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Messaggio Da tina Mer 30 Set 2009, 16:48

1E partito di là, venne nella sua patria, e i suoi discepoli lo accompagnarono. 2Venuto il sabato si mise a insegnare nella sinagoga e i numerosi ascoltatori ne erano stupiti. «Donde gli viene questo? - dicevano -. Come si spiega questa sapienza che gli è stata data e questi miracoli compiuti per mano sua? 3Non è forse costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Giuseppe, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non sono qui tra noi?». Ed erano scandalizzati a suo riguardo. 4Ma Gesù diceva loro: «Un profeta è disprezzato soltanto nel proprio paese, nella propria parentela e nella propria casa». 5E non poté fare alcun miracolo; guarì soltanto pochi malati imponendo loro le mani. 6E si meravigliava della loro incredulità. E percorreva i paesi circostanti insegnando.
(Marco 6,1-6)

Marco, dopo di avere descritto nelle pericopi (cioè nei brani) precedenti, i grandi prodigi operati da Gesù, la fede di una semplice donna e di un capo della sinagoga, di Giairo, traccia adesso un quadro impressionante dell’incredulità tra i propri familiari e nel proprio paese di Nazaret. Gli uomini rimangono scandalizzati della componente umana di Gesù.

Scandalizzati. Nel Vangelo, la parola "scandalo" indica sempre scompiglio, disorientamento nella fede. Gesù è interamente Dio, ma anche interamente uomo: sta qui il mistero. Gli uomini rimangono chiusi, fissati nel guscio della loro esperienza, della loro pratica, del loro raggio visivo materiale, dei loro protocolli civili e non si aprono al messaggio di Gesù.
Questo brano del Vangelo non ha per Marco alcun interesse geografico, non dà nozioni della famiglia di Gesù; noi non veniamo a sapere come i compaesani di Gesù l’abbiano accolto e respinto in quell’inizio del suo apostolato. Il racconto non riporta neppure una discussione; Gesù non confuta nulla, non muove alcun rimprovero. Tutto il brano di Vangelo si riassume in una sola frase impressionante: Gesù si meravigliava della loro incredulità. Si meravigliava. Gesù è interamente uomo, come noi, "tranne che nel peccato", in tutto simile a noi".

Venne nella sua patria, Nazaret, e lo accompagnarono i suoi discepoli. Gesù è un Rabbi itinerante, con discepoli che vivono con lui.

Venuto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. Nella sinagoga al sabato c’è la celebrazione della Parola di Dio.

Gesù insegna, cioè evangelizza. Gesù è un continuo seminatore della Parola di Dio Padre. Gesù va nella sinagoga di Nazaret, è una piccola sinagoga, non è come quella di Cafarnao; Cafarnao era una città; Nazaret, un piccolo paese, ignorato in tutto l’AnticoTestamento.

Gli ascoltatori si meravigliano, rimangono stupiti e sconcertati. Gesù risponde alla loro meraviglia con un’espressione significativa sul ruolo di profeta; cerca di aprire le nebbie che li avvolgono, tenta di portarli in una zona di fede. Ma rimane incompreso. Sfolgora l’umanità di Gesù: si meravigliava della loro incredulità.

TRE DOMANDE
Gli ascoltatori di Gesù nella sinagoga fanno tre domande.

La prima è una domanda generale: Donde gli viene tutto questo? La stessa domanda nel Vangelo di S. Giovanni, da parte degli avversari di Gesù nella sinagoga di Cafarnao è formulata in un’altra maniera: "Come può dire sono disceso dal Cielo? E mormoravano tra loro".

Poi due domande concrete:

Come si spiega questa sapienza che gli è stata data, e questi miracoli compiuti per mano sua?

"Sapienza", sono le sue parole, i suoi insegnamenti, la sua dottrina. "Miracoli" sono i suoi prodigi.

Le parole di Gesù sono "opera invisibilia", cioè opere che non si vedono; mentre le opere di Gesù sono "verba visibilia", cioè parole che si vedono. Parole e prodigi di Gesù costituiscono il comportamento di Gesù.

Seconda domanda concreta: Non è forse costui il falegname, il figlio di Maria?

Bellissima espressione! In Marco, questa espressione lascia trapelare il mistero della verginità e della maternità di Maria. Per gli ebrei bisognava nominare il padre; qui invece, Gesù vien detto "figlio di Maria". Appare in trasparenza il mistero dell’Annunciazione.
Gesù risalta lo sfondo di sua Madre; è a Nazaret, il paese degli anni oscuri di Gesù, anni come quelli di qualsiasi altro, eppure anni di Dio; Nazaret è un paese come qualsiasi altro piccolo paese, eppure è il paese di Dio.

Non è lui il fratello (che vuol dire parente, cugino) di Giacomo, di Giuda e di Simone? (probabilmente sono i componenti della prima comunità cristiana di Gerusalemme formata dai familiari di Gesù). Così le sue sorelle, i suoi parenti non sono qui tra noi?

La gente di Nazaret sapeva benissimo quanto Gesù insegnava e faceva. Sapeva, per averne sentito gli echi che Gesù era già un Rabbi itinerante ed era ritornato a Nazaret con i suoi discepoli. I discepoli stanno con Gesù, imparano la sua dottrina per poterla diffondere. Manca però la fede ai compaesani di Gesù.

Ogni uomo deve optare per la fede. Deve vivere in zona di fede; non è possibile diversamente. Il nostro raggio visivo è troppo limitato, non possiamo cogliere Dio che è l’invisibile. Occorre fare un salto dal visibile all’invisibile. Questo salto lo fa la fede. Fede in Gesù, vuol dire aprirsi a lui. Occorre dare fiducia a Gesù che ci ama, che da un senso, un significato a tutta la nostra vita. Senza questa fede non si può fare nulla. C’è però in noi una continua forza di gravità e di inerzia che ci porta a cercare la sicurezza in noi stessi, a fidarci solo di noi stessi, dei nostri sensi e questo ogni giorno. Ogni giorno quindi ci è richiesta una svolta, una conversione. La svolta è l’umiltà. Umiltà come di un bimbo. Gesù voleva i suoi discepoli "piccolissimi". La conversione (la metànoia) fa dimenticare noi stessi e fa porre la nostra sicurezza in Dio. L’umiltà ci sospinge lì; ecco perché la vita di fede va rinnovata ogni giorno.

LO SCANDALO DELLA FEDE
Gli ascoltatori di Gesù si scandalizzano, cioè si disorientano nella fede. Gesù dirà più tardi: «Beato chi non si scandalizzerà di me».

Beato: gioia di quelli che non smarriscono la fede di fronte all’umanità di Gesù.

I Compaesani di Gesù subito soccombono, si abbattono; dicono: «Come mai, questo falegname del nostro paese viene a parlarci in nome di Dio?».

Gesù risponde: Un profeta è disprezzato soltanto nel proprio paese, nella propria parentela e nella propria casa.

Disprezzato! Già i profeti dell’Antico Testamento avevano fatto questa amara esperienza. Leggete il capitolo undici del Profeta Geremia.

Anche i profeti del Nuovo Testamento, gli evangelizzatori, i missionari devono purtroppo fare una simile esperienza.

Vengono disprezzati; la loro parola non è accolta (eppure è la parola di Dio).

Conseguenza dell’incredulità: Gesù non poté fare alcun miracolo. Guarì soltanto pochi malati.

Nessuno cioè di quei potenti miracoli che li potevano trascinare in una zona più ampia di fede. Si limitò soltanto a guarire pochi malati, imponendo loro le mani. Il punto centrale del brano del Vangelo è la frase: Gesù si meravigliava della loro incredulità.

La questione dell’incredulità è il punto culminante. L’incredulità blocca e congela ogni opera di salvezza da parte di Dio verso di noi.

La salvezza cristiana sta nella fede. Senza la fede Gesù non può aiutarci. Fede vuol dire insicurezza in noi e sicurezza in Dio. La fede è legata fortissimamente alla persona di Gesù; occorre aprire il nostro cuore e Dare piena fiducia, dire sì a Gesù che ci ama. Solo Gesù è interamente uomo, ma è anche interamente Dio.

A molti Gesù sembra troppo vicino, perché conoscono tutto di lui, dei suoi congiunti, della sua professione, del suo destino. A molti sembra troppo debole, perché conoscono la sua croce, le sue umiliazioni, i bisogni della sua comunità, della sua Chiesa (lo scandalo della Chiesa).

A molti sembra troppo lontano, perché ne temono la saggezza, la potenza, la singolarità.

Occorre arrivare alla conclusione del centurione sotto la croce: «Veramente costui era il Figlio di Dio».

Gesù era molto quotidiano come noi. Credere in Gesù significa conoscere Dio nell’esistenza quotidiana di ogni uomo, nella monotonia della vita di ogni giorno; vedere Dio proprio lì, attimo per attimo, giorno per giorno.

Gesù suscita scandalo, stimola l’opposizione; significa per ognuno di noi una preoccupazione. La salvezza e la rovina di ognuno deve decidersi su di lui, su di lui soltanto. È nato come noi; è vissuto come noi; è fallito come noi; ha patito come noi; è morto come noi; ed è stato sepolto come noi. Ciò attesta la storia di lui. Visto così, Gesù è un uomo come ogni altro uomo, è una vita tessuta come quella di ogni altro; eppure è Dio, è totalmente e interamente Dio.

Dove si incontra Dio? In mezzo al mondo, alla vita umana, nell’uomo stesso, nella comunità concreta, nello scandalo di quelli che ci stanno vicino.
Dire di sì a Dio, significa dire di sì a Gesù. Gesù, quando il cuore gli si chiude, si allontana e va altrove. È la parabola della vigna che viene data ad altri. Quando c’è lo scandalo della fede, il disorientamento, Gesù passa altrove, insegna nei paesi circostanti, ad altre persone. Per questo S. Agostino diceva: «Temo Dio che passa». Se non gli dico di sì, lui va altrove. Dio è sempre di una delicatezza estrema, rispetta la nostra libertà, bussa alla porta del nostro cuore, ci chiede di aprirci a lui, di donarci totalmente a lui. Se noi gli diciamo di no, passa altrove, dove altre anime lo attendono, anime di nostri fratelli.

IL SOLDATO A MILANO
Ieri arrivando alla stazione di Milano dovevo aspettare circa tre quarti d’ora; uscii per andare nella nostra chiesa salesiana che è li vicino. Attraversando la piazza che porta alla chiesa di S. Agostino, incrociai un soldato in divisa militare, che stava sorbendo, un cono gelato di panna. Mi vide, e subito, col gelato ancora in mano, mi venne vicino e mi disse:

«Padre, mi può confessare?».

Gli dissi: «Sì, subito».

C’erano i tram fermi (è stazione terminale); la gente guardava quel soldato. Lui mi disse:

«Aspetti un momento; finisco questo gelato, se no mi sgocciolo tutto».
Lo lasciai finire. Poi si levò il berretto, fece un ampio segno di croce di fronte a tutti. A lui importava poco la gente. Si confessò. Una confessione bellissima. Finita la confessione mi disse:

«Senta, io ho intenzione, appena finito il servizio militare (ho altri sei mesi ancora) di entrare in seminario (mi confidò i suoi titoli di studio). Voglio farmi prete. Però, sa cosa mi tormenta? La storicità di Gesù, la storicità del Vangelo».

Allora gli parlai del Vangelo, ecc... Era terreno accogliente. Gli spiegai che occorre approfondire lo studio del Vangelo. Gli parlai dei volumetti della Collana Magnificat. Lui mi chiese:

«Me li mandi».

Mi diede il suo indirizzo: Luigi Manzoni - Civitavecchia, ecc... È di artiglieria. Non finiva di ringraziarmi; gli importava poco della gente che lo guardava; gli importava la sua anima. Un ragazzo meraviglioso, aperto, con uno smagliante sorriso; l’anima gli splendeva. Mi disse prima di salutarmi:

«Sa come Gesù mi attira?».

Si guardò attorno; vedeva la gente che camminava, che passava frettolosa, i tram che circolavano, le macchine che transitavano. Diceva, quasi parlando a se stesso:

«Gesù mi attira. Lui solo è incantevole».

Lo salutai, gli dissi addio! Mi sorrise quando mi vide scomparire nel grande atrio della stazione.

Gesù è il desiderio del cuore umano.

I greci, ex pagani nel capitolo 12 di S. Giovanni, vanno da Filippo con una domanda; Filippo la trasmette a Andrea, e Andrea a Gesù. È la domanda più inquietante del cuore umano: «Vogliamo vedere Gesù! Vogliamo vedere Gesù!».
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