio e di ridurlo in cenere. Fu in quell'occasione che Gesù conferì ai due bollenti giovani il titolo, metà scherzo e metà ammonizione, di figli del tuono (in Aramaico boàne-rgèsh).
Erano nati sulla riva del lago di Genezaret, non sappiamo se a Betsaida, come il loro amico Simone-Pietro, o nella vicina Cafarnao, dove li troviamo a lavorare nell'azienda peschereccia del padre, Zebedeo, un prosperoso padrone di barche che , oltre ai figli, impiegava anche dei garzoni.
La madre gli insegnò a pregare
Il lago fu il primo maestro di Giovanni. Le barche dei pescatori uscivano dal porticciolo dopo il tramonto e per tutta la notte setacciavano il lago con le reti. Alle faticose nottate seguivano faticose mattinate di scarico della pescagione, di riassetto e ripulitura delle barche e delle reti. Poi bisognava trasportare il pesce ai mercati, giù fino a Tarichea, la città sul lago specializzata nella salatura del pesce che spediva per tutto intorno, addirittura fini a Gerusalemme, alla quale ogni giorno un servizio rapidissimo portava il pesce fresco del lago.
Alle volte, mentre le barche filavano tranquille, una nuvolaglia improvvisa oscurava il cielo. I venti che scendevano dalle montagne nevose del nord con mugghii e sibili, vorticavano in un vasto turbine sopra la conca del lago, sollevando l'acqua in torbidi cavalloni. Tra le raffiche e gli schiaffi delle onde, mentre la barca sotto i piedi ballava pazzamente, bisognava in furia ammainare le vele, buttar fuori l'acqua che piombava scrosciando tra i banchi, star curvi ai remi, con i muscoli pronti a scattare, con tutti i sensi all'erta di fronte al pericolo.
Al mattino le barche rientravano malconce e i pescatori spossati. Un altro influsso che insieme con quello del padre pescatore e del lago si esercitò sul ragazzo, fu quello della madre e della sinagoga. La madre, che probabilmente era quella Salome che con altre pie donne seguì Gesù sopperendo alle necessità di lui e degli apostoli, era una donna di carità e di preghiera. Fu lei che lo condusse alla sinagoga dove Giovanni imparò a leggere e a scrivere, a recitare a memoria i brani più importanti dei Libri Sacri.
Fu lei che gli insegnò a pregare, col capo devotamente chino davanti all'invisibile maestà dell'Eterno.
«Rabbi, dove abiti?»
Settembre 27. Un profeta. vestito di peli di cammello e nutrito di locuste e miele selvativo, appare sulle rive del Giordano. La sua voce tuona per tutta la Palestina: «Preparate le vie del Signore, rinnovate tutti i vostri pensieri, perchè il Regno di Dio sta per venire».
Dalla casa di Salome e Zebedeo i figli erano partiti a quel richiamo e nell'acqua del Giordano avevano, riverentemente, ricevuto il battesimo, simbolo di pentimento, che il profeta conferiva. «Ma dietro a me, - proclamava egli - viene uno più grande di me, che vi battezzerà in fuoco e Spirito Santo». E un giorno - giorno indimenticabile per il giovane pescatore di Betsaida - Giovanni Battista aveva interrotto a mezzo il suo discorso e aveva fissato un giovane alto e vigoroso che passava sul sentiero tra le palme e i canneti, a una certa distanza. Tutti i circostanti avevno seguito lo sguardo del Battista, con un palpito d'ansia; avevano sentito la sua rude voce inteneririsi dalla commozione, mentre dichiarava: «È lui! È quello su cui ho visto scendere e fermarsi lo Spirito. Ecco l'Agnello di Dio. Ecco colui che toglie i peccati del mondo».
Il misterioso passante aveva continuato il suo cammino, ma non più solo. Due degli ascoltatori del Battista si erano staccati e lo seguivano, avidi di un incontro con lui e timidi, senza osare di rivolgergli la parola. Fu lui a toglierli d'imbarazzo. Voltandosi e fissandoli con occhi sereni, chiese: «Chi cercate?».
E quelli: «Rabbi (cioè, Maestro), dove abiti?».
«Venite a vedere».
«Andarono dunque e videro dove stava, e finirono la giornata con lui. Erano le quattro del pomeriggio».
Con queste parole, tanto semplici, Giovanni narrerà, una sessantina d'anni dopo, uno degli incontri spirituali più sublimi e memorabili che creatura abbia mai avuto.Così era fatto Giovanni: Nel suo spirito silenzioso e meditativo accumulava immense ricchezze spirituali, delle quali parlava sobriamente, in parole scarne. Del resto, quale linguaggio, di uomini o d'angeli, avrebbe potuto esprimere la magnificenza e la varietà dei suoi arricchimenti interiori?
Con Pietro, a pescare
Il secondo incontro con Gesù avvenne sul lago. Era un mattino limpido e fresco, dopo una nottata di pesca infruttuosa. I pescatori erano scesi e, ormeggiate le barche, si erano dovuti mettere, per stanche che fossero, a passare palmo a palmo le lunghe reti per mondarle dalle alghe, e a sciacquarle per liberarle dal fango.
Ma che brusìo è questo? Simone e Andrea levano incuriositi la testa dal loro lavoro. Edecco per la stradetta lungo il lago avanzare Gesù, accompagnato da una folla. Che gioia per Simone accontentare il Maestro quando gli chiede di allungare di alcune braccia il cavo della sua barca e approntargli così sull'acqua un pulpito da cui parlare alla gente! Si sentì invece sconcertato quando Gesù, congedata la folla, gli ordinò di prendere il largo e di gettare le reti.
«Abbiamo faticato tutta la notte, ma non abbiamo preso nulla».
E veramente le acque superficiali del lago, che giace in una conca a 208 metri sotto il livello del mare, scaldandosi sotto il sole, respingono i pesci nelle profondità che sono più fresche. Laggiù le reti non arrivano, nè c'è pericolo che i pesci risalgano. Niente da fare, dunque.
Ma la venerazione per il Maestro indusse Simone ad ubbidire. Con un'occhiata ad Andrea, balzò sulla barca, issarono la vela e poco dopo filavano al largo. Allora, calata la vela, Simone, diritto sulla prua, lanciò il giacchio, la rete che prima stende le sue maglie larghe sull'acqua e poi, tirata giù dai piombini fissati agli orli, chiude in una trappola i pesci che si trovano sotto.
Quante migliaia di volte aveva compiuto quell'atto il pescatore del lago? Mai però gli era capitato come quella volta di sentire la rete resistere quando volle tirarla su. Con gran fatica gli riuscì appena di farla affiorare, gonfia di dossi argentei e pinne irrequiete che guizzavano e si divincolavano. Uno squarcio all'attacco della corda che stava tirando lo ammonì di far piano; voltosi ad Andrea che voleva aiutarlo, gli disse di chiamare gli amica rimasti a riva. Poco dopo, spinta a tutta vela e a forza di remi, la barca di Giacomo e Giovanni arrivò e, con l'aiuto di quelle altre quattro robuste braccia, la straordinaria retata venne tratta a bordo. Pietro era più che sbalordito. La sua esperienza di pescatore gli diceva che quella pescagione era qualcosa di sovrumano, di prodigioso. Sbigottito, si volse a Gesù e, in un confuso tumulto di sentimenti, inginocchiandosi tra i sedili e i remi, esclamò: «Allontanati da me, Signore, perchè io sono un uomo peccatore». La risposta di Gesù, proferita con divina dolcezza e autorità, fu più straordinaria ancora dell'ordine di pescare: «Non temere! D'ora innanzi sarai pescatore d'uomini» (o, come felicemente dice il testo greco: «sarai prenditore di uomini vivi»).
E così, quella mattina, le due coppie di fratelli, lasciate le barche e le reti, seguirono Gesù. Zebedeo, rimasto solo coi garzoni, carezzò a lungo con lo sguardo i suoi due validi figli, che s'allontanavano per la strada lungo il laga con Gesù di Nazareth.
Stava appoggiato sul petto di Gesù
Per due o tre anni, la vita dei discepoli si intrecciò giorno per giorno, con quella di Gesù.
Non furono solo i giovanili e attentissimi occhi di Giovanni che assorbirono ogni atto, ogni movenza di Gesù; non solo i suoi occhi trasmisero a una memoria fedelissima ogni parola che usciva dalle labbra di Gesù. Nella sua anima pura e generosa, nella sua limpida intelligenza, le verità annunziate da Gesù si specchiavano nitide. E al di là dell'insegnamento, l'amore di Giovanni scrutava il mistero stesso del divino Maestro: chi è questo Gesù che può dire: «Io e il Padre siamo uno»? E meditava, in lunghi silenzi, su ciò che aveva visto e udito.
Gli altri apostoli sentivano in Giovanni un essere superiore, uno di quelli a cui Dio ha elargito i doni supremi dell'intelligenza e della nobiltà. Amavano e rispettavano la sua modestia che non s'inorgogliva se Gesù lo chiamava, con Pietro e con il fratello Giacomo, alle confidenze più privilegiate. Così Giovanni fu uno dei tre che videro Gesù risuscitare la morte figlioletta di Giairo; che contemplarono Gesù trasfigurato sul monte. Uno di tre che Gesù avrebbe chiamato più vicino a sè nello strazio del Getsemani. E, tutto sommato gli apsotoli gli perdonarono affettuosamente anche il gesto in cui si lasciò trascinare da sua madre - tanto buona e brava, ma un poco ambiziosa per i suoi figli - che ardì chiedere per lui e per il fratello i primi due posti nel Regno, quello a destra e quello a sinistra di Gesù.
Un ricordo incancellabile rimase a Giovanni dell'ultimo suo colloquio con Gesù. Lo riferì in terza persona: «Detto ciò, Gesù fu turbato e disse: "In verità vi dico: uno di voi mi tradirà". I discepoli si guardavo tra loro, incerti di chi parlasse. Uno dei discepoli, quello che Gesù prediligeva, se ne stava appoggiato al petto di Gesù. Pietro gli fece cenno e gli disse: "Di chi parla?". Posato com'era sul cuore di Gesù, gli domando: "Signore, che è mai?". Gli rispose Gesù: "È colui al quale io porgerò del pane inzuppato". E inzuppato del pane lo diede a Giuda, figlio di Simone, Iscariota. Dopo quel boccone, Satana entrò in Giuda. E Giuda uscì subito. Era notte».
«Ecco tua Madre»
Givanni non fuggì, all'arresto di Gesù nel Getsemani, quando il terrore prese gli altri apostoli e li mise in fuga. Col cuore stretto dall'angoscia, seguì Gesù nel palazzo di Caifa, lo seguì sul Calvario; sorresse la madre di Gesù ai pidi della croce sulla quale era inchiodato il Figlio.
Tre delle parole che Gesù proferì dal padibolo furono per lui: «E Gesù visto che stanno accanto alla croce sua madre e il discepolo che egli amava, dice: "Donna, ecco il tuo figlio". E poi dice al dscepolo: "Ecco tua madre". E da quell'ora, il discepolo la prese in casa sua».
Aristotele frenquentò Platone; Platone conobbe Socrate. Ma quale altro uomo nella lunga storia dell'umanità ebbe in tal numero contatti con personalità di tale altezza, come li ebbe Giovanni? Dopo il Battista, egli frequentò Gesù; asceso Gesù al Padre, fu figlio adottivo della Madre del Salvatore, e intanto era il collaboratore preferito di Pietro, il primo potenfice che voleva sempre al suo fianco il discepolo che Gesù amava.
Salendo al tempio per la preghiera insieme con Giovanni, Pietro comandò allo storpio seduto davanti alla Porta Bella: «In nome di Gesù, àlzati e cammina». Con Giovanni eglivenne arrestato, imprigionato e condotto davanti al sommo tribunale del Sinedrio; con Giovanni si recò in Samaria a regolarvi il crecere della Chiesa.
E quando, nell'anno 44, Erode Agrippa uccise il fratello di Giovanni e tentò di fare altrettanto a Pietro, costringendolo ad allontanarsi dalla Palestina, anche il discepolo che Gesù amava sentì in quei fatti la sollecitazione ad adempiere il mandato di Gesù e si mise in cammino ad annunziare il Vangelo per il mondo.
«Amatevi, figliolini miei»
Policarpo, vescovo di Smirne, che morì vecchissimo nel 155 bruciato vivo davanti alla folla pagana nel teatro, era stato, giovanetto, discepolo di Giovanni ad Efeso.
Papìa, che a Jerapoli nella Frigia scrisse verso il 130 una Spiegazione dei discorsi del Signore, era stato, quarant'anni prima, ascoltatore di Giovanni a Efeso.
In quella città Giovanni era giunto a estrema vecchiezza. Idee, ricordi, parole, tutto in lui si era semplificato e ridotto all'essenziale. Nelle adunanze in cui i cristiani gli si affollavano intorno con somma venerazione, un'esortazione sola usciva dalle labbra di colui che nella lontana giovinezza era stato un «figio del tuono»: «Figliolini, amatevi gliuni gli altri, amatevi, amatevi».
E quando qualcuno gli fece un po' di rimostranza per la monotonia del consiglio, egli rispose: «È il comando del Signore. Se si pratica questo, è sufficiente».
«Vi annunciamo il Verbo di Vita»
Durante la persecuzione che l'imperatore Domiziano mosse contro i cristiani verso il 95, le autorità di Efeso fecero arrestare il vecchissimo vescovo dei cristiani e lo deportarono in un'isoletta dell'Egeo, a Patmos. Lontano dai suoi, Giovanni si assorbì nella preghiera e nei ricordi delle persone meravigliose che Dio gli aveva fatto conoscere.
Nella sua mente - ricca di tanto passato - una luce divina illuminò l'avvenire. Una folgorante successione di visioni gli fece balenare agli occhi le tremende persecuzioni che la Chiesa avrebbe subìto, la sua resistenza, i suoi trionfi fino all'instaurazione di una vita beata nella Gerusalemme celeste.
Sono le visioni che costituiscono il libro potente e misterioso dell'Apocalisse (o Rivelazione).
Ritornato a Efeso, i discepoli lo pregarono di dettare i suoi ricordi su Gesù. «Se si scrivesse tutto ciò che il Signore ha detto e fatto, i libri riempirebbero il mondo», diceva Giovanni. I suoi ricordi però stanno in ventun capitoletti, di preposizioni brevi, di parole semplici.
Eppure su quelle pagine i più grandi geni hanno meditato, trovandole inesauribili.
«Il Quarto Vangelo, il Vangelo secondo Giovanni, è il vertice, il cuore, il "santo dei santi" del Nuovo Testamento, della rivelazione cristiana, e, si può dire, di ogni religione possibile» dice un insigne maestro di scienze bibliche, Bernardo Allo, già prefessore all'Università di Friburgo.
«Strano libro: non si riesce a toccarne il fondo; e per quanto tu lo legga ti sembra sempre di non averlo finito di leggere, o che tu abbia dimenticato o non compreso qualcosa; lo rileggi lo stesso, e così via, senza fine. Come il cielo notturno: quanto più si guarda, tante più stelle si vedono».
«Il Vangelo non sta nè e lato nè sopra gli altri libri degli uomini, ma al di fuori: esso è interamente di un'altra natura» (Lagrange).
«Sì, di un'altra natura: questo libro si distingue fra tutti i libri più che il radio fra gli elementi chimici o il fulmine fra gli altri fuochi: come se non fosse un libro, ma qualcosa per cui non c'è nome» (Merezkovski).
Il Vangelo di Giovanni non è una raccolta di informazioni: è una visione piena e luminosa di Dio, di Cristo, della vita umana; una visione espressa col èiù semplice linguaggio. Alla lettura non lo si capisce interamente. Ci vuole la meditazione; nè questa vale se non è compiuta con cuore puro. «Solo chi fa il bene - dice appunto il discepolo che Gesù amava - viene alla Luce».
Le parole dell'Apostolo consegnano all'anima i ricordi più cari di Giovanni: «Il Verbo di vita che le nostre mani hanno toccato».
Il discepolo che Gesù amava
Quando incontrò per la prima volta Gesù, nell'inverno del 27-28, Giovanni era ancora giovanissimo. Di una giovinezza candida e pura, tanto che il Maestro gli portò una benevolenza particolare e gli perdonava con un sorriso le sue immaturità e impetuosità. Respinti da un villaggio Samaritano, Giovanni e suo fratello Giacomo si erano presentati pieni d'indignazione al Maestro, chiedendogli di far scendere il fuoco seu quel villaggio e di ridurlo in cenere. Fu in quell'occasione che Gesù conferì ai due bollenti giovani il titolo, metà scherzo e metà ammonizione, di figli del tuono (in Aramaico boàne-rgèsh).
Erano nati sulla riva del lago di Genezaret, non sappiamo se a Betsaida, come il loro amico Simone-Pietro, o nella vicina Cafarnao, dove li troviamo a lavorare nell'azienda peschereccia del padre, Zebedeo, un prosperoso padrone di barche che , oltre ai figli, impiegava anche dei garzoni.
La madre gli insegnò a pregare
Il lago fu il primo maestro di Giovanni. Le barche dei pescatori uscivano dal porticciolo dopo il tramonto e per tutta la notte setacciavano il lago con le reti. Alle faticose nottate seguivano faticose mattinate di scarico della pescagione, di riassetto e ripulitura delle barche e delle reti. Poi bisognava trasportare il pesce ai mercati, giù fino a Tarichea, la città sul lago specializzata nella salatura del pesce che spediva per tutto intorno, addirittura fini a Gerusalemme, alla quale ogni giorno un servizio rapidissimo portava il pesce fresco del lago.
Alle volte, mentre le barche filavano tranquille, una nuvolaglia improvvisa oscurava il cielo. I venti che scendevano dalle montagne nevose del nord con mugghii e sibili, vorticavano in un vasto turbine sopra la conca del lago, sollevando l'acqua in torbidi cavalloni. Tra le raffiche e gli schiaffi delle onde, mentre la barca sotto i piedi ballava pazzamente, bisognava in furia ammainare le vele, buttar fuori l'acqua che piombava scrosciando tra i banchi, star curvi ai remi, con i muscoli pronti a scattare, con tutti i sensi all'erta di fronte al pericolo.
Al mattino le barche rientravano malconce e i pescatori spossati. Un altro influsso che insieme con quello del padre pescatore e del lago si esercitò sul ragazzo, fu quello della madre e della sinagoga. La madre, che probabilmente era quella Salome che con altre pie donne seguì Gesù sopperendo alle necessità di lui e degli apostoli, era una donna di carità e di preghiera. Fu lei che lo condusse alla sinagoga dove Giovanni imparò a leggere e a scrivere, a recitare a memoria i brani più importanti dei Libri Sacri.
Fu lei che gli insegnò a pregare, col capo devotamente chino davanti all'invisibile maestà dell'Eterno.
«Rabbi, dove abiti?»
Settembre 27. Un profeta. vestito di peli di cammello e nutrito di locuste e miele selvativo, appare sulle rive del Giordano. La sua voce tuona per tutta la Palestina: «Preparate le vie del Signore, rinnovate tutti i vostri pensieri, perchè il Regno di Dio sta per venire».
Dalla casa di Salome e Zebedeo i figli erano partiti a quel richiamo e nell'acqua del Giordano avevano, riverentemente, ricevuto il battesimo, simbolo di pentimento, che il profeta conferiva. «Ma dietro a me, - proclamava egli - viene uno più grande di me, che vi battezzerà in fuoco e Spirito Santo». E un giorno - giorno indimenticabile per il giovane pescatore di Betsaida - Giovanni Battista aveva interrotto a mezzo il suo discorso e aveva fissato un giovane alto e vigoroso che passava sul sentiero tra le palme e i canneti, a una certa distanza. Tutti i circostanti avevno seguito lo sguardo del Battista, con un palpito d'ansia; avevano sentito la sua rude voce inteneririsi dalla commozione, mentre dichiarava: «È lui! È quello su cui ho visto scendere e fermarsi lo Spirito. Ecco l'Agnello di Dio. Ecco colui che toglie i peccati del mondo».
Il misterioso passante aveva continuato il suo cammino, ma non più solo. Due degli ascoltatori del Battista si erano staccati e lo seguivano, avidi di un incontro con lui e timidi, senza osare di rivolgergli la parola. Fu lui a toglierli d'imbarazzo. Voltandosi e fissandoli con occhi sereni, chiese: «Chi cercate?».
E quelli: «Rabbi (cioè, Maestro), dove abiti?».
«Venite a vedere».
«Andarono dunque e videro dove stava, e finirono la giornata con lui. Erano le quattro del pomeriggio».
Con queste parole, tanto semplici, Giovanni narrerà, una sessantina d'anni dopo, uno degli incontri spirituali più sublimi e memorabili che creatura abbia mai avuto.Così era fatto Giovanni: Nel suo spirito silenzioso e meditativo accumulava immense ricchezze spirituali, delle quali parlava sobriamente, in parole scarne. Del resto, quale linguaggio, di uomini o d'angeli, avrebbe potuto esprimere la magnificenza e la varietà dei suoi arricchimenti interiori?
Con Pietro, a pescare
Il secondo incontro con Gesù avvenne sul lago. Era un mattino limpido e fresco, dopo una nottata di pesca infruttuosa. I pescatori erano scesi e, ormeggiate le barche, si erano dovuti mettere, per stanche che fossero, a passare palmo a palmo le lunghe reti per mondarle dalle alghe, e a sciacquarle per liberarle dal fango.
Ma che brusìo è questo? Simone e Andrea levano incuriositi la testa dal loro lavoro. Edecco per la stradetta lungo il lago avanzare Gesù, accompagnato da una folla. Che gioia per Simone accontentare il Maestro quando gli chiede di allungare di alcune braccia il cavo della sua barca e approntargli così sull'acqua un pulpito da cui parlare alla gente! Si sentì invece sconcertato quando Gesù, congedata la folla, gli ordinò di prendere il largo e di gettare le reti.
«Abbiamo faticato tutta la notte, ma non abbiamo preso nulla».
E veramente le acque superficiali del lago, che giace in una conca a 208 metri sotto il livello del mare, scaldandosi sotto il sole, respingono i pesci nelle profondità che sono più fresche. Laggiù le reti non arrivano, nè c'è pericolo che i pesci risalgano. Niente da fare, dunque.
Ma la venerazione per il Maestro indusse Simone ad ubbidire. Con un'occhiata ad Andrea, balzò sulla barca, issarono la vela e poco dopo filavano al largo. Allora, calata la vela, Simone, diritto sulla prua, lanciò il giacchio, la rete che prima stende le sue maglie larghe sull'acqua e poi, tirata giù dai piombini fissati agli orli, chiude in una trappola i pesci che si trovano sotto.
Quante migliaia di volte aveva compiuto quell'atto il pescatore del lago? Mai però gli era capitato come quella volta di sentire la rete resistere quando volle tirarla su. Con gran fatica gli riuscì appena di farla affiorare, gonfia di dossi argentei e pinne irrequiete che guizzavano e si divincolavano. Uno squarcio all'attacco della corda che stava tirando lo ammonì di far piano; voltosi ad Andrea che voleva aiutarlo, gli disse di chiamare gli amica rimasti a riva. Poco dopo, spinta a tutta vela e a forza di remi, la barca di Giacomo e Giovanni arrivò e, con l'aiuto di quelle altre quattro robuste braccia, la straordinaria retata venne tratta a bordo. Pietro era più che sbalordito. La sua esperienza di pescatore gli diceva che quella pescagione era qualcosa di sovrumano, di prodigioso. Sbigottito, si volse a Gesù e, in un confuso tumulto di sentimenti, inginocchiandosi tra i sedili e i remi, esclamò: «Allontanati da me, Signore, perchè io sono un uomo peccatore». La risposta di Gesù, proferita con divina dolcezza e autorità, fu più straordinaria ancora dell'ordine di pescare: «Non temere! D'ora innanzi sarai pescatore d'uomini» (o, come felicemente dice il testo greco: «sarai prenditore di uomini vivi»).
E così, quella mattina, le due coppie di fratelli, lasciate le barche e le reti, seguirono Gesù. Zebedeo, rimasto solo coi garzoni, carezzò a lungo con lo sguardo i suoi due validi figli, che s'allontanavano per la strada lungo il laga con Gesù di Nazareth.
Stava appoggiato sul petto di Gesù
Per due o tre anni, la vita dei discepoli si intrecciò giorno per giorno, con quella di Gesù.
Non furono solo i giovanili e attentissimi occhi di Giovanni che assorbirono ogni atto, ogni movenza di Gesù; non solo i suoi occhi trasmisero a una memoria fedelissima ogni parola che usciva dalle labbra di Gesù. Nella sua anima pura e generosa, nella sua limpida intelligenza, le verità annunziate da Gesù si specchiavano nitide. E al di là dell'insegnamento, l'amore di Giovanni scrutava il mistero stesso del divino Maestro: chi è questo Gesù che può dire: «Io e il Padre siamo uno»? E meditava, in lunghi silenzi, su ciò che aveva visto e udito.
Gli altri apostoli sentivano in Giovanni un essere superiore, uno di quelli a cui Dio ha elargito i doni supremi dell'intelligenza e della nobiltà. Amavano e rispettavano la sua modestia che non s'inorgogliva se Gesù lo chiamava, con Pietro e con il fratello Giacomo, alle confidenze più privilegiate. Così Giovanni fu uno dei tre che videro Gesù risuscitare la morte figlioletta di Giairo; che contemplarono Gesù trasfigurato sul monte. Uno di tre che Gesù avrebbe chiamato più vicino a sè nello strazio del Getsemani. E, tutto sommato gli apsotoli gli perdonarono affettuosamente anche il gesto in cui si lasciò trascinare da sua madre - tanto buona e brava, ma un poco ambiziosa per i suoi figli - che ardì chiedere per lui e per il fratello i primi due posti nel Regno, quello a destra e quello a sinistra di Gesù.
Un ricordo incancellabile rimase a Giovanni dell'ultimo suo colloquio con Gesù. Lo riferì in terza persona: «Detto ciò, Gesù fu turbato e disse: "In verità vi dico: uno di voi mi tradirà". I discepoli si guardavo tra loro, incerti di chi parlasse. Uno dei discepoli, quello che Gesù prediligeva, se ne stava appoggiato al petto di Gesù. Pietro gli fece cenno e gli disse: "Di chi parla?". Posato com'era sul cuore di Gesù, gli domando: "Signore, che è mai?". Gli rispose Gesù: "È colui al quale io porgerò del pane inzuppato". E inzuppato del pane lo diede a Giuda, figlio di Simone, Iscariota. Dopo quel boccone, Satana entrò in Giuda. E Giuda uscì subito. Era notte».
«Ecco tua Madre»
Givanni non fuggì, all'arresto di Gesù nel Getsemani, quando il terrore prese gli altri apostoli e li mise in fuga. Col cuore stretto dall'angoscia, seguì Gesù nel palazzo di Caifa, lo seguì sul Calvario; sorresse la madre di Gesù ai pidi della croce sulla quale era inchiodato il Figlio.
Tre delle parole che Gesù proferì dal padibolo furono per lui: «E Gesù visto che stanno accanto alla croce sua madre e il discepolo che egli amava, dice: "Donna, ecco il tuo figlio". E poi dice al dscepolo: "Ecco tua madre". E da quell'ora, il discepolo la prese in casa sua».
Aristotele frenquentò Platone; Platone conobbe Socrate. Ma quale altro uomo nella lunga storia dell'umanità ebbe in tal numero contatti con personalità di tale altezza, come li ebbe Giovanni? Dopo il Battista, egli frequentò Gesù; asceso Gesù al Padre, fu figlio adottivo della Madre del Salvatore, e intanto era il collaboratore preferito di Pietro, il primo potenfice che voleva sempre al suo fianco il discepolo che Gesù amava.
Salendo al tempio per la preghiera insieme con Giovanni, Pietro comandò allo storpio seduto davanti alla Porta Bella: «In nome di Gesù, àlzati e cammina». Con Giovanni eglivenne arrestato, imprigionato e condotto davanti al sommo tribunale del Sinedrio; con Giovanni si recò in Samaria a regolarvi il crecere della Chiesa.
E quando, nell'anno 44, Erode Agrippa uccise il fratello di Giovanni e tentò di fare altrettanto a Pietro, costringendolo ad allontanarsi dalla Palestina, anche il discepolo che Gesù amava sentì in quei fatti la sollecitazione ad adempiere il mandato di Gesù e si mise in cammino ad annunziare il Vangelo per il mondo.
«Amatevi, figliolini miei»
Policarpo, vescovo di Smirne, che morì vecchissimo nel 155 bruciato vivo davanti alla folla pagana nel teatro, era stato, giovanetto, discepolo di Giovanni ad Efeso.
Papìa, che a Jerapoli nella Frigia scrisse verso il 130 una Spiegazione dei discorsi del Signore, era stato, quarant'anni prima, ascoltatore di Giovanni a Efeso.
In quella città Giovanni era giunto a estrema vecchiezza. Idee, ricordi, parole, tutto in lui si era semplificato e ridotto all'essenziale. Nelle adunanze in cui i cristiani gli si affollavano intorno con somma venerazione, un'esortazione sola usciva dalle labbra di colui che nella lontana giovinezza era stato un «figio del tuono»: «Figliolini, amatevi gliuni gli altri, amatevi, amatevi».
E quando qualcuno gli fece un po' di rimostranza per la monotonia del consiglio, egli rispose: «È il comando del Signore. Se si pratica questo, è sufficiente».
«Vi annunciamo il Verbo di Vita»
Durante la persecuzione che l'imperatore Domiziano mosse contro i cristiani verso il 95, le autorità di Efeso fecero arrestare il vecchissimo vescovo dei cristiani e lo deportarono in un'isoletta dell'Egeo, a Patmos. Lontano dai suoi, Giovanni si assorbì nella preghiera e nei ricordi delle persone meravigliose che Dio gli aveva fatto conoscere.
Nella sua mente - ricca di tanto passato - una luce divina illuminò l'avvenire. Una folgorante successione di visioni gli fece balenare agli occhi le tremende persecuzioni che la Chiesa avrebbe subìto, la sua resistenza, i suoi trionfi fino all'instaurazione di una vita beata nella Gerusalemme celeste.
Sono le visioni che costituiscono il libro potente e misterioso dell'Apocalisse (o Rivelazione).
Ritornato a Efeso, i discepoli lo pregarono di dettare i suoi ricordi su Gesù. «Se si scrivesse tutto ciò che il Signore ha detto e fatto, i libri riempirebbero il mondo», diceva Giovanni. I suoi ricordi però stanno in ventun capitoletti, di preposizioni brevi, di parole semplici.
Eppure su quelle pagine i più grandi geni hanno meditato, trovandole inesauribili.
«Il Quarto Vangelo, il Vangelo secondo Giovanni, è il vertice, il cuore, il "santo dei santi" del Nuovo Testamento, della rivelazione cristiana, e, si può dire, di ogni religione possibile» dice un insigne maestro di scienze bibliche, Bernardo Allo, già prefessore all'Università di Friburgo.
«Strano libro: non si riesce a toccarne il fondo; e per quanto tu lo legga ti sembra sempre di non averlo finito di leggere, o che tu abbia dimenticato o non compreso qualcosa; lo rileggi lo stesso, e così via, senza fine. Come il cielo notturno: quanto più si guarda, tante più stelle si vedono».
«Il Vangelo non sta nè e lato nè sopra gli altri libri degli uomini, ma al di fuori: esso è interamente di un'altra natura» (Lagrange).
«Sì, di un'altra natura: questo libro si distingue fra tutti i libri più che il radio fra gli elementi chimici o il fulmine fra gli altri fuochi: come se non fosse un libro, ma qualcosa per cui non c'è nome» (Merezkovski).
Il Vangelo di Giovanni non è una raccolta di informazioni: è una visione piena e luminosa di Dio, di Cristo, della vita umana; una visione espressa col èiù semplice linguaggio. Alla lettura non lo si capisce interamente. Ci vuole la meditazione; nè questa vale se non è compiuta con cuore puro. «Solo chi fa il bene - dice appunto il discepolo che Gesù amava - viene alla Luce».
Le parole dell'Apostolo consegnano all'anima i ricordi più cari di Giovanni: «Il Verbo di vita che le nostre mani hanno toccato».
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