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IL SEMINATORE USCÌ A SEMINARE

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Messaggio Da tina Sab 26 Set 2009, 15:50

1Di nuovo si mise a insegnare in riva al mare. Un’enorme folla gli si era radunata intorno; perciò Gesù, salito in barca, stava in mare, mentre tutta la folla era a terra, sulla riva. 2E insegnava loro molte cose in parabole, e nel suo insegnamento diceva:
3«Ascoltate! Ecco: il seminatore uscì a seminare. 4Mentre seminava, parte della semente cadde lungo la via, e venuti gli uccelli se la beccarono. 5Altra parte cadde in suolo roccioso, dove non c’era molta terra; e subito spuntò perché non aveva terra in profondità, 6ma quando si levò il sole, la bruciò e, per difetto di radice, seccò. 7Altra semente cadde fra le spine; quando crebbero, le spine la soffocarono e così non diede frutto. 8Altra infine cadde nella terra buona e diede frutto e granì e produsse il trenta o il sessanta o il cento per uno».
9E diceva: «Chi ha orecchie per intendere, intenda».
10Quando fu solo, quelli che lo attorniavano con i Dodici, lo interrogarono a proposito delle parabole. 11Ed egli disse loro: «A voi è dato conoscere il mistero del Regno di Dio; ma a quelli che sono fuori, tutto vien proposto in parabola, perché
12guardando con gli occhi non vedano e ascoltando con gli orecchi non comprendano e così non si convertano e venga loro perdonato».
13E disse loro: «Non capite questa parabola? Come comprenderete allora tutte le parabole? 14Il seminatore semina la Parola. 15Ora, quelli che sono lungo la via, sono coloro in cui la Parola viene seminata; quando l’hanno udita, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. 16Similmente quelli che ricevono la semente in suolo roccioso sono coloro che quando ascoltano la Parola, subito l’accolgono con gioia, 17ma non hanno radice in se stessi e sono incostanti; viene una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola e soccombono. 18Quelli che ricevono la semente fra le spine sono coloro che hanno ascoltato la Parola, 19ma le preoccupazioni materiali, la seduzione delle ricchezze e altre cupidigie penetrano in loro e soffocano la Parola, che diventa sterile. 20Quelli infine che ricevono la semente nella terra buona, sono coloro che ascoltano la Parola, l’accolgono e danno frutto: chi il trenta, chi il sessanta, chi il cento per uno».
(Mc 4,1-20)

Di nuovo si mise ad insegnare in riva al mare. Un enorme folla gli si era radunata intorno. Al tempo di Gesù la Palestina contava, secondo il calcolo di Giuseppe Flavio, mezzo milione di abitanti. I Farisei quanti erano? Seimila, dice lui, ed è probabile. Mezzo milione; quindi un’enorme folla. Dalla barca – e la barca probabilmente è quella di Pietro – Gesù evangelizza. La folla è disposta in una specie di anfiteatro a terra, sulla riva.

E insegnava loro molte cose in parabole. Mashàl in ebraico, Metàl nell’aramaico, parabola vuol dire episodio, immagine, confronto, paragone, slogan; ha significato multiplo.

E comincia con la parabola-tipo di Gesù, quella fondamentale, da cui derivano tutte le altre parabole; ed è la parabola dell’impatto tra grano-semente e terra, tra la Parola di Dio e l’accoglienza dell’uomo. È l’incontro Dio-uomo, attraverso la Parola. Ed è questo il punto centrale, quindi la parabola più importante. E comincia addirittura con questo invito:

Ascoltate. Qui riecheggia il credo israeliano, che comincia sempre: «Shemà Israèl, Adonài Elohenu». Ascolta, shemà. Ecco l’invito, ascoltare, essere un popolo che ascolta, seduti ai piedi di Gesù in ascolto delle sue parole.

Ecco: il seminatore uscì a seminare.

Noterete come la parabola del seminatore – poi Gesù la spiega – è la cosiddetta tesi: lo sperpero e lo sciupio; seconda parabola, il Regno di Dio (v.26) è come un uomo che sparge la semente: questa è l’antitesi; terza parabola (è come un granello di senapa): questa è la sintesi. È sempre questo movimento ternario. Così Gesù, quando parla di sé dice: «Il Figlio dell’uomo sarà consegnato, soffrirà, morte (tesi); risorgerà (antitesi)». Direte: è la dialettica hegeliana. Chiamatela come volete. È la dialettica evangelica. E poi trionfo, la parusia, trionfo finale, trionfo escatologico (sintesi).

Il seminatore uscì a seminare. Il seminatore è Gesù. Uscì a seminare: rabbi itinerante. Gettare il seme. A noi tocca gettare il seme, nient’altro; tocca mica a noi convertire! Vi dicevo che il sogno più bello di ciascuno di noi è diventare seminatore e poi testimone della luce.

Seminatore: questo è l’ideale-vertice, anche per la gioventù. Sapete come li impegna! La gioventù – vi dicevo – ha paura di due cose: l’instabilità e l’impegno fisso. Non lo teme più quando è resa cosciente della sua missione specifica (perché: «assegnò a ciascuno un compito specifico», dice San Marco), quando è resa cosciente di questo suo compito di seminare, cioè di collaborare con Dio alla costruzione del Regno di Dio. Come collaborare? In tutto. Il principio fondamentale è questo: Dio crea la rosa selvatica; Dio e l’uomo, il giardiniere, creano la rosa da giardino, la rosa da esposizione, la rosa da gran premio. Dio crea il ferro: Dio e l’ingegnere, il tecnico, creano il missile, creano la macchina specializzata. In tutto ci vuole suoi collaboratori, soprattutto in questo campo della vita spirituale, del Regno di Dio. Perché la volontà del Padre: «Venga il tuo Regno!». Quindi collaborare attraverso la preghiera. Ma qual è la preghiera più efficace? È la preghiera di ascolto della Parola di Dio.

Mentre seminava, parte della semente cadde lungo la via, e venuti gli uccelli se la beccarono.

Guardate come Gesù è un poeta della natura: vede tutto, come i bimbi.
Ho visto, mentre attendevo il treno, qualche tempo fa, lungo i marciapiedi dei binari: c’era tanta gente assorta così nei pensieri. Noterete come la gente ha il volto triste, tutti chiusi, perché nessuno mai li avvicina, nessuno mai parla loro. Ho visto un colombo. Era tra i binari. C’era un bambino piccolo che, appena ha visto il colombo, uh! Nessuno degli altri ci badava, nessuno guardava, ma lui sì, lui ha visto il colombo e non stava più fermo. Non sfugge niente al bambino, vede tutto. Invece l’adulto non vede più niente, perché vede solo se stesso.

Mentre seminava. Ecco l’impatto, adesso, l’incidenza di questo seme sulla terra. La terra indica – poi lo spiegherà – l’uomo, le sue varie graduazioni di disponibilità, di accoglienza.

Parte della semente cadde lungo la via. Si dice "cadde", ma seminava lui; dunque l’ha gettata intenzionalmente. Attenzione, è una cosa diversa dall’agire umano: quando si semina, noi si butta il seme solo sulla terra arata, terra buona e non lo si spreca diversamente. Invece Dio cosa fa? Getta il seme dappertutto. Non lascia nessuna zona non seminata. Dipenderà poi l’accoglienza, la disponibilità di chi lo riceve.

Altra semente cadde fra le spine.

Ma è lui che l’ha gettata fra le spine! E ricordate quel principio: gettare il seme anche tra le pietre, in suolo roccioso, perché Dio è capace di suscitare figli di Abramo anche dalle pietre. È l’azione di Dio che ha la prevalenza. A noi tocca questa collaborazione; e non invece, come tentiamo tante volte, di sottovalutare Dio, di scavalcare Dio, di metterci in primo piano. No, il principio fondamentale dev’essere questo: bisogna che Lui, che Gesù cresca, e io diminuisca. Bisogna che la Parola di Dio cresca e io, la mia parola umana, diminuisca.

Altra semente cadde tra le spine; quando crebbero, le spine la soffocarono e così non diede frutto.
Dio vuole frutto. Cosa vuol dire? Che noi portiamo frutto, che noi collaboriamo alla sua opera, collaboriamo allo sviluppo della radice, allo sviluppo della semente, alla maturazione della semente.

Altra infine cadde nella terra buona e diede frutto e granì, e produsse il trenta o il sessanta o il cento per uno.

Generalmente in Israele la produzione era di ogni spiga al dieci, al venti per uno; ma in zone privilegiate dà anche il trenta, dà anche il sessanta, eccezionalmente il cento per uno.

E diceva: «Chi ha orecchie per intendere, intenda».

Vedete come insiste su questo ascolto! Lasciate che la Parola di Dio vi invada, vi sommerga, germini dentro. Aprite le porte a questa Parola; aprite le orecchie a questa Parola; non mettete ostacolo a questa Parola. Prima cosa del discepolo è questa: essere in ascolto. Cioè, è la preghiera personale, è la consacrazione che ha la prevalenza sulla missione, sull’apostolato. L’inizio è la contemplazione, la consacrazione, l’ascolto. Il termine, il compimento, è l’attività, l’apostolato.

Quando fu solo, quelli che lo attorniavano con i Dodici (i Dodici sono i prescelti fra i discepoli, sono i discepoli a tempo pieno; quelli che lo attorniavano sono i discepoli a mezzo tempo) lo interrogarono a proposito delle parabole.

Perché li ha stupiti questo modo di parlare in parabole di Gesù. E notate che questo modo di parlare in parabole è "ipsissima vox" di Gesù. Ipsissima vox sono le parabole, il parlare enigmatico («ancora un poco e non mi vedrete, un poco ancora …»), poi l’"Amen" prolettico, l’Amen cioè che precede le sue affermazioni; poi l’espressione "Regno dei Cieli"; poi l’altra espressione "Abbà".

Ed egli disse loro: «A voi è dato di conoscere il mistero (non dice i misteri, ma il mistero) del Regno dei cieli».

Guardate quanti semitismi ci sono qui. «A voi è dato», passivo divino: Dio dà. «Di conoscere»: ecco un altro semitismo. Conoscere vuol dire penetrare fino in fondo, immedesimarsi. "Il mistero": myo, chiudere la bocca; mysterion, ciò che si tiene chiuso in bocca. «Il mistero del Regno di Dio» (un’altra ipsissima vox di Gesù, di ciò che sarà il futuro voluto da Dio.

A voi è dato da Dio, di conoscere, di esplorare, di capire in antecedenza questo segreto divino che è il Regno di Dio.

Dunque le parabole vertono sul Regno di Dio; sono l’illustrazione migliore del Regno di Dio. Gesù non spiega mai che cos’è il Regno di Dio, perché non può spiegarsi e noi non possiamo capire. Come il bimbo, prima di nascere, non può capire come sarà il mondo, non può capire quello che sarà il sole, il fiore, gli uccelli, la musica …, così noi, prima di nascere all’eternità, prima di nascere da Maria per opera dello Spirito Santo («dovete nascere di nuovo, dall’alto»), non possiamo capire quello che noi saremo, che cosa sarà questo Regno di Dio.

Intanto una cosa che ci impedisce di capire è che noi adesso siamo legati da fasce. Cosa sono queste fasce? La Madonna, quando nacque Gesù lo avvolse in fasce. Possono simboleggiare le leggi fisiche, chimiche e biologiche, le dimensioni dello spazio e del tempo, che adesso ci imprigionano. Salteranno con la risurrezione, perché è un modo di vita esistenziale tutto nuovo. Eh, lo vedrete! È una cosa di cui ci renderemo convinti quando ne faremo l’esperienza, tra poco. E questo bisogna tenerlo dinanzi agli occhi: è il traguardo, il Regno di Dio.

Noterete come San Paolo, e anche Gesù, distingue nettamente il Regno del Figlio dell’uomo dal Regno di Dio, del Padre. Precede prima il Regno del Figlio dell’uomo, «dopodichè consegnerà tutto al Padre» e sarà il Regno di Dio, sarà la trasfigurazione cosmica.

E il nostro cosmo è infinito. Noi arriviamo, con i nostri strumenti, ai 13 miliardi di anni luce. Pensate l’anno luce! La luce, mentre il cuore fa tic-tac, in un minuto secondo fa 300 mila chilometri; cioè, se potesse viaggiare in circolo – ma la luce viaggia sempre in linea retta – sarebbe come se facesse sette volte e mezzo il giro della terra. Pensate in un minuto primo, in un’ora, in un giorno, in un mese, in un anno: distanze enormi! 13 miliardi di anni luce, con milioni di galassie. Le galassie sono sistemi stellari che inglobano un minimo di cento milioni di soli e di oltre seicento miliardi di pianeti. Ma poi abbiamo i quasar, anche quelli un’enigma dell’universo: 10 mila miliardi di volte più luminosi del sole. Sono delle luci abbaglianti. E noi saremo luce. Dio è luce. La luce dei quasar sarà l’ombra della nostra luce. E vedete che allora ci si esprime per analogie, in parabole – dice Gesù –, con immagini. Ma di là «vi parlerò del Padre in tutta chiarezza», sarà la cosa più stupenda!

E allora, una considerazione da ricavare è questa: cercare di arrivare alla morte con la massima curiosità, perché quello che scopriremo è infinito! E invece noi abbiamo tendenza ad arrivarci con la minima curiosità. Anzi la medicina che ha trovato l’uomo contro la morte – dice giustamente Pascal – è di non pensare alla morte; ma questo non l’allontana. E allora, ecco, rettificare le nostre concezioni della morte. In base a che cosa? In base a Gesù.

Ne abbiamo dei cenni pallidissimi. Per esempio, saremo luce. Ma che cos’è la luce? Guardate questa luce del sole, queste giornate belle, il sole è sfavillante: sono appena un indizio, un barlume di quello che noi saremo. Saremo luce. Dio è luce. Che cosa noi saremo? Ma se guardiamo il mistero del nostro corpo: pensate tutto quel numero di atomi. Ma gli atomi son già una sintesi di particelle minutissime; l’atomo è ancora invisibile. Quanti ce ne abbiamo, uno diverso dall’altro! Chi ci ha costruiti così? Chi ci ha creati così? Dio. Chi ci ama talmente? Dio. Perché ci ama? Perché noi possiamo amare, fare comunità di amore, essere amore; questo è il sogno: vivere e amare. E lo realizzerete in pieno. «Attendete con gioia il Signore che viene. Maranathà! Signore nostro, vieni presto». Diteglielo, vedrete! Eh, ma mi darete ragione quando sarete di là e sentirete le più belle musiche del mondo!

Perché tutte le realtà terrestri saranno trasfigurate, sarà una trasfigurazione cosmica, universale, di tutto. Ogni primavera, ogni mattina è già un inizio di risurrezione; la risurrezione è lo sbocco finale.

Vedete, non possiamo mai parlare della croce (questa è la prima parabola: il fallimento della seminagione), senza vedere il trionfo finale, la risurrezione; cioè senza la risurrezione non è possibile la fede, è vana la nostra fede. Quindi bisogna avere sempre nel cuore questo futuro di Dio, che è la risurrezione.

L’uomo, adesso, è alla ricerca di un mondo nuovo. Come lo cerca? Attraverso la tecnica. Ma guardate che la ricerca di questo mondo nuovo senza Dio porta a queste conclusioni: piattitudine, finitudine, solitudine. Piattitudine: tutto è piatto, monotono; finitudine: il senso del limite che ci tormenta; solitudine. Invece in Dio si apre un’altra cosa più stupenda, è tutto diverso.

«A voi è dato di conoscere il mistero del Regno di Dio, ma a quelli che sono fuori (che non sono neanche discepoli) tutto vien proposto in parabole, perché guardando con gli occhi non vedano e ascoltando con gli orecchi non comprendano e così non si convertano e venga loro perdonato».

«E così non si convertano»: è un’interpretazione di un modo di dire semitico, ma letteralmente è: perché non si convertano, affinché non si convertano e venga loro perdonato. Allora si dice: ma che cos’è questo? La Parola di Dio è accecante per chi la rifiuta. In fondo, la Parola di Dio che cos’è? È un messaggio di salvezza; diventa automaticamente di condanna per chi la rifiuta, appunto perché è di salvezza. Offre la salvezza; tu la rifiuti? È chiaro, diventa automaticamente di condanna. È una Parola illuminante: «la luce che illumina ogni uomo». Si dice: ma come è possibile? È questo il mistero, il mistero del Regno di Dio. Perché Dio ci lascia completamente liberi. Ci sono due libertà: la libertà di Dio («Il Figlio dà la vita a chi vuole») e la libertà dell’uomo.

E disse loro: «Non capite questa parabola? Come comprenderete allora tutte le parabole?».

Questa parabola del seminatore, dunque, è fondamentale, è la parabola-chiave.

Il seminatore semina la Parola. Ora, quelli che sono lungo la via (prima "il terreno", ora "quelli", persone) sono coloro in cui la Parola vien seminata; quando l’hanno udita, subito viene Satana (Shatàn, l’accusatore; diavolo, dià-ballo, colui che divide) e porta via la Parola seminata in loro.

L’azione di Satana, del demonio, com’è sottolineata nel Vangelo di San Marco!

Noi abbiamo dimenticato l’azione del demonio. Ma lo sapete che anche fisicamente, attualmente, milioni di persone sono tormentate dal demonio? Si dice questo tormento "vessazione", che è diverso dall’essere "posseduto" dal demonio. Ma vessati dal demonio ce n’è tanti! Nelle forme più svariate. Ce ne sarebbe da parlare, perché l’azione del demonio è fortissima, mai come adesso. E l’azione del demonio si manifesta nella vessazione fisica, nella vessazione spirituale, nell’agitazione, nell’inquietudine … Ed è un’azione continua, perché il demonio non è limitato dallo spazio e dal tempo; poi è infinitamente più intelligente di noi e ci domina più di quanto noi dominiamo gli animali. Quanti sono i demoni? L’Apocalisse parla di «un terzo delle stelle del cielo». Sono decaduti questi angeli creati da Dio. Quindi capite che offensiva in certi momenti è preparata da distanza! E adesso, come si concentra questa offensiva? In tutte le forme: dal razionalismo fino alle forme più sataniche della corruzione, dell’edonismo, del piacere, del comodismo, del materialismo… È un’offensiva enorme del demonio, con cui tenta di prendere l’umanità, di soggiogarla. Chi vincerà? «Fatevi coraggio: Io ho vinto il mondo» (Gv 16,33). Come Gesù ha vinto, così la Chiesa vincerà; però passerà la stessa strada di Gesù. E san Marco lo sottolinea: attraverso la croce.

Similmente, quelli che ricevono la semente in suolo roccioso sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l’accolgono con gioia, ma non hanno radice in se stessi.

Questa radice è l’umiltà; umiltà che è accoglienza, umiltà che è intelligenza. L’umiltà è la castità del cuore. E sono incostanti, appunto perché non sono umili, perché cercano la sicurezza in se stessi.

Quelli che ricevono la semente tra le spine, sono coloro che hanno ascoltato la Parola, ma le preoccupazioni materiali, la seduzione delle ricchezze e altre cupidigie penetrano in loro e soffocano la Parola che diventa sterile.

Preoccupazione di ciò che è materiale: danno il primo piano al materiale. Le seduzioni delle ricchezze: le ricchezze non le condanna Gesù in quanto ricchezze, il denaro in quanto denaro, ma in quanto hanno questo fascino di sviare le anime.

Quelli infine che ricevono la semente in terra buona, sono coloro che ascoltano la Parola, l’accolgono (non solo l’ascoltano, ma poi le danno udienza, cioè la meditano, la ricevono) e danno frutto. Poi collaborano, rispondono. Vedete che l’azione è sempre bilaterale. Nel Vangelo di san Giovanni, al capitolo 6°, è chiaramente delineato: la fede è ascolto della Parola. E dice: «Nessuno può venire a me (venire a Gesù, nel linguaggio di san Giovanni, vuol dire credere, ascoltare la sua parola) se il Padre mio non lo attira». E allora si verifica che «saranno tutti istruiti da Dio», capiranno che è la Parola di Dio che li istruisce. «Chi accoglie il suo insegnamento e ascolta la sua Parola viene a me». Ecco la risposta: prima un dono, e questo dono Dio lo dà a tutti, in qualsiasi condizione di terreno, sia roccia, sia terra battuta, sia spine, sia terra buona. La risposta è l’accoglienza. Accogliere è un verbo di fede. L’equivoco moderno è che credere voglia dire capire; quindi, se non capisco non credo. Questo è sbagliato. Credere vuol dire accogliere. Poi il Signore ci darà la grazia di capire.
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