G.A.M. Gioventù Ardente Mariana
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Capitolo II

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Messaggio Da tina Sab 26 Set 2009, 14:46

LE NOZZE DI CANA
«Non hanno più vino»
1Il terzo giorno ci furono nozze a Cana di Galilea. Era presente la madre di Gesù. 2Alle nozze fu invitato Gesù insieme con i suoi discepoli. 3E non c'era più vino, perché il vino delle nozze era finito. La madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». 4Gesù le rispose: «Che c'è fra me e te, o donna? La mia ora non è ancora venuta». 5Sua madre disse ai servi: «Fate tutto quello che egli vi dirà». 6C'erano lì sei giare di pietra, che servivano ai riti di abluzione dei Giudei, ciascuna della capacità di due o tre misure. 7Gesù disse ai servi: «Riempite d'acqua le giare». Le riempirono fino all'orlo. 8«Attingete adesso - disse loro Gesù - e portatene al capo del banchetto». Gliene portarono. 9Il capo del banchetto assaggiò l'acqua cambiata in vino; siccome non ne conosceva la provenienza, mentre invece lo sapevano bene i servi che avevano attinto l'acqua, il capo del banchetto chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti servono all'inizio il vino buono e quando la gente è brilla servono il meno buono. Tu invece hai tenuto in serbo il vino buono sino a questo momento». 11Questo fu il primo dei segni di Gesù. Gesù lo compì a Cana di Galilea. Manifestò la sua Gloria e i suoi discepoli credettero in lui. 12Dopo di ciò, scese a Cafarnao con sua madre e i suoi fratelli, ma vi rimase solo qualche giorno.

Fece una sferza di corde e li cacciò dal Tempio
13La Pasqua dei Giudei era vicina e Gesù salì a Gerusalemme. 14Trovò nel tempio i mercanti di buoi, di pecore e di colombi e i cambiavalute seduti ai loro tavoli. 15Gesù fece una sferza di corde e li cacciò via tutti dal Tempio, con le pecore e i buoi; buttò all'aria le monete dei cambiavalute, rovesciò i loro tavoli 16e disse ai venditori di colombi: «Portate via di qui questa roba. Basta col fare della casa del Padre mio una casa di commercio». 17I suoi discepoli si ricordarono allora di un'espressione della Scrittura: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». 18Allora i Giudei intervennero e gli dissero: «Che segno ci mostri per poter agire così?». 19Gesù rispose: «Distruggete questo Tempio; in tre giorni io lo farò risorgere». 20I Giudei gli obiettarono: «Ci sono voluti quarantasei anni per costruire questo Tempio e tu lo farai risorgere in tre giorni?». 21Ma Gesù intendeva parlare del tempio del suo corpo. 22Quando dunque Gesù risuscitò dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che egli aveva detto quelle parole e credettero alla Scrittura e a ciò che aveva detto Gesù.

Gesù non si fidava di loro
23Mentre Gesù era a Gerusalemme per la Pasqua, molti credettero nel suo nome, vedendo i segni che egli compiva. 24Ma Gesù non si fidava di loro, perché li conosceva tutti 25e non aveva bisogno di essere informato su alcuno; lui sapeva bene che cosa c'è nell'uomo.

*

* *

- Incomincia, con questo capitolo, una sezione del Vangelo di S. Giovanni in cui sono presentati i "segni" compiuti da Gesù e i discorsi che li esplicitano.

- Troviamo, successivamente, tre coppie di "segni", seguita ciascuna da un discorso:

* Il miracolo delle nozze di Cana (Gv 2, 1-12) e il segno del Tempio (cf. Gv 2, 13-22) seguito dal discorso a Nicodemo che lo esplicita (Gv 3, 1-21).

* Poi c'è un'altra coppia: la guarigione a Cana del figlio dell'ufficiale (Gv 4, 43-54), la guarigione del paralitico alla piscina di Betesda (Gv 5, 1-18) seguita dal discorso a Gerusalemme (Gv 5, 19-43).

* Infine, la moltiplicazione dei pani (Gv 6, 1-15); Gesù che cammina sul mare (Gv 6, 16-21) seguito dal discorso a Cafarnao (Gv 6, 22-59).

Gv 2, 1-3 Il terzo giorno ci furono nozze a Cana di Galilea. Era presente la madre di Gesù. Alle nozze fu invitato Gesù insieme con i suoi discepoli. E non c'era più vino, perché il vino delle nozze era finito. La madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino».

Il terzo giorno: giorno, nel significato ebraico, vuol dire epoca di tempo indeterminato, non alternanza di luce e di tenebre di 24 ore. Il terzo giorno è il giorno eterno… In quel giorno Gesù dirà: il mio giorno, e farà sua l'espressione dei Profeti: il giorno di Jahvè, il giorno di Dio.
Con questa espressione l'evangelista orienta già tutto verso il giorno della risurrezione.

Era presente la madre di Gesù. Qui inizia la vasta inclusione mariana; ossia tutto il Vangelo di S. Giovanni è chiuso fra due estremi mariani:
- Maria alle nozze di Cana;
- Maria sotto la Croce.
È importante che Giovanni non chiama mai la Madonna con il suo nome comune, Maria; dice sempre: «Madre di Gesù». Oppure: «Donna»; Maria è la vera donna. Tanto più la donna è santa, tanto più è donna.
Nel capitolo 19 ci saranno le stesse parole chiave, le quali fanno perno sulla stupenda parabola del capitolo 16… La donna sul punto di diventare madre è triste perché è venuta la sua ora. Ma poi questa tristezza sfocia nella gioia e nella felicità perché è venuto al mondo (al mondo eterno, al mondo divino) un uomo (cf. Gv 16, 21).
È strano che non si dica «un bimbo»; l'evangelista dice un uomo (nell'età adulta, nell'età perfetta del Cristo).

Alle nozze fu invitato Gesù insieme con i suoi Discepoli. Ecco la Chiesa: Gesù con i suoi Discepoli.

E non c'era più vino… Il vino nel linguaggio biblico significa amore. Gesù parlerà del vino nuovo e dirà con tristezza che chi è abituato al vino vecchio non gusta il vino nuovo che è molto, ma molto superiore. Il vino vecchio è buono, ma il vino nuovo è migliore; ciò fa capire la rottura fra l'Antica e la Nuova Alleanza.

Non hanno più vino; queste parole esprimono una caratteristica della Madonna: l'attenzione, che è il fiore della carità. È lei che per prima si accorge della mancanza di vino; perché? Perché è aperta, non è chiusa in se stessa; ha l'occhio aperto su tutti, perché è aperto su Dio… È lei, la donna per eccellenza, la più adoratrice, quella che sa anche più vedere e leggere i segni di Dio… E l'attenzione agli altri ci rende felici.
Subito dopo, si nota un'altra caratteristica della Madonna: l'umiltà. Dopo aver provocato l'intervento miracoloso di Gesù, Lei scompare. Scompare alla maniera, si può dire, di Giovanni Battista quando dirà: «Ecco la mia gioia, io sono l'amico dello Sposo, che gli è accanto e lo ascolta… Bisogna che Lui cresca e io diminuisca» (cf. Gv 3, 22-30). Cioè scompare nella gioia, umiltà che è gioia.

Gv 2, 4-5 Gesù le rispose: «Che c'è fra me e te, o donna? La mia ora non è ancora venuta». Sua madre disse ai servi: «Fate tutto quello che egli vi dirà».

Che c'è fra me e te, o donna? È una frase difficile da tradurre che ha tutto un sottofondo semitico di cui bisogna tener conto. Secondo l'opinione di qualche studioso vorrebbe dire: non c'è nessun contrasto tra me e te, andiamo perfettamente d'accordo, per cui la mia ora non è ancora venuta… Che ci possiamo fare?

La mia ora: è l'ora di Gesù per eccellenza, verso cui è orientata tutta la Sua vita: l'ora della morte e della risurrezione. Anche la nostra vita è orientata verso quell'ora della morte. Lo diciamo nell'Ave Maria, e chiediamo alla Madre di Gesù di starci vicino per quell'ora, culmine di tutta la nostra esistenza.
L'inflessione della voce di Gesù, il timbro, doveva essere tale che la Madonna intuì immediatamente che Gesù avrebbe ceduto; tanto che disse ai servi: Fate tutto quello che egli vi dirà. Il Padre Celeste nella trasfigurazione esprime la sua volontà: Ascoltatelo; ascoltate Gesù.
La Madonna, la Madre di Gesù, si esprime in altra maniera, ma è sempre la stessa cosa: Fate tutto quello che Egli vi dirà… Ascoltare, fare tutto quello che Gesù dice, mettere in pratica tutte le Sue parole, che poi si riassumono in un'unica parola: il comandamento dell'amore.

Gv 2, 6-8 C'erano lì sei giare di pietra, che servivano ai riti di abluzione dei Giudei, ciascuna della capacità di due o tre misure. Gesù disse ai servi: «Riempite d'acqua le giare». Le riempirono fino all'orlo. «Attingete adesso - disse loro Gesù - e portatene al capo del banchetto». Gliene portarono.

Gesù disse ai servi: «Riempite d'acqua le giare». Le riempirono fino all'orlo. C'è qui tutto il tema dell'acqua; e l'acqua via è lo Spirito Santo che si effonde in pienezza, in strapienezza.

Gv 2, 9-10 Il capo del banchetto assaggiò l'acqua cambiata in vino; siccome non ne conosceva la provenienza, mentre invece lo sapevano bene i servi che avevano attinto l'acqua, il capo del banchetto chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti servono all'inizio il vino buono e quando la gente è brilla servono il meno buono. Tu invece hai tenuto in serbo il vino buono sino a questo momento».

Il capo del banchetto assaggiò l'acqua cambiata in vino… non ne conosceva la provenienza: ecco il mistero, acqua cambiata in vino; questo segno orienta verso la risurrezione che sarà una trasfigurazione… Quindi, mistero soprattutto della risurrezione, mistero dell'Eucaristia, mistero di fede. Il discorso di Cafarnao lo metterà in rilievo.

Invece lo sapevano bene i servi che avevano attinto l'acqua: i servi, i servitori della Parola sono per eccellenza i discepoli; essi devono conoscere questo: la provenienza, l'origine di tutto è Dio.

Il capo del banchetto chiamò lo sposo: Gesù si identifica con lo Sposo per eccellenza.

Tutti servono all'inizio il vino buono e quando la gente è brilla servono il meno buono: questo era il pensiero giudaico; anche Gesù lo sottolinea quando dice: chi ha gustato il vino vecchio non vuole saperne del vino nuovo benché il vino nuovo sia migliore. Gesù però mette questa condizione: a vino nuovo, otri nuovi; cuore nuovo, recipienti nuovi. Bisogna convertirsi.

Hai tenuto in serbo…: è la disposizione di Dio, misteriosa, ma provvidenziale.

Gv 2, 11-12 Questo fu il primo dei segni di Gesù. Gesù lo compì a Cana di Galilea. Manifestò la sua Gloria e i suoi discepoli credettero in lui. Dopo di ciò, scese a Cafarnao con sua madre e i suoi fratelli, ma vi rimase solo qualche giorno.

Il primo dei segni di Gesù. San Giovanni non dice mai "miracoli"; li chiama "segni" perché sono l'indicazione di una realtà profonda; e ogni segno ha due risvolti: l'accoglienza che gli si dà, e la rivelazione che reca.
A Cana, per esempio, l'accoglienza è la Fede: i suoi discepoli credettero. La rivelazione che reca questo segno è il rinnovamento: tutto nuovo. Ecco un aspetto della risurrezione: cieli nuovi e terra nuova; creature nuove, abito nuovo, vino nuovo, sepolcro nuovo… Dio è il totalmente nuovo; noi saremo totalmente rinnovati, fino alle radici del nostro essere; avremo un nome nuovo.

Gesù lo compì a Cana di Galilea. Manifestò la sua Gloria: il verbo manifestare è un verbo di risurrezione.

Dopo di ciò… Questa espressione è tipica di S. Giovanni. Ogni evangelista ha il suo stile. Marco, che è un narratore più nervoso, usa sovente «e subito»; Matteo, più posato, dice «e allora»; Luca dice «e accadde», «e avvenne»: è più storico. Giovanni dice «dopo di ciò»: proietta sempre gli avvenimenti nel futuro.

Scese a Cafarnao con sua Madre e i suoi fratelli: ormai è stato dimostrato che l'espressione "fratelli" indica: parenti, familiari; già nell'uso aramaico, perché non esiste il termine corrispondente a cugino… Qui, poi, l'espressione ha un risvolto profondo: Gesù è il primogenito di una moltitudine di fratelli.
Quando Luca dice che «Maria dette alla luce il suo Primogenito» (cf Lc 2,7) ci fa capire che la sua maternità divina è maternità anche spirituale degli uomini: siamo la moltitudine dei fratelli di Gesù…

Gv 2,13 La Pasqua dei Giudei era vicina e Gesù salì a Gerusalemme.

La Pasqua era vicina: tutto è orientato verso il mistero pasquale.

…e Gesù salì verso Gerusalemme: il tema della salita a Gerusalemme ricorre frequentemente nei Vangeli, specialmente in quello di S. Luca, a significare l'orientamento totale di Gesù verso la Pasqua, il compimento della sua "ora". Gerusalemme inoltre (dall'ebraico Jerushalaim = città di pace, visione di pace) è il tipo della Gerusalemme celeste.

Gv 2,14 Trovò nel tempio i mercanti di buoi, di pecore e di colombi e i cambiavalute seduti ai loro tavoli.

Gli animali che si vendevano erano quelli che servivano per le offerte ed i sacrifici rituali; così pure, i cambiavalute cambiavano le monete correnti dell'impero romano con leghe di argento e oro puro da offrire nel Tempio (non si accettavano infatti monete con l'effigie dei dominatori romani). Ma questi servizi che dovevano servire per il culto del tempio erano stati trasformati in un affare, in un gioco di borsa.

Gv 2, 15-16 Gesù fece una sferza di corde e li cacciò via tutti dal Tempio, con le pecore e i buoi; buttò all'aria le monete dei cambiavalute, rovesciò i loro tavoli e disse ai venditori di colombi: «Portate via di qui questa roba. Basta col fare della casa del Padre mio una casa di commercio».

Basta col fare della casa del Padre mio una casa di commercio. Gesù chiama il Tempio «Casa del Padre»; nel discorso dell'ultima cena dirà che ci sono molte dimore nella casa del Padre (cf Gv 14,2); in aramaico vuol dire: incalcolabili, infinite dimore nella casa del Padre.
La Gerusalemme celeste è la Casa del Padre, quindi c'è tutto un clima familiare; mentre noi abbiamo la tendenza a profanarla, a farne una casa di commercio.
Se comprendiamo davvero il senso di questa espressione «Casa del Padre», ne deriva il desiderio di stare in chiesa, la predilezione per la chiesa: l'adorazione, la visita sono già il preludio della felicità eterna.

Gv 2,17 I suoi discepoli si ricordarono allora di un'espressione della Scrittura: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».

Questo riferimento all'Antico Testamento ha un duplice significato: mi condurrà alla morte; oppure: mi assorbirà totalmente.

Gv 2, 18-19 Allora i Giudei intervennero e gli dissero: «Che segno ci mostri per poter agire così?». Gesù rispose: «Distruggete questo Tempio; in tre giorni io lo farò risorgere».

Gesù è il costruttore, non il distruttore!

Gv 2, 20-21 I Giudei gli obiettarono: «Ci sono voluti quarantasei anni per costruire questo Tempio e tu lo farai risorgere in tre giorni?». Ma Gesù intendeva parlare del tempio del suo corpo.

Questa parola "corpo" tornerà di nuovo al cap. 19,38; il corpo di Gesù è il Tempio cosmico, il Cristo che invade tutto l'universo. Nella piccola Apocalisse di S. Matteo è detto che la venuta del Figlio dell'uomo, quando ritornerà alla fine dei tempi, sarà come la folgore, guizzante da un'estremità all'altra, da oriente a occidente (cf Mt 24,27); come la luce che invade tutto l'universo, così sarà del Cristo cosmico; e noi saremo assorbiti in questo tempio del suo Corpo, formeremo una unità in lui: che tutti siano uno… È una cosa inimmaginabile perché non abbiamo termini di riferimento adeguati nella nostra esperienza attuale.

Gv 2,22 Quando dunque Gesù risuscitò dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che egli aveva detto quelle parole e credettero alla Scrittura e a ciò che aveva detto Gesù.

Quando dunque Gesù risuscitò dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che egli aveva detto quelle parole: la luce della Pasqua fa capire tutto ciò che Gesù aveva fatto e insegnato. La risurrezione non è il punto finale del Vangelo, ma è come l'involucro che avvolge tutto il Vangelo.
Il Vangelo riposa sulla risurrezione, tutto parla di risurrezione; dovremmo sentire vibrare nel nostro cuore questa attesa di gioia per la risurrezione che è la divinizzazione, la gloria finale che attende ogni uomo reso partecipe della vita di Cristo.

Gv 2, 23-25 Mentre Gesù era a Gerusalemme per la Pasqua, molti credettero nel suo nome, vedendo i segni che egli compiva. Ma Gesù non si fidava di loro, perché li conosceva tutti e non aveva bisogno di essere informato su alcuno; lui sapeva bene che cosa c'è nell'uomo.

Gesù era a Gerusalemme per la Pasqua; Pasqua vuol dire "passaggio"; è il passaggio, dirà S. Giovanni, da questa vita all'altra, «da questo mondo al Padre» (Gv 13,1).

Gesù non si fidava di loro: il fatto di non fidarsi dice che la loro fede era molto incerta, era incipiente.

Li conosceva tutti: Gesù è totalmente uomo, ma è anche totalmente Dio. La conoscenza dei segreti del cuore umano (del mistero di tenebre che c'è in ogni uomo, tanto che nessuno arriva a sondare fino in fondo il proprio animo) secondo la concezione biblica è una prerogativa divina. In questo caso, la costatazione dell'evangelista rimanda implicitamente all'origine divina di Gesù.
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