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NON SPEGNETE LO SPIRITO

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Messaggio Da tina Mer 30 Set 2009, 16:59

Mentre egli si metteva in cammino, un uomo accorse e, gettatosi in ginocchio davanti a lui, lo interrogava: «Maestro buono, che devo fare per ottenere la vita eterna?». 18Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Solo Dio è buono. 19Tu conosci i Comandamenti: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora tuo padre e tua madre"». 20«Maestro - gli rispose -, tutto questo io l’ho praticato fin dalla mia giovinezza!». 21Allora Gesù fissò su di lui il suo sguardo e lo amò. Gli disse: «Ti manca una cosa: va’, vendi ciò che hai, dallo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi». 22Ma l’altro si fece triste a queste parole e se ne andò immalinconito, perché possedeva molti beni.
(Mc 10,17-22)

***

3Mentre Gesù era a Betania, a mensa in casa di Simone il lebbroso, venne una donna con una boccetta di alabastro piena di nardo autentico, molto costoso. Spezzata la boccetta, glielo versò sul capo. 4Alcuni però si indignarono dentro di sé: «A che pro questo sciupio di profumo? 5Lo si sarebbe potuto vendere per più di trecento denari e darli ai poveri». E brontolavano contro di lei. 6Gesù disse: «Lasciatela stare; perché le date noia? Ha compiuto su di me un’opera buona. 7I poveri infatti li avete sempre con voi e quando lo vorrete potrete sempre far loro del bene; ma non sempre avete me. 8Ella ha fatto ciò che era in suo potere: ha anticipato l’unzione del mio corpo per la sepoltura. 9In verità io ve lo dico: dovunque sarà predicato il vangelo nel mondo intero, si parlerà anche di ciò che lei ha fatto, in suo ricordo».
(Mc 14,3-9)

Due episodi paralleli: il giovane ricco e Maria di Betania. L’accento è messo sulla ricchezza del cuore. Gesù chiede la donazione del cuore.

IL GIOVANE RICCO
Un uomo accorse e gettatosi in ginocchio davanti a lui (Aveva visto che Gesù abbracciava e accarezzava i bimbi, ne era rimasto soggiogato, affascinato, e allora si rivolge) e dice: «Maestro buono...».(L’unica volta che c’è un aggettivo vicino alla parola Maestro, rabbi; l’aggettivo "buono" in greco vuol dire anche bello, affascinante).

«Che devo fare per ottenere la vita eterna?». Ecco la domanda che gli risuona dentro all’anima: la Vita eterna! Una vita che non avrà mai fine. La vita di Dio che è l’eterno. Che devo fare? E Gesù subito corregge e rettifica:

«Perché mi chiami buono?». Perché ti fermi alle apparenze? Perché rimani affascinato soltanto da ciò che è esterno? «Solo Dio è buono». L’onda di amore che tu rivolgi verso di me, come uomo, ecco, deve flettersi verso Dio, cioè andare al di là delle cose visibili, dove vedere l’Eterno. Quel giovane chiedeva la Vita Eterna e Gesù l’indirizza ad amare l’Eterno, Dio. Solo Dio è buono. Bisogna non fermarsi soltanto alle apparenze umane. Una conseguenza: ogni amore che viene a noi tende all’infinito, all’Eterno. Noi siamo creature, siamo limitati; se lo fermiamo soltanto in noi, noi spezziamo quell’amore, lo frantumiamo; se invece lo si dirige a Dio, gli diamo la vibrazione immensa, eterna dell’Amore. Così pure l’amore che da noi parte verso gli altri deve sempre tendere all’Eterno.

Poi Gesù va avanti: «Tu conosci i comandamenti», e subito glieli elenca; fanno tutti perno e centro sulla carità: «Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare». Sono tutti negativi; poi uno positivo: «onora il padre e la madre».

E quel giovane ha un’esclamazione di gioia: «Maestro (non dice più "buono") tutto questo io l’ho praticato fin dalla mia giovinezza!». Allora Gesù fissò su di lui il suo sguardo. Fissare lo sguardo vuol dire amare; e Marco aggiunge: «e lo amò». Fissare lo sguardo vuol dire contemplare; è una carezza visiva che penetra nelle profondità dell’anima. Gesù è amore: interamente uomo, ma anche interamente Dio. Lo amò e gli dà come un colpo d’ala:

«Ti manca una cosa: và, vendi ciò che hai, dallo ai poveri». Dona la ricchezza del cuore. «Avrai un tesoro in cielo». Non perdi nulla. Lo metti nella banca del Cielo. È come un assegno, un acconto che ti precede; è come una valuta inviata nella vera Patria dell’esilio; è come una rimessa degli emigranti; noi siamo in esilio. «Poi vieni e seguimi». Seguimi, nel significato di Marco al capitolo 3°, vuol dire stare con Gesù e diffondere il Vangelo. Seguire Gesù ha due significati: stare giorno e notte con lui, cioè amarlo; poi diffondere il Vangelo, evangelizzare.

Ma l’altro si fece triste a queste parole. Si chiude in se stesso. Preferì la ricchezza materiale alla ricchezza del cuore, alla ricchezza spirituale. Gesù gli aveva detto: Solo Dio è buono, non fermarti alle cose materiali, alle apparenze, a ciò che è umano; và all’Eterno. Invece il giovane si ferma a ciò che è umano. Se ne andò immalinconito perché possedeva molti beni. Quella malinconia, quella tristezza gli rimarrà incollata per tutta la vita.

Pietro chiederà poi dopo: «E noi che abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito?». E Gesù dirà: «Riceverete già il centuplo adesso, in case, padri, madri, sorelle e fratelli, campi». Cioè quell’amore che sarebbe rimasto circoscritto, limitato a quegli oggetti (case e campi), a quelle persone (padri, madri, fratelli, sorelle, figli) viene centuplicato.

Ogni volta che Gesù chiama a sé un’anima, fissa su di lei il suo sguardo e l’ama, le centuplica la capacità di amare. Ecco perché chi gli dice no, sente in sé calare una tristezza che gli rimane per tutta la vita.

MARIA DI BETANIA
Episodio antitetico e parallelo: la vera generosità, la vera ricchezza del cuore in Maria di Betania.

Una donna (sappiamo dal Vangelo di S. Giovanni che è Maria di Betania, la sorella di Marta) con una boccetta d’alabastro piena di nardo autentico molto costoso. Il nardo è un profumo, un profumo ricercatissimo: trecento denari; un denaro è la paga di un operaio specializzato al giorno, quindi fate il calcolo; trecento per quattro o cinque mila lire. Spezzò la boccetta, il flacone. Spezzare, cioè rompere il proprio io, la catena che ci lega in noi stessi. Gliela versò sul capo. Giovanni noterà invece "sui piedi", perché poi sottolineerà la lavanda dei piedi.

Alcuni però si indignarono dentro di sé: «A che pro questo sciupio di profumo?». Ecco, l’amore è prodigo. «Lo si sarebbe potuto vendere per più di trecento denari e darli ai poveri». Ritorna il motivo dei poveri. Gesù aveva chiesto che il giovane ricco donasse le sue ricchezze ai poveri. Il giovane si era rifiutato. Qui sono i discepoli che si lamentano perché quella donna ha sprecato, secondo loro, il profumo su Gesù, invece che darlo ai poveri. Gesù la difende:

«Lasciatela stare, perché le date noia? Ha compiuto su di me un’opera buona. I poveri, infatti, li avete sempre con voi, e quando lo vorrete potrete sempre far loro del bene; ma non sempre avete me». L’amore non guarda all’utilità del dono, guarda alla bellezza del dono.

«Ella ha fatto ciò che era in suo potere (ha donato la sua ricchezza del cuore). Per di più, ha anticipato l’unzione del mio corpo per la sepoltura». Si parlerà di lei dappertutto. Giovanni usa un’altra espressione: «La casa si riempì della fragranza di quel profumo». Che cosa ha fatto quella donna? Ha dato un esempio di spreco, di sciupio; eppure, come dice Gesù, ha fatto un’opera buona: «Ha compiuto su di me un’opera buona». È, per così dire, uno sciupio, uno spreco santo, uno spreco che nasce dalla ricchezza del cuore.

Sia nell’esempio del giovane ricco, come nell’episodio di Maria di Betania, Gesù sottolinea e fa rilevare la ricchezza del cuore. Per quelli invece che si aggrappano alle ricchezze materiali com’è difficile entrare nel Regno dei Cieli. Chiudono il loro cuore e lo incollano alle ricchezze materiali. Gesù aggiunge: ma tutto è possibile a Dio.

IL SANTO SPRECO
Maria di Betania rappresenta l’elemento estatico. L’estasi è l’adorazione dell’amore nel nostro rapporto con Dio. I discepoli invece rappresentano l’elemento razionale. Gesù la pensava diversamente dai discepoli che brontolavano. Fu uno a mettere tutto sottosopra: Giuda. Senza la ricchezza del cuore non può venire nulla di nobile. L’amore calcolatore non è vero amore.

La storia dell’umanità è la storia di uomini e di donne che si prodigarono senza risparmio e non temettero di farlo. Essi non ebbero paura di prodigarsi, di prodigare cose e persone al servizio di Gesù. Si comportano con la stessa prodigalità con cui si comporta Dio. «Dio ha tanto amato il mondo che ha donato il suo Figlio unigenito». Gesù è l’infinita prodigalità del Padre. Noi vediamo nella natura infinite stelle, soli, astri, pianeti disabitati. Perché questo sciupio? No, è prodigalità! Vediamo nella natura animale e vegetale milioni di germi sprecati, perché ne cresca uno solo. Sprecati? No, è prodigalità!

Gesù è l’infinita prodigalità del Padre. «Dio ha tanto amato il mondo, che ha domato il suo Figlio unigenito». Non c’è creatività divina o umana senza il santo spreco, senza questo sciupio santo che nasce dalla pienezza creativa dell’amore e che non chiede mai: a che serve? Sappiamo, e lo sappiamo bene, che la mancanza di amore nei primi anni della nostra vita, agisce sulla mente e su tutta la nostra esistenza, in senso distruttivo. Non si rimargina più quella ferita, cioè quella mancanza di amore nei primi anni. Ma sappiamo anche che la mancanza di occasioni per prodigarsi è ugualmente pericolosa. Gesù ci chiede di prodigarci, chiede a quel giovane ricco di dare via tutto, di venire da lui, prodigarsi. Il giovane si rifiuta, ma ne soffre. In molti individui c’è stato un tempo una pienezza di cuore, quando si sono consacrati al Signore; poi la legge, le convenzioni e un rigido autocontrollo hanno soffocato una tale pienezza del cuore. Noi si soffre non solo perché non si ha avuto amore, ma anche perché non ci è permesso di dare amore, di prodigarci. Chi non ce lo permette? Noi stessi. Gesù ci invita: «Dallo ai poveri». Attorno a noi ci sono anime poverissime che chiedono amore e noi non lo diamo; ci chiudiamo in noi stessi. Di qui l’inquietudine, la tristezza. Bisogna essere come Maria di Betania: spezzare la boccetta, il flacone di profumo prezioso. Non bisogna soffocare in noi o negli altri la pienezza del cuore, la prodigalità dell’abnegazione.

«Non estinguete lo Spirito - dice san Paolo - che trascende ogni ragione». Occorre tenersi sempre pronti per il momento creativo che può apparire in mezzo a ciò che poteva sembrare spreco. Non soffocate in voi stessi l’impulso a fare ciò che fece Maria di Betania. Gesù è dalla vostra parte. Notate che Gesù associa l’unzione del suo corpo, del suo capo e dei suoi piedi con la sua morte. C’è l’unzione dei re, quando salgono al trono; c’è l’unzione dei cadaveri, come estremo dono di amore dei vivi ai morti. Gesù parla di quest’ultima unzione. Avrebbe potuto benissimo parlare della prima. Così facendo Gesù trasforma l’estasi della donna e il brontolio dei discepoli in qualcos’altro: fa capire che lui è l’Unto per eccellenza, il Messia, il Cristo, e che la sua morte sarà lo spreco, lo sciupio di amore più grande che si possa immaginare.

La morte è la massima prova dell’amore, è la massima donazione di sé. «Non c’è più grande amore di chi dà la propria vita per i propri amici». Gesù sulla croce farà lo sciupio estremo di tutto se stesso. Ecco l’amore. L’amore si dona. L’amore non calcola.

IL LAGO GUARDA NEL CIELO
Pochi giorni fa, andai a visitare nel Convento delle Suore Sacramentine, Adoratrici del SS. Sacramento, una Figlia di Maria Ausiliatrice che è appena entrata in quel convento; è dell’ispettoria di Varese; si chiama Sr. Maria Grazia Chino. Quest’anno, finita la prova dei sei anni, non era stata ammessa alla professione perpetua, perché inadatta alla vita attiva. Venne alle grate e mi raccontò tutto; io ero a Varese a predicare gli Esercizi, quando avvenne il fatto della sua non ammissione alla professione perpetua. «Dopo la non ammissione - mi disse - andai in chiesa, vicino al Tabernacolo; aprii il Vangelo di San Giovanni, lessi l’episodio di Maria di Betania: "e la casa si riempì della fragranza di quel profumo". Avevo il cuore a pezzi. Che fare? Uscendo di chiesa però mi sentii l’animo sereno». Uscita di chiesa, incontrò chi l’indirizzò (visto che le si chiudevano le porte della vita religiosa tra le Figlie di Maria Ausiliatrice) al convento delle Adoratrici. Fu una rivelazione. «Appena arrivata qui (adesso è nei quindici giorni di prova) mi pareva di essere entrata nel paese dell’anima». Ha già passato una notte di adorazione insieme alla maestra delle novizie. (Hanno 4 novizie in quel piccolo convento, di cui una ex-allieva di Via Cumiana, nipote di Madre Ispettrice della Thailandia).

«Che cosa stupenda l’adorazione Eucaristica! - diceva Sr. Maria Grazia -. Tutta la notte! Sentivo le mie sorelle Figlie di Maria Ausiliatrice attorno al mio cuore». Mi parlò tanto di Madre Margherita, che l’aveva aiutata negli anni in cui era stata studente a Torino.

Il vero apostolato è adorazione dinanzi a Gesù.

Occorre sprecare se stessi. Mi venne in mente l’espressione usata da Solzgenistin, lo scrittore sovietico a cui è stato assegnato quest’anno il premio Nobel per la letteratura: «Le anime che si danno a Dio, sono come un lago alpino». Il lago, calmo e immobile, guarda nel cielo e il cielo guarda nel lago.Il mondo ha bisogno di spreco di amore, di sciupio di amore. E la creatura più adatta a donare amore è la donna. È lei che ha un amore che si dona. Maria, Madre di Gesù, fu l’adoratrice perfetta del Padre, della Trinità. Dice Gertrud von Le Fort: «L’ora del soccorso di Dio, è per essenza l’ora religiosa, è l’ora della donna».
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