G.A.M. Gioventù Ardente Mariana
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Messaggio Da tina Sab 26 Set 2009, 15:04

«IO SONO IL BUON PASTORE»
«Io sono il buon Pastore»
1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra per la porta nell’ovile delle pecore, ma vi penetra da qualche altra parte, è un ladro e un predone. 2Chi invece entra per la porta è il pastore delle pecore. 3Il custode gli apre e le pecore ascoltano la sua voce, ed egli chiama tutte le sue pecore e le mena fuori. 4Quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a loro e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. 5Non seguiranno invece un estraneo, ma lo fuggiranno, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa parabola, ma quelli non capirono che cosa volesse dir loro. 7Gesù, allora, riprese: «In verità, in verità io vi dico: io sono la Porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti sono ladri e predoni, ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la Porta. Chi entrerà per me sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro viene solo per rubare, sgozzare e distruggere; io sono venuto perché abbiano la Vita e l’abbiano in abbondanza. 11Io sono il buon Pastore. Il buon Pastore dà la vita per le pecore. 12Il mercenario, che non è pastore, a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde. 13Perché è mercenario, non gli importano le pecore. 14Io sono il buon Pastore, e conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15come il Padre conosce me e come io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore ancora che non sono di quest’ovile; anche quelle devo condurle; ascolteranno la mia voce e si farà un solo gregge e un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama, perché io do la mia vita per riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: la do da me. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre».
19Ci fu di nuovo dissenso fra i Giudei per queste parole. 20Molti di loro dicevano: «È un indemoniato: delira! Perché lo ascoltate?». 21Altri dicevano: «Queste parole non sono da indemoniato. Un demonio può forse aprire gli occhi ai ciechi?».

«Il Padre è in me e io nel Padre»
22Si celebrò allora a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d’inverno 23e Gesù passeggiava nel Tempio, sotto il portico di Salomone. 24I Giudei fecero circolo intorno a lui e gli dicevano: «Fino a quando terrai l’animo nostro sospeso? Se tu sei il Messia, diccelo chiaramente». 25Rispose loro Gesù: «Ve l’ho detto e voi non credete; le opere che faccio in nome del Padre mio testimoniano di me. 26Ma voi non credete perché non appartenete alle mie pecore. 27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco e mi seguono. 28Io do loro la Vita eterna e non periranno mai, e nessuno le strapperà alla mia mano. 29Il Padre mio che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può toglier nulla dalla mano del Padre. 30Io e il Padre siamo uno». 31Di nuovo i Giudei presero dei sassi per lapidarlo.
32Gesù rispose loro: «Molte buone opere vi ho mostrato, che vengono dal Padre mio; per quale di queste mi lapidate?». 33Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per la tua bestemmia e perché tu, che sei uomo, pretendi di essere Dio». 34Rispose loro Gesù: «Non è scritto nella vostra Legge: "Io dissi: siete dèi"? 35Se la Legge chiama dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio - e non si può distruggere la Scrittura - 36perché a me, che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, dite: "Tu bestemmi", quando ho detto: "Sono Figlio di Dio"? 37Se non faccio le opere del Padre mio, non credetemi. 38Ma se io le faccio, anche se non credete a me, credete alle mie opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre». 39Cercavano, dunque, di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì alle loro mani.

Molti vennero a lui
40Di nuovo Gesù se ne andò di là del Giordano nel luogo dove prima Giovanni stava a battezzare; e lì si fermò. 41Molti vennero a lui e dicevano: «Certo, Giovanni non ha fatto prodigi. 41Molti vennero a lui e dicevano: «Certo, Giovanni non ha fatto prodigi. 42Ma quanto ha detto di quest’uomo è vero». E molti credettero in lui.


*
* *

Gv 10,1-3 «In verità, in verità io vi dico: chi non entra per la porta nell’ovile delle pecore, ma vi penetra da qualche altra parte, è un ladro e un predone. Chi invece entra per la porta è il pastore delle pecore. Il custode gli apre e le pecore ascoltano la sua voce, ed egli chiama tutte le sue pecore e le mena fuori».

Prima il tema della luce; adesso Gesù passa alla parabola. Noi sappiamo che è in continuazione diretta con l’episodio precedente.

In verità, in verità io vi dico: Gesù fa precedere questa dichiarazione da una affermazione solenne: «Amen, amen», con certezza assoluta.

Chi non entra per la porta nell’ovile, nel recinto dove sono raccolte le pecore...

...è un ladro e un predone. Ladro per portar via, predone per assassinare.

Chi invece entra per la porta: Gesù. Poi dirà: «Io sono il buon pastore».

Il custode gli apre. I Farisei, i capi soprattutto, avrebbero dovuto essere custodi, ma non gli hanno aperto e allora saranno altri, saranno i discepoli di Gesù.

E le pecore ascoltano la sua voce: ecco la caratteristica del discepolo: ascoltare la sua voce, la sua parola.

Ed egli chiama tutte le sue pecore: le chiama per nome, dà il nome nuovo, quindi le conosce.
Il nome nuovo ci rende nuove creature. Veramente il nome è qualche cosa di delicatissimo, di tenero che avvolge una persona.
Non il cognome che noi ereditiamo dai nostri genitori. Il nome invece indica il frutto della tenerezza e dell’amore di babbo e mamma; quindi quando la Madonna ci darà il nome nuovo, quando Gesù ci darà il nome nuovo, noi verremo come tuffati nella tenerezza infinita, sconfinata di Dio. Il nome, nel significato ebraico, indica la persona, la realtà più profonda dell’essere.

E le mena fuori. Fuori da questa esistenza. Qui Gesù fa balenare la Risurrezione.

Gv 10,4-5 «Quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a loro e le pecore lo seguono, perché conoscono la
sua voce. Non seguiranno invece un estraneo, ma lo fuggiranno, perché non conoscono la voce degli estranei».

Quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a loro e le pecore lo seguono. Questa immagine è ripresa nell’Apocalisse. I vergini seguono l’Agnello ovunque vada, vestiti di bianco e cantano un canto che nessun altro può cantare (cf. Ap 14,1-5).

Perché conoscono la sua voce. Prima ha detto: «ascoltano la sua voce...». Adesso: «conoscono...». C’è da parte loro un approfondimento della sua parola.

Non seguiranno invece un estraneo, ma lo fuggiranno, perché non conoscono la voce degli estranei. Da quanto dice Gesù si può ricavare una legge che è questa: quando noi cerchiamo le creature come creature, le creature ci scappano via perché non conoscono la voce degli estranei; quando noi cerchiamo Dio, le creature ci assediano.

Gv 10,6-10 Gesù disse loro questa parabola, ma quelli non capirono che cosa volesse dir loro. Gesù, allora, riprese:
«In verità, in verità io vi dico:
io sono la Porta delle pecore.
Tutti coloro che sono venuti
sono ladri e predoni,
ma le pecore non li hanno ascoltati.
Io sono la Porta.
Chi entrerà per me sarà salvo;
entrerà e uscirà
e troverà pascolo.
Il ladro viene
solo per rubare, sgozzare e distruggere;
io sono venuto perché abbiano la Vita
e l’abbiano in abbondanza».

Gesù disse loro questa parabola: a questi capi, Farisei, Giudei.

Gesù, allora, riprese: «In verità, in verità io vi dico: io sono la Porta delle pecore...». Qui se dovessimo fare l’analisi letteraria vedremmo quante piccole inclusioni ci sono! Ogni brano del Vangelo è suscettibile di almeno 13 o 14 letture diverse. Noi ci limitiamo alla prima lettura.

Io sono la Porta delle pecore... È il luogo dove passa il Pastore per arrivare alle pecore. Nel significato biblico le pecore sono i poveri del Signore. Per arrivare ai poveri bisogna passare attraverso Gesù. Diversamente non ci si arriva; diversamente c’è un’avventura sociologica che stanca subito. Invece per amare veramente le pecore, i poveri di Jahvè, gli umili, bisogna passare attraverso Gesù.

Tutti coloro che sono venuti sono ladri e predoni, ma le pecore non li hanno ascoltati. Tutti coloro che sono venuti, come i Farisei, non passando per Gesù, sono ladri e predoni.

Io sono la Porta. Prima è la Porta dove passa il pastore; adesso è la Porta per cui passano le pecore...

Chi entrerà per me: sono le pecore;

...sarà salvo. Dio lo salverà; passivo divino.

Entrerà e uscirà... I due estremi nel linguaggio biblico indicano totalità. Per esempio anche nella Genesi si parla dell’albero della conoscenza del bene e del male, gli estremi, per indicare la conoscenza di ogni cosa (cf. Gn 2,17)... «Tu Signore mi vedi quando mi alzo e mi siedo» (cf. Salmo 138), cioè in ogni movimento... I due estremi indicano totalità.

... e troverà pascolo. Qui c’è l’eco del Salmo bellissimo del Pastore (Salmo 22).

Io sono venuto perché abbiano la Vita e l’abbiano in abbondanza. Qui si sente il dono straripante di Gesù: la Vita divina.

Gv 10,11-13 «Io sono il buon Pastore.
Il buon Pastore dà la vita per le pecore.
Il mercenario, che non è pastore,
a cui non appartengono le pecore,
vede venire il lupo,
abbandona le pecore e fugge
e il lupo le rapisce e le disperde.
Perché è mercenario,
non gli importano le pecore».

Io sono il buon Pastore! Nel testo greco è il «bel» Pastore, il Pastore affascinante, ed effettivamente Gesù ha un fascino irresistibile: bellezza e bontà si identificano; Gesù attira in una maniera immensa.

Il buon Pastore dà la vita per le pecore. Sono frasi che sono dense di bagliori di luce. Sono venuto a dare la Vita in abbondanza... Adesso dà la vita, si sacrifica, con l’annuncio della sua morte, e la morte è il massimo dell’amore.

Il mercenario, che non è pastore, a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, il demonio, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce... Gesù dirà: «Le mie pecore nessuno me le potrà rapire, nessuno le potrà strappare dalla mia mano» (cf. Gv 10,28).

... e le disperde. La dispersione è il peccato. Il peccato disperde. Gesù è venuto per unire in unità i figli di Dio che erano dispersi dal peccato (cf. Gv 11,52). Distruggendo il peccato fa di nuovo l’unità.

Gv 10,14-16 «Io sono il buon Pastore,
e conosco le mie pecore
e le mie pecore conoscono me,
come il Padre conosce me
e come io conosco il Padre,
e do la mia vita per le pecore.
E ho altre pecore ancora
che non sono di quest’ovile;
anche quelle devo condurle;
ascolteranno la mia voce
e si farà un solo gregge
e un solo pastore».

Io sono il buon Pastore, e conosco le mie pecore... Conoscere nel significato biblico vuol dire amare.

E le mie pecore conoscono me; un rapporto vicendevole di amore e di conoscenza.

Come il Padre conosce me: a somiglianza del Padre che conosce me:

...e come io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore: le conosco talmente che mi sacrifico: il massimo dell’amore è dare la vita per la persona amata.

E ho altre pecore ancora che non sono di quest’ovile; anche quelle devo condurle; ascolteranno la mia voce... Quel devo è la volontà del Padre.
Quando ascolteranno la mia voce? È il momento della morte. quando tutti incontrano il Cristo Risorto. È l’ultima decisione che i tedeschi chiamano: «Die letzte Entscheidung». È la decisione finale della morte in base a tutta la vita precedente.
Allora ogni uomo vedrà la Salvezza di Dio; «la Luce che illumina ogni uomo» (cf. Gv 1,9). La Salvezza di Dio è Gesù. Vedrà Gesù.
E si farà un solo gregge e un solo pastore: l’unità. «Che tutti siano uno» (cf. Gv 17,21). L’unità è la perfezione dell’amore... Quando l’amore diventa incandescente, diventa totale, si fonde con la persona amata. Ecco l’unità: «Filippo, chi vede me, vede il Padre mio» (cf. Gv 14,9). «Io e il Padre siamo uno» (cf. Gv 10,30); e noi a somiglianza del Padre saremo uno. E questa unità la fa lo Spirito Santo che è amore (cf. Ef 2, 17 e 22).

Gv 10,17-18 «Per questo il Padre mi ama,
perché io do la mia vita
per riprenderla di nuovo.
Nessuno me la toglie:
la do da me.
Ho il potere di darla
e il potere di riprenderla.
Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre».

Per questo il Padre mi ama, perché io do la mia vita per riprenderla di nuovo. Qui fa balenare la Risurrezione.

Nessuno me la toglie: la do da me. Volontariamente la dà. Quindi è un amore libero, ma nello stesso tempo obbediente.

«È il comando che ho ricevuto dal Padre». Dice: «Ho il potere di darla e il potere di riprenderla». Mette in luce la sua divinità, la sua totale libertà; ma mostra anche la sua totale obbedienza. In Gesù si arriva a questo: che l’obbedienza rende liberi.

Gv 10,19-21 Ci fu di nuovo dissenso fra i Giudei per queste parole. Molti di loro dicevano: «È un indemoniato: delira! Perché lo ascoltate?». Altri dicevano: «Queste parole non sono da indemoniato. Un demonio può forse aprire gli occhi ai ciechi?».

Le parole impressionano, ma c’erano anche i segni.

Gv 10,22-27 Si celebrò allora a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d’inverno e Gesù passeggiava nel Tempio, sotto il portico di Salomone. I Giudei fecero circolo intorno a lui e gli dicevano: «Fino a quando terrai l’animo nostro sospeso? Se tu sei il Messia, diccelo chiaramente». Rispose loro Gesù:
«Ve l’ho detto e voi non credete;
le opere che faccio in nome del Padre mio
testimoniano di me.
Ma voi non credete
perché non appartenete alle mie pecore.
Le mie pecore ascoltano la mia voce
e io le conosco e mi seguono».

Gesù si era definito: «Uno che è di più di Salomone» (cf. Mt 12,42). Perché passeggiava sotto il portico di Salomone? Perché c’era un muro alto che difendeva dal vento freddo e quindi si poteva passeggiare.

I Giudei fecero circolo intorno a lui e gli dicevano: «Fino a quando terrai l’animo nostro sospeso?». Ci tieni nell’imbarazzo, nell’incertezza...

Se tu sei il Messia, ecco la prima domanda, diccelo chiaramente: «Sei tu il Cristo?».

Rispose loro Gesù: «Ve l’ho detto e voi non credete; le opere che faccio in nome del Padre mio testimoniano di me». Le opere, Giovanni le chiamerà segni; Gesù invece le chiama opere. Le fa in nome del Padre perché è il Padre che opera in lui.

Ma voi non credete perché non appartenete alle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce... Invece l’incredulo ascolta se stesso, non ascolta la Parola di Gesù.

E io le conosco e mi seguono: vengono con me.

Gv 10,28-30 «Io do loro la Vita eterna
e non periranno mai,
e nessuno le strapperà alla mia mano.
Il Padre mio che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può toglier nulla dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo uno».

Io do loro la Vita eterna...: è una promessa preziosa: la Vita divina.

...e non periranno mai. Perire vuol dire subire la morte, la dannazione eterna.

E nessuno le strapperà alla mia mano. Nessuno! Nell’ebraico, mano ha due vocaboli: kaf, palma della mano; e yad, la mano propriamente detta. La mano chiusa si esprime con il duale hofnàyim, cioè «pugni»... Nessuno le strapperà alla mia mano.
Guardate il bimbo quando stringe il pugno come tiene stretto ciò che ha afferrato! Questo chiudere nella mano è l’espressione più profonda dell’amore. C’è questa possibilità: che la pecora, l’anima, salti fuori dalla mano.

Il Padre mio che me le ha date... Questo è un pensiero che ritornerà nella Preghiera Sacerdotale (cf. Gv 17,6). Noi siamo un dono del Padre a Gesù, cioè un dono di Dio a Dio, quindi si deve avere un valore immenso per poter essere un dono.

...è più grande di tutti. Gesù dirà: «Il Padre è più grande di me» (cf. Gv 14,28). Certo, allora Gesù non era glorificato, era passibile e la sua gloria era velata. In questo senso era in uno stato di inferiorità rispetto al Padre. Ma Padre e Figlio sono uguali. Il Padre è all’origine di tutto, per questo «è più grande di tutti».

E nessuno può toglier nulla dalla mano del Padre. Prima ha detto: «dalla mia mano», adesso collega i due pensieri: «Io e il Padre siamo uno» (cf. anche Gv 14,9-10.20).

Gv 10,31-33 Di nuovo i Giudei presero dei sassi per lapidarlo. Gesù rispose loro: «Molte buone opere vi ho mostrato, che vengono dal Padre mio; per quale di queste mi lapidate?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per la tua bestemmia e perché tu, che sei uomo, pretendi di essere Dio».

Ecco il secondo interrogativo. Di fronte al mistero, si aggrappano alla ragione... Come mai pretendi di essere Dio?

Gv 10,34-39 Rispose loro Gesù:
«Non è scritto nella vostra Legge:
"Io dissi: siete dèi"?
Se la Legge chiama dèi
coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio
- e non si può distruggere la Scrittura -
perché a me, che il Padre ha consacrato
e mandato nel mondo,
dite: "Tu bestemmi",
quando ho detto: "Sono figlio di Dio?".
Se non faccio le opere del Padre mio,
non credetemi.
Ma se io le faccio,
anche se non credete a me,
credete alle mie opere,
perché sappiate e conosciate
che il Padre è in me e io nel Padre».
Cercavano, dunque, di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì alle loro mani.

Io dissi: è il Signore che dice.

«Siete dèi», cioè la Parola di Dio chiama dèi

coloro ai quali fu rivolta...

e non si può distruggere la Scrittura. La Scrittura è intangibile, intoccabile. Dunque la Parola di Dio divinizza, ha questo potere meraviglioso. È infatti Gesù la Parola.

Perché a me, che il Padre ha consacrato, o santificato e mandato nel mondo, dite: «Tu bestemmi», quando ho detto: «Sono figlio di Dio»?
Gesù è l’Inviato del Padre. Essere santo, essere consacrato per il Figlio, per Gesù, significa compiere l’opera del Padre, quindi glorificare il Padre. L’opera del Padre è l’annuncio, la trasmissione delle sue parole ai fratelli, l’annuncio del Vangelo, la Salvezza di Dio.

Anche se non credete a me, credete alle mie opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre. Gesù fa conoscere e sapere che il Padre è in lui e lui è nel Padre. «Io e il Padre siamo uno» (v. 30). Il Mistero Trinitario come sfavilla continuamente nelle parole di Gesù! L’essere del Padre nel Figlio si chiama Spirito Santo. Gesù parlerà dello Spirito Santo nell’Ultima Cena in una maniera ineguagliabile.

Cercavano, dunque, di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì alle loro mani. Dopo l’affermazione della sua divinità, Gesù cala nel silenzio, nel nascondimento, sfugge.

Gv 10,40-42 Di nuovo Gesù se ne andò di là del Giordano nel luogo dove prima Giovanni stava a battezzare; e lì si fermò. Molti vennero a lui e dicevano: «Certo, Giovanni non ha fatto prodigi. Ma quanto ha detto di quest’uomo è vero». E molti credettero in lui.

Gesù va a rifarsi ai luoghi dell’inizio, ai ricordi del primo tempo, il tempo più bello. Sono le cosiddette ore verginali, le ore delle primizie, le ore prime, le ore dell’inizio. Il tempo dell’incontro con Gesù... e si riprende animo. L’anima si ricarica di luce nuova. C’è bisogno, si sente l’esigenza di ritornare alle sorgenti.

Molti vennero a lui e dicevano: «Certo, Giovanni non ha fatto prodigi. Ma quanto ha detto di quest’uomo è vero». E molti credettero in lui. Ma era ancora una fede oscillante, incipiente. Gesù vuole di più.
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