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SIGNORE, CHE IO CI VEDA

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Messaggio Da tina Mer 30 Set 2009, 16:58

46Arrivarono a Gerico. Mentre Gesù usciva dalla città con i suoi discepoli e con gran folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, un mendicante cieco, era seduto lungo la via. 47Sentendo che passava Gesù di Nazaret, cominciò a gridare: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». 48Molti gli davano sulla voce per farlo tacere, ma egli gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». 49Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamano il cieco dicendogli: «Coraggio, alzati, ti chiama!». 50Ed egli, gettato via il mantello, saltò su e venne da Gesù. 51Gesù gli domandò: «Che cosa vuoi che io ti faccia?». Gli rispose il cieco: «Rabbunì, che io ci veda!». 52E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito ci vide e camminò dietro a Gesù.
(Mc 10,46-52)

In questo breve episodio del Vangelo di San Marco, spicca subito un tema che è sviluppato ampiamente nel Vangelo di San Giovanni: il tema della luce e delle tenebre. Gesù è la luce che illumina ogni uomo.

Gesù esce dalla città con i suoi discepoli.

Marco rappresenta Gesù sempre unito ai suoi discepoli. I discepoli sono quelli che "stanno con Gesù e diffondono il Vangelo". E con gran folla. Gesù esercita un fascino irresistibile sulle folle.

Un mendicante cieco, era seduto lungo la strada.

La strada, nel linguaggio biblico, rappresenta la nostra vita. Noi siamo il popolo di Dio in cammino. Il mendicante è seduto, perché le tenebre obbligano a fermarsi.

«Il popolo che camminava nelle tenebre - dice il profeta Isaia - vide di colpo una grande luce», che veniva dalla Galilea; questa luce è Gesù. Sedeva nelle tenebre: il mendicante è seduto, chiede l’elemosina, è cieco, fasciato di tenebre. Tenebre, tristezza, morte, peccato, sono strettamente congiunte nel Vangelo di San Giovanni. Luce, gioia, vita, grazia, sono pure strettamente congiunte.

Sentendo che passava Gesù di Nazaret (sente lo scalpiccio della folla) cominciò a gridare: «Figlio di Davide (titolo messianico "Figlio di Davide", discendente di Davide), Gesù, abbi pietà di me». È un grido straziante.

Molti gli davano sulla voce, per farlo tacere, ma egli, gridava più forte: «Figlio di Davide (ripete il titolo messianico) abbi pietà di me». Gesù si fermò. (Gesù non è mai insensibile alla voce del cuore, all’appello del dolore umano) e disse: «Chiamatelo». Chiamano il cieco. L’invito di Gesù viene trasmesso attraverso i discepoli. Noi dobbiamo essere un veicolo di Gesù alle anime.

Chiamano il cieco dicendogli: «Coraggio».

La prima espressione che dobbiamo usare quando accostiamo le anime è questa: far coraggio. Sono già depresse da troppe cose!

Alzati! È un verbo di risurrezione "alzati". «Viene l’ora – dice S. Giovanni – in cui tutti quelli che giacciono nella tomba udranno la voce del Figlio dell’uomo e risorgeranno; si alzeranno nella risurrezione: i buoni per la vita, i cattivi per la dannazione eterna».

Ti chiama! Parola bellissima; Gesù ti chiama! C’interpella attraverso gli avvenimenti. Per gli Ebrei, avvenimento e parola sono un unico vocabolo: "dabàr". Dabàr vuol dire parola: Gesù è la Parola per eccellenza, è Dio. Dabàr vuol dire avvenimento: tutti gli avvenimenti sono una parola di Dio, ci parlano, ci interrogano, ci interpellano. Ti chiama! Marta diceva a Maria, sottovoce, come in un segreto di amore: «Il Maestro è qui e ti chiama».

Egli, gettato via il mantello (per essere più libero butta via tutto), saltò su (è la gioia che comincia a esplodere in Lui; prima era seduto nelle tenebre e nella tristezza, adesso comincia ad avvertire la gioia ) e venne da Gesù. Gesù gli domandò: «Che cosa vuoi che io ti faccia?». Gli rispose il cieco: «Rabbunì!». Rabbì vuol dire maestro; rabbunì, vuol dire maestro mio. Il rabbi ha dei discepoli. Si sente subito il desiderio di quell’anima di essere un discepolo. «Maestro mio, che io ci veda!». «Io sono la luce del mondo», dice Gesù. «Finché avete la luce, camminate nella luce».

Gesù gli disse: «Và, la tua fede ti ha salvato».

La fede è ascolto della Parola di Dio.

E subito ci vide (gli si aprirono gli occhi, soprattutto gli occhi del cuore) e camminò dietro a Gesù, cioè seguì Gesù. Ecco il discepolo. Gesù chiama: Segui me. Il discepolo deve stare con Lui e diffondere il Vangelo.

Il cieco aveva chiamato Gesù: Rabbunì, Maestro mio; adesso diventa suo discepolo. È bastato che Gesù lo illuminasse con la sua luce, che gli aprisse gli occhi del cuore.

Nel discorso dell’Ultima Cena, Gesù dice: «Adesso voi siete tristi, ma io vi rivedrò e il vostro cuore ne godrà e nessuno vi potrà rapire la vostra gioia». La gioia nasce dalla luce di Gesù: «Io vi rivedrò».

CHE COS’È LA GIOIA
La Sacra Scrittura abbonda di citazioni a stare lieti, a essere nella gioia. La mancanza di gioia è una conseguenza della separazione dell’uomo da Dio; mentre la presenza della gioia è una conseguenza di un collegamento, di una riunione con Dio. La gioia va chiesta; quando la si chiede, il Signore ce la dà sempre.

Nietzsche, uno dei più violenti avversari del cristianesimo, figlio di un pastore protestante, esprimeva il suo giudizio su Gesù con queste parole: «I suoi discepoli hanno l’aria di non essere redenti: hanno l’aria così triste!».

La gioia sembra l’opposto della sofferenza, ma non lo è. Sofferenza e gioia possono coesistere. Non la gioia, ma il piacere è l’opposto della sofferenza. Se noi desideriamo qualche cosa per il piacere che ne possiamo ricavare, forse otterremo quel piacere, ma non otterremo la gioia. Se noi cerchiamo qualcuno con cui procurarci piacere, forse ci procureremo quel piacere, ma non avremo la gioia. Se cerchiamo qualche cosa allo scopo di evitare la sofferenza, forse eviteremo la sofferenza, ma non eviteremo il dolore. Se cerchiamo di usare qualcuno, di sfruttarlo per proteggerci dalla sofferenza, forse ci proteggerà dalla sofferenza, ma non ci proteggerà dal dolore. La gioia è possibile soltanto quando ci sentiamo sospinti, sollecitati, mossi verso cose e persone per quello che sono e non per quello che noi possiamo ottenere da loro.

Il contrario della gioia è la tristezza. La tristezza nasce da una privazione di gioia. La gioia è più del piacere; la gioia è anche più della felicità. La felicità può reggere a molti dolori e alla mancanza di piaceri, ma non può reggere alla mancanza di gioia. La tristezza è il contrario della gioia. La tristezza nasce dall’essere privati della nostra soddisfazione centrale, priva di qualche cosa che ci appartiene e che ci è necessaria per appagarci.

Chi è più necessario di Dio-Luce? Quando si è privi di Dio, ecco la tristezza. Gesù dice: «Quando io sarò tolto, voi sarete nel pianto; ma io vi rivedrò (Lui è la luce; ci rivedrà, ci illuminerà di nuovo) e allora il vostro cuore ne godrà; la vostra gioia nessuno ve la potrà rapire».

La beatitudine è l’elemento eterno della gioia. Gesù ha chiamato «Beati i poveri; beati quelli che piangono, perché saranno consolati». La gioia nel dolore è possibile a quelli che sono beati; a quelli in cui la gioia ha la dimensione dell’eterno. Gesù dà la sua gioia ai suoi discepoli, adesso. Paolo chiede ai Filippesi di avere la gioia, adesso, ora; una gioia che poi sconfinerà nell’eterno e sarà la beatitudine.

La gioia nasce dall’unione con Dio, dal collegamento con lui e collegamento coi fratelli. La tristezza nasce dal distacco da Dio, dalla mancanza di contatto con Dio e dalla mancanza di contatto coi fratelli.

SE CI SEI TU
Sabato 24, nella giornata di ritiro ai chierici teologi della Crocetta (sono più di 120) parlavo di un argomento che li tocca profondamente: la comunità. Citavo quello che è successo dal 25 ai 31 agosto nell’isola di Wight, nel sud dell’Inghilterra: 400 mila giovani si sono radunati alcuni giorni per il cosiddetto "Festival della musica popolare". Eseguivano musica 20 ore su 24. Tacevano solo dalle 7 alle 11. Furono i giorni dell’amore, della musica e della pace.

I giornali ne han parlato, ma han riferito solo piccole cose di poco rilievo e poche frange. La massima parte, la quasi totalità di questa valanga di giovani, era venuta da Wight per "vivere insieme", per protestare contro la società del benessere, della produzione; contro la società della carriera, del guadagno. Volevano "vivere insieme". Di obbligo era il sorriso, ma spontaneo; tutti si sentivano fratelli, specialmente accanto al fuoco. Dormivano alla meglio, in sacchi a pelo, ecc.

Dopo il tramonto del sole, si accedevano le luci, si ravvivavano i fuochi e tutta l’immensa massa di giovani, ragazzi e ragazze, stava per ascoltare le canzoni, soprattutto le canzoni della cantante Joan Beaz che interpretava il sentimento profondo dei giovani (i giovani sentono fortissimo il richiamo all’unità; Gesù è venuto per «riunire in unità i figli di Dio che erano dispersi»).

Lei cantava così:

«Gesù, che cosa siamo noi se tu ci manchi?

Senza di te, arriva presto il giorno in cui non vedremo più sorgere il sole.

Se invece ci sei Tu, noi possiamo ogni giorno aiutare il sole a sorgere».

Bellissima espressione! «Se ci sei Tu, noi possiamo ogni giorno, ogni mattina, aiutare il sole a sorgere».

È Gesù il Sole che sorge!

«Se non ci sei Tu, arriva presto il giorno in cui non vedremo più sorgere il sole». Ci sarà buio, ci sarà tenebra.

Finita la predica, parecchi di quei teologi mi vennero vicino: «Com’è vero! - dicevano – Noi sentiamo fortissimo il desiderio di vivere insieme, di volerci bene».

Ma dove si fa comunità? Dove c’è Lui.

Dov’è la gioia? Dove ci si sente collegati coi fratelli, perché si è collegati con Dio.

«Tutto ciò che sale, converge». In Dio noi ci sentiamo tutti vicini e fratelli.



Martedì sera, dalle 21 a mezzanotte, ero con un forte gruppo di universitari. Per che cosa? Per studiare settimanalmente la Teologia del Vangelo di San Giovanni. Poi studieremo la Preghiera sacerdotale di Gesù; infine la Teologia del Vangelo di San Matteo.

Sono più di 40; in massima parte giovanotti, per adesso, 4-5 ragazze. Universitari; i più di Medicina e di Ingegneria. Che attenzione! Che interessamento!

Mi diceva uno che fa il secondo anno di Medicina: «Lei non può immaginare, quanto mi illuminano le parole di Gesù! Come starei sempre a sentirle!».
Mi diceva un altro che fa il sesto anno di Medicina: «La prossima volta devo portare anche la mia fidanzata, perché è troppo bello».

Gesù illumina, Gesù attira; e la folla lo segue. Che cosa gli chiediamo? Che ci illumini della sua Luce.

«Nella tua luce noi vedremo la luce». Dio è Luce.

Allora sentiremo la gioia come un’alta marea invadere l’anima.

«Se ci sei tu - cantava Joan Baez dell’isola di Wight alla sera (400 mila giovani battevano le mani attorno al fuoco), se ci sei Tu, noi potremo ogni giorno aiutare il sole a sorgere».
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