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E VOI, CHI DITE CHE IO SIA?

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Messaggio Da tina Mer 30 Set 2009, 16:51

27E Gesù se ne andò con i suoi discepoli verso i paesi dipendenti da Cesarea di Filippo.
Cammin facendo, fece ai suoi discepoli questa domanda: «Che dice la gente che io sia?». 28Gli risposero: «Chi dice che tu sei Giovanni Battista, chi Elia, e chi uno dei profeti». 29Chiese loro: «Ma per voi, chi sono io?». Pietro rispose: «Tu sei il Cristo». 30E intimò loro severamente di non parlare ad alcuno di lui.
31Poi cominciò a far loro capire che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, doveva essere rifiutato dagli anziani, dai grandi sacerdoti e dagli scribi, essere ucciso e risorgere dopo tre giorni. 32Diceva queste cose apertamente. Pietro, prendendolo con sé in disparte, si mise a sgridarlo. 33Ma egli si voltò e, alla presenza dei suoi discepoli, rimproverò Pietro: «Via da me, Satana! I tuoi pensieri non sono quelli di Dio, ma degli uomini!».
(Marco 8,27-33)

Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarea di Filippo. Tutto fa perno a questa Cesarea di Filippo, che è diversa da Cesarea Marittima. Con i suoi discepoli: la piccola Chiesa. Gesù con i suoi discepoli, Gesù con la sua comunità; è sempre la comunità ecclesiale. Fare corpo, vivere insieme: comunità d’amore a somiglianza della comunità trinitaria, Trinità nell’Unità.

Per via, lungo il cammino interrogava i suoi discepoli e chiedeva: «Chi dice la gente che io sia?». Un'inchiesta tra i discepoli. Dopo l’evangelizzazione vuol sentire la risposta della folla: la gente cosa dice di me? Chi mi considera?

Gli risposero: «Giovanni Battista risorto, Elia, uno dei profeti», cioè un personaggio storico. Due cose, ma probabilmente questa: lo considerano uno già sorpassato, un personaggio storico, uno che continua la tradizione del passato. Mentre noi dobbiamo considerare Gesù qualcuno che è divino, qualcuno presente, presentissimo a noi, a cui possiamo indirizzarci, parlargli.

Egli replicò: «E voi chi dite che io sia?».

Per voi chi sono io? Per la gente un personaggio del passato; e per voi?

Pietro, a nome di tutti, ufficialmente gli rispose: «Tu sei il Cristo», il Messia, il Consacrato di Dio. Impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno. È la cosiddetta imposizione del silenzio. Perché? Perché la gente, se avesse saputo che Gesù era il Messia – dato che aveva un’idea sbagliata del Messia, un’idea di uomo rivoluzionario, politico – avrebbe sconquassato il paese, sarebbe insorta. Ribellioni, e poi l’intervento dei romani. E invece Gesù accetta, anzi loda, in S. Matteo, questa rivelazione di Pietro (che «il Padre te l’ha rivelato»), però la mette nella giusta luce. Il Cristo. Il Messia. Ma un Messia rivoluzionario, politico? No.

E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo (è Gesù il Figlio dell’uomo) doveva molto soffrire. Quel «doveva» indica volontà del Padre. E allora guardate la prima cosa: la sofferenza è una componente essenziale della messianità di Gesù. Essere riprovato, rifiutato, respinto dagli anziani, sommi sacerdoti, scribi. Fanno il consiglio superiore, fanno il governo spirituale d’Israele. Quindi dalle massime autorità rifiutato, respinto. Così anche per i discepoli; quindi aspettatevi la sofferenza; questa è necessaria, è una componente indispensabile della gioia e dell’amore.

Aspettatevi incomprensione, cioè rifiuto. Nel caso nostro cos’è questo rifiuto, questa repulsione? È l’incomprensione: «Guai a voi quando tutti dicono bene di voi», guai a voi! Quel guai indica: io piango per voi quando tutti dicono bene di voi. Qualche volta sentite che un fratello non dice bene di voi, una sorella vi interpreta male: ringraziate il Signore. Non è facile, però è vero. Se tutti dicono bene... guai a voi.

E dopo tre giorni.

L’ultima cosa che dovete aspettarvi: "dopo tre giorni". E notate che questo "dopo tre giorni" nella Bibbia ha anche un significato: in brevissimo tempo, subito dopo e quasi immediatamente risuscitate. Ecco il termine ultimo. Guardate il cielo, guardate la risurrezione, guardate quello che vi attende, riempitevi di gioia nell’attesa. Oggi è un giorno in meno di ieri per risuscitare, per arrivare a Casa. Sentite gli uccelli come cantano. Innalzano, recitano mattutino e lodi al Signore in una maniera bella, limpida, perché è l’istinto loro. Ma noi dobbiamo dirlo di amore, che è infinitamente più bello.

Gesù faceva questo discorso apertamente. Chiaro e tondo a tutte le lettere; allora succede un fatto strano. Quel Pietro che l’aveva proclamato il Cristo, il Messia con un’intuizione che gli era stata data dall’alto, da Dio, cosa fa? Imita il gesto di Gesù. Quando Gesù vuole rivelare qualcosa prende in disparte, conduce in disparte, fuori dai gruppi di pressione, a tu per tu; Pietro fa lo stesso, la stessa cosa: si atteggia a maestro di Gesù, lo prende in disparte.

E si mise a rimproverarlo. Letteralmente "a dargli sulla voce": non dire così, cosa vai a dire che verrai ucciso! Cosa vai a dire che ti rifiuteranno. Ma no! In fondo gli sconvolgeva tutti i programmi. Lui pensava di arrivare a una posizione politica preminente: vedete che aveva anche lui l’idea di Cristo rivoluzionario. L’intuizione bellissima: il Messia, ma che Messia? Non certo il Servo Sofferente.

Ma Gesù voltatosi. Quel voltarsi dice che rompe il cerchio della tentazione; è questa conversione, voltarsi; l’ebraico lo chiamerebbe "shub", tornare indietro. Ritorna alla sua scelta iniziale; già nelle tentazioni ha fatto questa scelta: il messianismo di Servo Sofferente, l’umile messianismo.

E guardando i discepoli. Quel "guardando" dice l’amore con cui li fissa, con cui vuol far penetrare questa convinzione. Rimproverò Pietro, sgridò Pietro. Pietro aveva usato una tattica seducente: in disparte per cercare di persuaderlo, di premere su di lui. Adesso Gesù reagisce: rimprovera Pietro e gli dice:

Lungi da me, satana. Lo chiama satana, tentatore. Lungi, via, perché in quel momento Pietro incarnava – si può dire – la tentazione subdola, il successo, il trionfo, la gloria del mondo, che è una tentazione che facilmente prende.

De Gasperi, dopo la guerra – lo scrive la figlia Romana – a Torino, piazza Vittorio, gremita di gente, passava in macchina, presidente del Consiglio. La gente lo acclamava; e lui freddo, distaccato dice alla figlia:

«Ti accorgi com’è facile ubriacarsi di gloria, com’è facile che tutti questi applausi della gente ci montino la testa; prega che il Signore ci tenga la testa fredda, prega!».

È facile il successo, vi travolge, è la tentazione del demonio che è tutto orgoglio luciferino.

Via da me satana perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini. Questi sono ragionamenti umani, sono desideri umani, desideri che sono già infettati del peccato di orgoglio di satana.

Gesù ha scelto il messianismo del Servo Sofferente, l’umile messianismo, la cui componente è sofferenza, incomprensione, essere ucciso. È la sorte del chicco di grano che cade per terra e muore, la cui componente è poi dopo la risurrezione, il trionfo, ma dopo. Attraverso la croce si arriva alla gloria. I tedeschi hanno questa espressione molto bella: «durk laidem froide», attraverso la sofferenza la gioia.

Beethoven compose la sua più bella sinfonia quando era totalmente sordo e sugli infissi delle pareti ha ripetuto, ha scritto e anche sui fogli di musica l’espressione: durk laidem froide. Attraverso il dolore la gioia. E allora ecco l’inno alla gioia. Il dolore è amore allo stato puro.
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