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Capitolo I
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Capitolo I
IL VERBO SI È FATTO CARNE
E il Verbo si è fatto carne
1In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio,
e il Verbo era Dio.
2Egli era in principio presso Dio.
3Tutte le cose furono fatte per mezzo di lui,
e senza di lui non fu fatto nulla.
4Di ogni essere egli era la Vita
e la Vita era la Luce degli uomini:
5e la Luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l'hanno accolta.
6Venne un uomo mandato da Dio.
Il suo nome era Giovanni.
7Venne come testimone,
per dare testimonianza alla Luce,
così che tutti credessero per mezzo di lui.
8Egli non era la Luce,
ma il testimone della Luce.
9Il Verbo era la Luce vera,
che illumina ogni uomo;
egli veniva nel mondo.
10Era nel mondo,
e il mondo fu ratto per mezzo di lui,
ma il mondo non io riconobbe.
11Venne in casa sua
e i suoi non lo accolsero.
12Ma a quelli che lo accolsero
dette il potere di diventare figli di Dio,
a quelli che credono nel suo nome,
13lui che né sangue,
né volere di carne,
né volere di uomo,
ma Dio ha generato.
14E il Verbo si è fatto carne,
e dimorò fra noi,
e noi abbiamo contemplato la sua Gloria,
Gloria che come Figlio unigenito egli ha dal Padre,
pieno di Grazia e di Verità.
15Giovanni gli dà testimonianza e annuncia:
«Questi è colui di cui dicevo:
Colui che viene dopo di me
è passato davanti a me,
perché era prima di me».
16Sì, dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto
grazia su grazia.
17Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè;
la Grazia e la Verità ci sono venute per mezzo di Gesù Cristo.
18Nessuno ha mai visto Dio;
il Figlio unigenito,
che è nel seno del Padre,
lui ce lo ha fatto conoscere.
«In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete»
19Ecco quale fu la testimonianza di Giovanni quando i Giudei mandarono da Gerusalemme dei sacerdoti e dei leviti per domandargli: «Chi sei tu?». 20Egli confessò e non negò. Dichiarò: «Io non sono il Cristo». Gli domandarono: 21«E allora? Sei tu Elia?». Rispose: «Non lo sono». «Sei tu il Profeta?». Rispose: «No». 22Gli chiesero: «Chi sei tu, perché noi possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno inviato? Che cosa dici dite stesso?». 23Rispose: «Io sono
una voce che grida nel deserto:
Spianate la strada del Signore,
come disse il profeta Isaia».
24Erano stati inviati dai Farisei. 25Gli posero ancora questa domanda: «Perché dunque battezzi se non sei né il Cristo, né Elia, né il Profeta?». 26Giovanni rispose loro. «Io battezzo nell'acqua. Ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete: 27uno che viene dopo di me, a cui io non son degno di sciogliere le stringhe dei sandali». 28Questo avvenne a Betania al di là del Giordano dove Giovanni stava battezzando.
29L'indomani, vedendo Gesù che veniva a lui, disse: «Ecco l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. 30Di lui ho detto: Viene dopo di me un uomo che è passato davanti a me perché era prima di me. 31E io non lo conoscevo; ma io sono venuto a battezzare nell'acqua appunto perché egli fosse manifestato a Israele». 32E Giovanni dichiarò: «Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. 33E io non lo conoscevo, ma colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi aveva detto: "Quello su cui vedrai lo Spirito scendere e posare, battezza nello Spirito Santo". 34Io l'ho visto e attesto che è lui il Figlio di Dio, l'Eletto».
«Rabbi, dove abiti?»
35L'indomani, Giovanni stava ancora lì con due suoi discepoli. 36Fissando gli occhi su Gesù che passava disse: «Ecco l'Agnello di Dio». 37I due discepoli, udendolo parlare così, seguirono Gesù. 38Gesù si volse e vide che lo seguivano. Chiese: «Che cosa volete?». Gli risposero: «Rabbi, - questa parola significa "Maestro" - dove abiti?». 39«Venite a vedere», disse loro Gesù. Andarono dunque a vedere dove abitava e rimasero con lui quel giorno. Era circa l'ora decima (le quattro del pomeriggio).
40Andrea, fratello di Simone Pietro, era uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e avevano seguito Gesù. 41Incontrò all'inizio del giorno suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» (che vuoi dire il Cristo). 42Lo condusse da Gesù. Gesù lo fissò e gli disse: «Tu sei Simone, figlio di Giovanni; tu ti chiamerai Cefa» (che vuol dire Pietro).
43L'indomani, Gesù si decise a partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: «Seguimi». 44Filippo era di Betsaida, la città di Andrea e di Pietro.
45Filippo incontrò Natanaele e gli disse: «Colui di cui è scritto nella Legge di Mosè e nei Profeti, noi l'abbiamo trovato. E Gesù, il figlio di Giuseppe, da Nazaret». 46Gli rispose Natanaele: «Da Nazaret può venire qualcosa di buono?». Gli disse Filippo: «Vieni a vedere». 47Gesù vide venire a sé Natanaele e disse di lui: «Ecco un vero israelita, un uomo in cui non c'è finzione». 48Gli disse Natanaele: «Come fai a conoscermi?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, ti ho visto quand'eri sotto il fico». 49Natanaele gli rispose: «Rabbi, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il Re d'Israele». 50Gesù replicò: «Perché ti ho detto che ti ho visto sotto il fico, tu credi? Vedrai di meglio ancora». 51E gli disse: «In verità, in verità io ti dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo».
Prologo (Gv 1, 1-18)
Gv 1, 1-5 In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio,
e il Verbo era Dio.
Egli era in principio presso Dio.
Tutte le cose furono fatte per mezzo di lui,
e senza di lui non fu fatto nulla.
Di ogni essere egli era la Vita
e la Vita era la Luce degli uomini;
e la Luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l'hanno accolta.
Il prologo è una solenne professione di fede nella gloria del Verbo (= parola-pensiero di Dio) e S. Giovanni lo inizia con una frase abissale:
In principio era il Verbo; al di là di tutti gli annunci, prima di tutti gli annunci, esisteva la PAROLA. Il Verbo non ha inizio; egli è da tutta l'eternità.
E il Verbo era presso Dio: nel testo greco, il nome Dio preceduto dall'articolo indica il Padre; inoltre l'espressione greca, letteralmente significa rivolto verso Dio. Ecco l'atteggiamento del Verbo: è rivolto continuamente verso il Sole che è il Padre celeste, nell'estasi dell'amore, in uno slancio di adorazione; in ascolto del Padre, con lo sguardo rivolto a lui: «La mia dottrina non è mia; ma di Colui che mi ha mandato» (Gv 7,16); «Tutto ciò che ho appreso dal Padre mio, ve l'ho fatto conoscere» (Gv 15,15).
L'atteggiamento del Figlio è lo stesso che egli indicherà a Maria di Betania (cf Lc 10, 39-42): in ascolto.
E dev'essere anche l'atteggiamento tipico dei giovani Sabra: essere seduti ai piedi di Gesù, in ascolto della sua Parola.
E il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: la prima frase esprime in modo esplicito e diretto il mistero della divinità del Verbo; ma il fatto di ripetere, subito dopo, che il medesimo Verbo era presso Dio, implica una distinzione tra il Verbo e il Padre: sono due "persone" distinte.
Tutte le cose furono fatte per mezzo di lui, e senza di lui non fu fatto nulla: il Verbo è il mediatore della creazione: la Parola divina, efficacissima, che ha creato tutto; per mezzo di lui, Dio-Padre comunica l'essere e la vita ad ogni creatura (dall'infinitamente piccolo, all'infinitamente grande).
Di ogni essere egli era la Vita: la Vita, per Giovanni è la Vita divina, di cui ogni altra vita non è che una meravigliosa scintilla.
…e la Vita era la Luce degli uomini. La Luce equivale all'Amore; Dio è Luce perché è Amore; «in lui non c'è tenebra» (cf. Gv 1, 5).
Come il Padre è Luce, così anche il Verbo è Luce, riflesso dello splendore del Padre (cf. Eb 1, 3).
E la Luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno accolta. La Luce di Dio, il Suo Amore, si sono manifestati agli uomini nell'umanità del Verbo, nei suoi insegnamenti e nelle sue opere; ma gli uomini non hanno avuto occhi per la Luce: ecco il mistero... Come l'occhio malato rimane ferito da ogni luce e perciò respinge la luce, cosi l'occhio del cuore umano non è capace di accogliere la Luce divina. Perché abbiamo in noi luce e tenebre: il peccato è la nostra tenebra... E sono tenebre che si rinnovano ogni giorno come banchi di nebbia; perciò ogni giorno deve fare irruzione la Luce, per dissiparle.
Gv 1, 6-8 Venne un uomo mandato da Dio.
Il suo nome era Giovanni.
Venne come testimone,
per dare testimonianza alla Luce,
così che tutti credessero per mezzo di lui.
Egli non era la Luce,
ma il testimone della Luce.
Un uomo mandato da Dio. Il suo nome era Giovanni. Il precursore del Messia, che i sinottici chiamano "il Battezzatore" (Battista), dall'autore del quarto Vangelo è chiamato solo e sempre Giovanni; poiché l'evangelista tace costantemente il proprio nome, la confusione tra i due personaggi omonimi (Giovanni il Battezzatore e Giovanni apostolo) non è possibile.
Giovanni vuol dire: «Dio ha fatto grazia».
Egli è definito in modo specifico come il testimone della luce: «era la lampada che arde e che splende» (Gv 5, 35); arde di luce interiore, splende di luce esteriore per dare testimonianza. Dare testimonianza è un'espressione che piace moltissimo all'evangelista.
Testimoniare la Luce vuoi dire: annunciare la Parola di Dio; annunciare, insegnare la verità. È la missione del testimone, perché gli uomini credano.
La testimonianza del Battista, di fatto, aveva suscitato un vasto movimento di preparazione all'annuncio del Vangelo di Gesù; è quanto viene sottolineato nell'espressione: egli non era la Luce, ma il testimone della Luce.
Gv 1, 9-11 Il Verbo era la Luce vera,
che illumina ogni uomo;
egli veniva nel mondo.
Era nel mondo,
e il mondo fu ratto per mezzo di lui,
ma il mondo non io riconobbe.
Venne in casa sua e i suoi non lo accolsero.
La Luce vera: è la Parola di Dio, l'unica veramente illuminatrice (quella di Giovanni era una testimonianza, una preparazione).
Veniva nel mondo. Era nel mondo: sono frasi che esprimono il mistero dell'Incarnazione.
Nei versetti successivi si riafferma ciò che era già stato detto prima: il Verbo di Dio è respinto. È la tragedia spaventosa che continua nel tempo, ad opera di coloro che rifiutano il Figlio di Dio fatto uomo.
Gv 1, 12 Ma a quelli che lo accolsero
dette il potere di diventare figli di Dio,
a quelli che credono nel suo nome.
...figli di Dio, cioè: figli della Luce; gli uomini, se credono alla Luce diventano figli della Luce, cioè una trasparenza della Luce divina nella loro vita e nelle loro opere, una rivelazione dell'amore di Dio.
Gv 1, 13 Lui che né sangue,
né volere di carne,
né volere di uomo,
ma Dio ha generato.
In queste parole è adombrato e abbastanza ben espresso il mistero della nascita verginale di Gesù; quello che esprimiamo nel "Credo", dicendo: «per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria».
Gv 1, 14 E il Verbo si è fatto carne,
e dimorò fra noi,
e noi abbiamo contemplato la sua Gloria,
Gloria che come Figlio unigenito egli ha dal Padre,
pieno di Grazia e di Verità.
Il Verbo si è fatto carne: è l'espressione centrale del prologo: in essa sono accostati i due estremi: il Verbo-Parola che è Dio, il trascendente, l'infinito e l'inaccessibile, di natura essenzialmente spirituale; la carne che, nel linguaggio di S. Giovanni, indica la creatura umana nella sua fragilità, debolezza, povertà estrema.
Dimorò fra noi: letteralmente, il testo greco significa piantò la tenda in mezzo a noi; e l'espressione «piantare la tenda» è caratteristica nell'Antico Testamento per indicare la presenza di Dio, la sua abitazione fra gli uomini nel Tempio e nella Tenda dell'alleanza, dove la "nube" indicava e adombrava la gloria di Dio presente (la shekinàh). Nella "carne" assunta dal Verbo, si realizza la presenza reale, tangibile, di cui la Tenda, il Tempio e la Nube non erano che il segno e la prefigurazione profetica.
Per noi, oggi, la massima concentrazione di questa presenza di Dio si trova nell'Eucaristia: siamo un popolo in cammino; abbiamo bisogno di questa tenda, di questa presenza di Dio che si fa compagno del nostro cammino.
La sua Gloria: la Gloria è connessa con la Luce, di cui è un irraggiamento; essa è la manifestazione sensibile della presenza di Dio, della sua santità.
S. Giovanni precisa la natura di questa gloria: è la gloria del Figlio unigenito del Padre; dietro l'umiltà dell'incarnazione e il velo della "carne", il discepolo ha saputo vedere e riconoscere la realtà del «Dio-con-noi».
Pieno di Grazia e di Verità: sono riunite in quest'espressione una parola greca (grazia) e una ebraica (verità).
Grazia esprime il fascino, la bellezza della Vita divina di cui il Verbo è in possesso; e, nel medesimo tempo, il compiacimento di cui è oggetto da parte del Padre.
Verità: è la parola ebraica (Amen) che Gesù fa precedere sempre alle sue affermazioni le quali sono parole di verità.
Gv 1, 15 Giovanni gli dà testimonianza e annuncia:
«Questi è colui di cui dicevo:
Colui che viene dopo di me
è passato davanti a me,
perché era prima di me».
Riprende il tema della testimonianza resa da Giovanni, con la parola e con la vita.
Gv 1, 16-17 Sì, dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè;
la Grazia e la Verità ci sono venute
per mezzo di Gesù Cristo.
La pienezza del Verbo è pienezza di vita divina (cf. Col 2, 9), traboccante, inesauribile; essa si comunica a noi in una catena ininterrotta di grazie, di benefici e predilezioni da parte di Dio, per mezzo di Gesù Cristo.
La Legge: è termine usato per indicare tutto l'Antico Testamento e la parola rivelata in esso contenuta.
La rivelazione data al popolo di Dio attraverso Mosè e progressivamente approfondita dagli altri profeti e autori ispirati, viene compiuta e ricapitolata nella Grazia e nella Verità che ci sono venute per mezzo di Gesù Cristo, Parola di Dio incarnato.
Gesù Cristo: questo binomio verrà usato ancora una volta da S. Giovanni nella preghiera sacerdotale (cf. 17, 3).
Gesù è il nome umile, di ogni giorno, con cui tutti lo chiamavano e lo conoscevano. Cristo (= Messia) è il nome che esprime la sua missione nella storia della salvezza.
Gv 1, 18 Nessuno ha mai visto Dio;
il Figlio unigenito,
che è nel seno del Padre,
lui ce lo ha fatto conoscere.
Nessuno ha mai visto Dio. Vedere Dio è il sogno, l'aspirazione incessante del cuore umano; la troviamo già espressa nei salmi dell'Antico Testamento (cf. Sal 41,3; 15,11; 66,2). Ma nessuno, quaggiù, può contemplare senza velo il volto santo di Dio; alla sua presenza Mosè ed Elia si coprirono il volto (cf. Es 3,6; 1 Re 19,13).
Il Figlio... ce lo ha fatto conoscere; letteralmente il testo greco dice: il Figlio unigenito si è fatto per noi l'esegeta del Padre, ossia: ci ha trasmesso in modo perfetto la Parola e la dottrina del Padre (cf. Gv 7, 16-17; 17,; ci ha rivelato il suo amore (cf. Gv 3,16); ci ha fatto conoscere la sua volontà (cf. Gv 6, 29.38-40); nei tratti del suo volto ci ha fatto vedere il Padre: chi ha visto Lui ha visto il Padre, perché Lui e il Padre sono una cosa sola (cf. Gv 14, 9-10; 10,30).
Gv 1, 19-21 Ecco quale fu la testimonianza di Giovanni quando i Giudei mandarono da Gerusalemme dei sacerdoti e dei leviti per domandargli: «Chi sei tu?». Egli confessò e non negò. Dichiarò: «Io non sono il Cristo». Gli domandarono: «E allora? Sei tu Elia?». Rispose: «Non lo sono». «Sei tu il Profeta?». Rispose: «No».
…la testimonianza di Giovanni: il testimone impegna la propria vita in quello che annuncia; è un annunciatore.
Giudei: nel Vangelo di S. Giovanni il termine viene riferito alle autorità ebraiche ostili a Gesù e sempre in disputa contro di lui.
Egli confessò e non negò: un medesimo concetto espresso in forma semitica per indicare un modo di parlare limpido e sincero.
Il Battista poteva approfittare del momento come avevano fatto altri; era sulla cresta dell'onda, avrebbe potuto dichiarare di essere il Messia (= Cristo); invece dichiara subito: non sono il Cristo.
Sei Elia?... Elia era considerato il più grande dei profeti e, secondo la tradizione, avrebbe dovuto tornare come precursore del Messia.
Sei il Profeta? Qui si tratta del "Profeta" di cui aveva parlato Mosè (cf. Dt 18, 15-20). Ma bisogna precisare il significato della parola profeta.
Generalmente, noi intendiamo: colui che pre-vede, che pre-dice; e diamo importanza a quel pre- quasi che il profeta fosse un indovino. Invece, nel linguaggio biblico, il profeta è colui che dice e vede tutto ciò che gli viene riferito e fatto vedere da Dio perché lo comunichi. È un annunciatore del messaggio di Dio.
Gv 1, 22-23 Gli chiesero: «Chi sei tu, perché noi possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno inviato? Che cosa dici dite stesso?». Rispose: «Io sono
una voce che grida nel deserto:
Spianate la strada del Signore,
come disse il profeta Isaia».
Io sono una voce; invitato a dire spregiudicatamente chi egli sia, Giovanni Battista non dice: sono un volto, una persona... Si definisce semplicemente: una voce; il «testimone della luce» è anche un "portavoce" che grida, predica, perché tutti arrivino a conoscere colui che egli annuncia: la luce. C'è bisogno di annunciare Gesù, perché gli uomini possano credere in lui: «...come lo potrebbero invocare se in lui non hanno creduto? E come potrebbero credere in colui che non hanno udito annunciare? E come lo potrebbero udire senza chi predichi?... poiché la fede nasce dalla predicazione, e la predicazione ha luogo per mezzo della parola di Cristo» (Rm 10, 14-17).
Voce che grida nel deserto: il deserto è la nostra vita umana; c'è bisogno di sentire questo continuo richiamo: spianate la strada del Signore, che significa: convertitevi, livellate la strada su cui viene il Signore. Il Signore ha disposto, provvidenzialmente, di venire attraverso una economia umana; ha bisogno dei suoi messaggeri per far udire la sua parola.
Credere, vuoi dire ascoltare la parola che ci viene da fuori, da Dio; mentre noi abbiamo la tendenza ad ascoltare noi stessi. Abbandonare questa sicurezza di noi stessi per riporla in Dio, per affidarsi a Lui, questo è credere.
Gv 1, 24-28 Erano stati inviati dai Farisei. Gli posero ancora questa domanda: «Perché dunque battezzi se non sei né il Cristo, né Elia, né il Profeta?». Giovanni rispose loro. «Io battezzo nell'acqua. Ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete: uno che viene dopo di me, a cui io non son degno di sciogliere le stringhe dei sandali». Questo avvenne a Betania al di là del Giordano dove Giovanni stava battezzando.
Battezzare è verbo di origine greca e significa immergere (nell'acqua). Abluzioni e riti di battesimo erano già in uso come simbolo di purificazione interiore fin da epoca precristiana, sia presso i pagani, sia presso gli ebrei.
In particolare erano molto in uso presso gli Esseni, comunità monacale i cui membri praticavano il celibato; vivevano separati dagli impuri, appartati in un monastero del quale sono stati scoperti i ruderi; fu ritrovata anche una regola. In essa si ammoniscono coloro che praticano le abluzioni rituali a non persistere nell'indurimento di cuore, perché altrimenti nessun'acqua di nessuna abluzione potrà renderli puri.
In questi riti antichi, però, le persone si immergevano da sole nell'acqua; invece quelli che ricevevano il battesimo di Giovanni erano immersi da lui nelle acque del Giordano; e questo presentarsi ad un altro per farsi battezzare era segno di riconoscimento e pentimento dei propri peccati.
Uno che voi non conoscete: Giovanni continua la sua missione di testimone della luce; annuncia il Messia; ma svela una Presenza ignorata.
Così ognuno di noi, come testimone di Cristo e del suo Vangelo, ha la missione di far sentire agli altri che c'è in mezzo a loro una Presenza ignorata: Uno che non conoscono.
A cui non sono degno di sciogliere le stringhe dei sandali: era un ufficio umilissimo, riservato agli schiavi; nei confronti di Gesù, il Battista non si ritiene degno nemmeno di quello.
Betania al di là del Giordano; non era la Betania dove abitavano Lazzaro e le sorelle (vicinissima a Gerusalemme); ma un altro villaggio omonimo, situato sulla riva sinistra del Giordano, all'incirca all'altezza di Gerico.
Gv 1, 29-30 L'indomani, vedendo Gesù che veniva a lui, disse: «Ecco l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Di lui ho detto:
Viene dopo di me un uomo
che è passato davanti a me
perché era prima di me».
Agnello di Dio: è una denominazione carica di significato messianico; essa richiama:
- l'agnello pasquale dell'Esodo che con il suo sangue aveva salvato i primogeniti di Israele dalla morte (cf. Es 12, 1-14);
- l'agnello del Deutero-Isaia, il «Servo sofferente del Signore» che ha preso su di sé i nostri peccati e le nostre infermità, e ci ha salvati con le sue sofferenze (cf. Is 53, 4-7).
...che toglie il peccato del mondo; in questa espressione il verbo togliere ha un doppio significato: prende su di sé e cancella.
Gv 1, 31-34 «E io non lo conoscevo; ma io sono venuto a battezzare nell'acqua appunto perché egli fosse manifestato a Israele». E Giovanni dichiarò: «Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. E io non lo conoscevo, ma colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi aveva detto: «Quello su cui vedrai lo Spirito scendere e posare, battezza nello Spirito Santo». Io l'ho visto e attesto che è lui il Figlio di Dio, l'Eletto».
Io non lo conoscevo; per due volte il Battista fa questa dichiarazione: è il testimone che deve annunciare la presenza ignota di Gesù in mezzo agli uomini.
Ho visto lo Spirito Santo scendere come una colomba dal cielo: lo Spirito Santo è simboleggiato da una colomba perché fu una colomba che dopo il diluvio annunciò una terra nuova portando nel becco un ramoscello di olivo (cf. Gn 8, 10-11). Ora, il diluvio era preannuncio del battesimo (cf. 1 Pt 4, 18-21); come dalle sue acque purificatrici ebbe origine una umanità nuova, così lo Spirito Santo farà cieli nuovi e terra nuova; cioè un mondo, una umanità, totalmente trasformata.
…come colomba dal cielo e posarsi su di lui: Gesù è «l'inabitato da Spirito Santo» in una pienezza inesauribile.
Battezza nello Spirito Santo: non più nell'acqua soltanto (che era semplice segno), ma nello Spirito Santo che è l'acqua viva e ci divinizza.
S. Paolo dice che il nostro corpo risorto sarà "pneumatikòn" cioè tutto pieno di "Pneuma", di Spirito Santo; sarà "divinizzato" (cf. 1 Cor 15, 42-49). Nei Sinottici, Giovanni Battista dice che Gesù battezzerà nello Spirito Santo e nel fuoco (cf. Mt 3,11; Lc 3,16). Il fuoco è la parola divina di Gesù (cf. Lc 24,32); è lo Spirito Santo che farà cieli nuovi e terra nuova; incendierà tutto l'universo: non per distruggerlo, ma per vivificarlo (cf. 2 Pt 3, 10-14).
Figlio di Dio; cioè: Figlio della stessa natura del Padre.
L'Eletto: un altro titolo applicato dal profeta Isaia al futuro Messia (cf. Is 42,1).
Gv 1, 35-37 L'indomani, Giovanni stava ancora lì con due suoi discepoli. Fissando gli occhi su Gesù che passava disse: «Ecco l'Agnello di Dio». I due discepoli, udendolo parlare così, seguirono Gesù.
Fissando gli occhi su Gesù: fissare gli occhi su Gesù è la tecnica delle vocazioni; il Sabra deve avere questo atteggiamento costante: tenere gli occhi fissi su Gesù, perché Gesù passa continuamente.
Disse: «Ecco l'Agnello di Dio...». Agnello è un vocabolo tipicamente eucaristico: l'Agnello dell'Esodo (cf. Es 12, 1-11), l'Agnello pasquale, l'Agnello del Deutero-lsaia.
…seguirono Gesù; seguire nel vocabolario del Vangelo ha un duplice significato. Vuol dire: stare con Gesù giorno e notte; ed anche annunciare il suo Vangelo...
Gv 1, 38-39 Gesù si volse e vide che lo seguivano. Chiese: «Che cosa volete?». Gli risposero: «Rabbi, - questa parola significa "Maestro" - dove abiti?». «Venite a vedere», disse loro Gesù. Andarono dunque a vedere dove abitava e rimasero con lui quel giorno. Era circa l'ora decima (le quattro del pomeriggio).
Gesù si volse e vide... La vocazione nasce da questo sguardo di Gesù. Più avanti l'evangelista lo espliciterà meglio dicendo che Gesù «fissò lo sguardo su Pietro» (cf. v. 42).
Quando una persona fissa lo sguardo su un'altra vuoi dire che la carica di amore. Fissare Io sguardo intensamente, vuol dire far fluire in quella persona l'amore.
In questa prima scena di vocazione ci sono quattro verbi fortissimi: seguire; venire; vedere; restare. Sono i discepoli di Giovanni Battista che si stanno staccando da lui per aderire a Gesù.
Ai tempi di Gesù i giovani sceglievano loro il proprio maestro, il proprio Rabbi. Invece Gesù rovescia questo stato di cose, è Lui che chiama.
Al tempo di Gesù il rabbi apriva una scuola, teneva insegnamento in una località fissa. Gesù rovescia anche questa situazione. È un rabbi itinerante. Va dappertutto.
Al tempo di Gesù il rabbi istruiva il suo discepolo o i suoi discepoli, nello spiegare la Legge, la Torà. Gesù invece fa un'istruzione prolungata, spiega i Misteri del Regno di Dio, prepara i suoi discepoli, poi li lancia a due a due in un giro di evangelizzazione; poi li chiama in disparte, li conduce nella solitudine per terminare e perfezionare la sua opera. Certe volte, come sottolinea il Vangelo di S. Marco, Gesù non voleva che si sapesse che era da quelle parti, per poter attendere esclusivamente a preparare i suoi discepoli, quel gruppo che sarà il lievito della diffusione evangelica nel mondo e che svilupperà un'azione prolungata.
Dove abiti? I discepoli volevano aderire a Gesù; ma è lui che chiama: «Venite a vedere».
Era circa l'ora decima; corrisponde per noi alle quattro del pomeriggio. Il discepolo «che Gesù prediligeva» porta impressa nel cuore l'ora di quell'incontro; l'incontro con Gesù non si può più dimenticare; è un incontro che sconvolge tutta l'esistenza, è la scoperta e l'avventura più meravigliosa che si possa immaginare. Un'anima, soprattutto un'anima giovanile, ne viene folgorata; sente penetrare in sé una corrente ad alta tensione che l'illumina tutta, perché Gesù è la Luce.
Gv 1, 40-42 Andrea, fratello di Simone Pietro, era uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e avevano seguito Gesù. Incontrò all'inizio del giorno suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» (che vuol dire il Cristo). Lo condusse da Gesù. Gesù lo fissò e gli disse: «Tu sei Simone, figlio di Giovanni; tu ti chiamerai Cefa» (che vuol dire Pietro).
Abbiamo, adesso, una catena di vocazioni: Andrea... uno dei due: Andrea è un nome greco e significa virile; l'altro (dei due) che si avvolge nell'anonimato, è l'evangelista Giovanni, che sarà l'amico intimo di Simon Pietro. Simone è un nome ebraico e vuoi dire benedetto.
Abbiamo trovato il Messia (che vuol dire Cristo): Cristo (parola greca) e Messia (parola ebraica: Mashiah) vogliono dire tutt'e due consacrato; la parola ebraica, però, era carica di troppe connotazioni politiche, che Gesù aveva escluso dalla propria missione. Perciò, la comunità cristiana primitiva preferì usare il nome greco, rimasto immune da qualsiasi interpretazione politica e nazionalistica della missione e dell'opera messianica di Gesù.
Gesù lo fissò: come è stato già detto, si vede qui, in modo esplicito, come la vocazione nasce sempre dallo sguardo iniziale di Gesù.
Ti chiamerai Cefa. Cefa, letteralmente, significa roccia; la roccia è stabile, incrollabile, mentre la pietra si smuove facilmente.
Cefa (cioè: Roccia) è il nome nuovo che Gesù dà a questo discepolo e che definisce la sua persona, la missione che dovrà svolgere nella Chiesa: capo degli Apostoli, Vicario di Gesù Cristo, fondamento incrollabile come la roccia.
Gv 1, 43-48 L'indomani, Gesù si decise a partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: «Seguimi». Filippo era di Betsaida, la città di Andrea e di Pietro.
Filippo incontrò Natanaele e gli disse: «Colui di cui è scritto nella Legge di Mosè e nei Profeti, noi l'abbiamo trovato. E Gesù, il figlio di Giuseppe, da Nazaret». Gli rispose Natanaele: «Da Nazaret può venire qualcosa di buono?». Gli disse Filippo: «Vieni a vedere». Gesù vide venire a sé Natanaele e disse di lui: «Ecco un vero israelita, un uomo in cui non c'è finzione». Gli disse Natanaele: «Come fai a conoscermi?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, ti ho visto quand'eri sotto il fico».
Filippo è un nome greco che significa appassionato di cavalli; probabilmente Filippo che era di Betsaida, la città di Andrea e di Pietro, era stato attirato dai due fratelli.
Seguimi: tutto fa capo a Gesù. È una persona viva. Il Vangelo non ci parla tanto di quello che fu Gesù, ma soprattutto di quello che Gesù è attualmente. Una persona viva. Qualcuno che attira in una maniera definitiva e stupenda le anime giovanili.
Filippo incontra Natanaele; il nome Natanaele vuol dire: dono di Dio.
Da Nazaret può venire qualcosa di buono? Ecco le prevenzioni che impediscono di vedere le cose nella luce della verità.
Ecco un vero israelita..., un uomo sincero.
Prima che Filippo ti chiamasse, ti ho visto: ancora una vocazione che nasce dallo sguardo di Gesù.
Sotto il fico: il fico, la vite sono i due alberi che simboleggiano, nei profeti, il popolo di Israele. Natanaele probabilmente si raccoglieva, nei giorni caldi, all'ombra di questo albero così familiare e domestico, per leggere la parola di Dio. Difatti Filippo vi accenna: «Colui di cui è scritto nella Legge e nei Profeti».
Gv 1, 49-51 Natanaele gli rispose: «Rabbi, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il Re d'Israele». Gesù replicò: «Perché ti ho detto che ti ho visto sotto il fico, tu credi? Vedrai di meglio ancora». E gli disse: «In verità, in verità io ti dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo».
In verità: letteralmente in ebraico è Amen. Noi usiamo la parola Amen, e la usava anche la liturgia giudaica, per concludere le preghiere. Gesù, invece, la premette alle sue affermazioni, per dare ad esse una sicurezza incrollabile; tanto più che la ripete: Amen, Amen; ossia: con tutta certezza io ve lo dico.
Vedrete il cielo aperto: ecco la risurrezione; il cielo aperto è la Vita divina che si apre a noi. Prima il cielo era chiuso; ma dopo che il Verbo sì è fatto carne, ha dato agli uomini il potere di diventare figli di Dio.
…gli Angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo: è un'immagine che fa ricordare il sogno di Giacobbe (cf. Gn 20,10-17) e forse vuol significare la manifestazione della gloria divina del Messia.
La S. Scrittura parla degli Angeli come di creature extraterrestri, dotate di straordinaria potenza, con il volto abbagliante come il sole e la veste candidissima (un riflesso della maestà e della santità di Dio, del quale sono i messaggeri).
Accanto ad ognuno di noi Dio ha posto un Angelo come messaggero della sua volontà e del suo amore.
Occorre imparare l'atteggiamento dell'Angelo: sempre adorante davanti alla santità di Dio e sempre sereno di fronte al male degli uomini pur senza approvarlo.
Anche per noi dovrebbe essere così: serenità di fronte ai nostri peccati, serenità di fronte al male che constatiamo, pur senza approvarli.
E il Verbo si è fatto carne
1In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio,
e il Verbo era Dio.
2Egli era in principio presso Dio.
3Tutte le cose furono fatte per mezzo di lui,
e senza di lui non fu fatto nulla.
4Di ogni essere egli era la Vita
e la Vita era la Luce degli uomini:
5e la Luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l'hanno accolta.
6Venne un uomo mandato da Dio.
Il suo nome era Giovanni.
7Venne come testimone,
per dare testimonianza alla Luce,
così che tutti credessero per mezzo di lui.
8Egli non era la Luce,
ma il testimone della Luce.
9Il Verbo era la Luce vera,
che illumina ogni uomo;
egli veniva nel mondo.
10Era nel mondo,
e il mondo fu ratto per mezzo di lui,
ma il mondo non io riconobbe.
11Venne in casa sua
e i suoi non lo accolsero.
12Ma a quelli che lo accolsero
dette il potere di diventare figli di Dio,
a quelli che credono nel suo nome,
13lui che né sangue,
né volere di carne,
né volere di uomo,
ma Dio ha generato.
14E il Verbo si è fatto carne,
e dimorò fra noi,
e noi abbiamo contemplato la sua Gloria,
Gloria che come Figlio unigenito egli ha dal Padre,
pieno di Grazia e di Verità.
15Giovanni gli dà testimonianza e annuncia:
«Questi è colui di cui dicevo:
Colui che viene dopo di me
è passato davanti a me,
perché era prima di me».
16Sì, dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto
grazia su grazia.
17Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè;
la Grazia e la Verità ci sono venute per mezzo di Gesù Cristo.
18Nessuno ha mai visto Dio;
il Figlio unigenito,
che è nel seno del Padre,
lui ce lo ha fatto conoscere.
«In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete»
19Ecco quale fu la testimonianza di Giovanni quando i Giudei mandarono da Gerusalemme dei sacerdoti e dei leviti per domandargli: «Chi sei tu?». 20Egli confessò e non negò. Dichiarò: «Io non sono il Cristo». Gli domandarono: 21«E allora? Sei tu Elia?». Rispose: «Non lo sono». «Sei tu il Profeta?». Rispose: «No». 22Gli chiesero: «Chi sei tu, perché noi possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno inviato? Che cosa dici dite stesso?». 23Rispose: «Io sono
una voce che grida nel deserto:
Spianate la strada del Signore,
come disse il profeta Isaia».
24Erano stati inviati dai Farisei. 25Gli posero ancora questa domanda: «Perché dunque battezzi se non sei né il Cristo, né Elia, né il Profeta?». 26Giovanni rispose loro. «Io battezzo nell'acqua. Ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete: 27uno che viene dopo di me, a cui io non son degno di sciogliere le stringhe dei sandali». 28Questo avvenne a Betania al di là del Giordano dove Giovanni stava battezzando.
29L'indomani, vedendo Gesù che veniva a lui, disse: «Ecco l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. 30Di lui ho detto: Viene dopo di me un uomo che è passato davanti a me perché era prima di me. 31E io non lo conoscevo; ma io sono venuto a battezzare nell'acqua appunto perché egli fosse manifestato a Israele». 32E Giovanni dichiarò: «Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. 33E io non lo conoscevo, ma colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi aveva detto: "Quello su cui vedrai lo Spirito scendere e posare, battezza nello Spirito Santo". 34Io l'ho visto e attesto che è lui il Figlio di Dio, l'Eletto».
«Rabbi, dove abiti?»
35L'indomani, Giovanni stava ancora lì con due suoi discepoli. 36Fissando gli occhi su Gesù che passava disse: «Ecco l'Agnello di Dio». 37I due discepoli, udendolo parlare così, seguirono Gesù. 38Gesù si volse e vide che lo seguivano. Chiese: «Che cosa volete?». Gli risposero: «Rabbi, - questa parola significa "Maestro" - dove abiti?». 39«Venite a vedere», disse loro Gesù. Andarono dunque a vedere dove abitava e rimasero con lui quel giorno. Era circa l'ora decima (le quattro del pomeriggio).
40Andrea, fratello di Simone Pietro, era uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e avevano seguito Gesù. 41Incontrò all'inizio del giorno suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» (che vuoi dire il Cristo). 42Lo condusse da Gesù. Gesù lo fissò e gli disse: «Tu sei Simone, figlio di Giovanni; tu ti chiamerai Cefa» (che vuol dire Pietro).
43L'indomani, Gesù si decise a partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: «Seguimi». 44Filippo era di Betsaida, la città di Andrea e di Pietro.
45Filippo incontrò Natanaele e gli disse: «Colui di cui è scritto nella Legge di Mosè e nei Profeti, noi l'abbiamo trovato. E Gesù, il figlio di Giuseppe, da Nazaret». 46Gli rispose Natanaele: «Da Nazaret può venire qualcosa di buono?». Gli disse Filippo: «Vieni a vedere». 47Gesù vide venire a sé Natanaele e disse di lui: «Ecco un vero israelita, un uomo in cui non c'è finzione». 48Gli disse Natanaele: «Come fai a conoscermi?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, ti ho visto quand'eri sotto il fico». 49Natanaele gli rispose: «Rabbi, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il Re d'Israele». 50Gesù replicò: «Perché ti ho detto che ti ho visto sotto il fico, tu credi? Vedrai di meglio ancora». 51E gli disse: «In verità, in verità io ti dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo».
Prologo (Gv 1, 1-18)
Gv 1, 1-5 In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio,
e il Verbo era Dio.
Egli era in principio presso Dio.
Tutte le cose furono fatte per mezzo di lui,
e senza di lui non fu fatto nulla.
Di ogni essere egli era la Vita
e la Vita era la Luce degli uomini;
e la Luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l'hanno accolta.
Il prologo è una solenne professione di fede nella gloria del Verbo (= parola-pensiero di Dio) e S. Giovanni lo inizia con una frase abissale:
In principio era il Verbo; al di là di tutti gli annunci, prima di tutti gli annunci, esisteva la PAROLA. Il Verbo non ha inizio; egli è da tutta l'eternità.
E il Verbo era presso Dio: nel testo greco, il nome Dio preceduto dall'articolo indica il Padre; inoltre l'espressione greca, letteralmente significa rivolto verso Dio. Ecco l'atteggiamento del Verbo: è rivolto continuamente verso il Sole che è il Padre celeste, nell'estasi dell'amore, in uno slancio di adorazione; in ascolto del Padre, con lo sguardo rivolto a lui: «La mia dottrina non è mia; ma di Colui che mi ha mandato» (Gv 7,16); «Tutto ciò che ho appreso dal Padre mio, ve l'ho fatto conoscere» (Gv 15,15).
L'atteggiamento del Figlio è lo stesso che egli indicherà a Maria di Betania (cf Lc 10, 39-42): in ascolto.
E dev'essere anche l'atteggiamento tipico dei giovani Sabra: essere seduti ai piedi di Gesù, in ascolto della sua Parola.
E il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: la prima frase esprime in modo esplicito e diretto il mistero della divinità del Verbo; ma il fatto di ripetere, subito dopo, che il medesimo Verbo era presso Dio, implica una distinzione tra il Verbo e il Padre: sono due "persone" distinte.
Tutte le cose furono fatte per mezzo di lui, e senza di lui non fu fatto nulla: il Verbo è il mediatore della creazione: la Parola divina, efficacissima, che ha creato tutto; per mezzo di lui, Dio-Padre comunica l'essere e la vita ad ogni creatura (dall'infinitamente piccolo, all'infinitamente grande).
Di ogni essere egli era la Vita: la Vita, per Giovanni è la Vita divina, di cui ogni altra vita non è che una meravigliosa scintilla.
…e la Vita era la Luce degli uomini. La Luce equivale all'Amore; Dio è Luce perché è Amore; «in lui non c'è tenebra» (cf. Gv 1, 5).
Come il Padre è Luce, così anche il Verbo è Luce, riflesso dello splendore del Padre (cf. Eb 1, 3).
E la Luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno accolta. La Luce di Dio, il Suo Amore, si sono manifestati agli uomini nell'umanità del Verbo, nei suoi insegnamenti e nelle sue opere; ma gli uomini non hanno avuto occhi per la Luce: ecco il mistero... Come l'occhio malato rimane ferito da ogni luce e perciò respinge la luce, cosi l'occhio del cuore umano non è capace di accogliere la Luce divina. Perché abbiamo in noi luce e tenebre: il peccato è la nostra tenebra... E sono tenebre che si rinnovano ogni giorno come banchi di nebbia; perciò ogni giorno deve fare irruzione la Luce, per dissiparle.
Gv 1, 6-8 Venne un uomo mandato da Dio.
Il suo nome era Giovanni.
Venne come testimone,
per dare testimonianza alla Luce,
così che tutti credessero per mezzo di lui.
Egli non era la Luce,
ma il testimone della Luce.
Un uomo mandato da Dio. Il suo nome era Giovanni. Il precursore del Messia, che i sinottici chiamano "il Battezzatore" (Battista), dall'autore del quarto Vangelo è chiamato solo e sempre Giovanni; poiché l'evangelista tace costantemente il proprio nome, la confusione tra i due personaggi omonimi (Giovanni il Battezzatore e Giovanni apostolo) non è possibile.
Giovanni vuol dire: «Dio ha fatto grazia».
Egli è definito in modo specifico come il testimone della luce: «era la lampada che arde e che splende» (Gv 5, 35); arde di luce interiore, splende di luce esteriore per dare testimonianza. Dare testimonianza è un'espressione che piace moltissimo all'evangelista.
Testimoniare la Luce vuoi dire: annunciare la Parola di Dio; annunciare, insegnare la verità. È la missione del testimone, perché gli uomini credano.
La testimonianza del Battista, di fatto, aveva suscitato un vasto movimento di preparazione all'annuncio del Vangelo di Gesù; è quanto viene sottolineato nell'espressione: egli non era la Luce, ma il testimone della Luce.
Gv 1, 9-11 Il Verbo era la Luce vera,
che illumina ogni uomo;
egli veniva nel mondo.
Era nel mondo,
e il mondo fu ratto per mezzo di lui,
ma il mondo non io riconobbe.
Venne in casa sua e i suoi non lo accolsero.
La Luce vera: è la Parola di Dio, l'unica veramente illuminatrice (quella di Giovanni era una testimonianza, una preparazione).
Veniva nel mondo. Era nel mondo: sono frasi che esprimono il mistero dell'Incarnazione.
Nei versetti successivi si riafferma ciò che era già stato detto prima: il Verbo di Dio è respinto. È la tragedia spaventosa che continua nel tempo, ad opera di coloro che rifiutano il Figlio di Dio fatto uomo.
Gv 1, 12 Ma a quelli che lo accolsero
dette il potere di diventare figli di Dio,
a quelli che credono nel suo nome.
...figli di Dio, cioè: figli della Luce; gli uomini, se credono alla Luce diventano figli della Luce, cioè una trasparenza della Luce divina nella loro vita e nelle loro opere, una rivelazione dell'amore di Dio.
Gv 1, 13 Lui che né sangue,
né volere di carne,
né volere di uomo,
ma Dio ha generato.
In queste parole è adombrato e abbastanza ben espresso il mistero della nascita verginale di Gesù; quello che esprimiamo nel "Credo", dicendo: «per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria».
Gv 1, 14 E il Verbo si è fatto carne,
e dimorò fra noi,
e noi abbiamo contemplato la sua Gloria,
Gloria che come Figlio unigenito egli ha dal Padre,
pieno di Grazia e di Verità.
Il Verbo si è fatto carne: è l'espressione centrale del prologo: in essa sono accostati i due estremi: il Verbo-Parola che è Dio, il trascendente, l'infinito e l'inaccessibile, di natura essenzialmente spirituale; la carne che, nel linguaggio di S. Giovanni, indica la creatura umana nella sua fragilità, debolezza, povertà estrema.
Dimorò fra noi: letteralmente, il testo greco significa piantò la tenda in mezzo a noi; e l'espressione «piantare la tenda» è caratteristica nell'Antico Testamento per indicare la presenza di Dio, la sua abitazione fra gli uomini nel Tempio e nella Tenda dell'alleanza, dove la "nube" indicava e adombrava la gloria di Dio presente (la shekinàh). Nella "carne" assunta dal Verbo, si realizza la presenza reale, tangibile, di cui la Tenda, il Tempio e la Nube non erano che il segno e la prefigurazione profetica.
Per noi, oggi, la massima concentrazione di questa presenza di Dio si trova nell'Eucaristia: siamo un popolo in cammino; abbiamo bisogno di questa tenda, di questa presenza di Dio che si fa compagno del nostro cammino.
La sua Gloria: la Gloria è connessa con la Luce, di cui è un irraggiamento; essa è la manifestazione sensibile della presenza di Dio, della sua santità.
S. Giovanni precisa la natura di questa gloria: è la gloria del Figlio unigenito del Padre; dietro l'umiltà dell'incarnazione e il velo della "carne", il discepolo ha saputo vedere e riconoscere la realtà del «Dio-con-noi».
Pieno di Grazia e di Verità: sono riunite in quest'espressione una parola greca (grazia) e una ebraica (verità).
Grazia esprime il fascino, la bellezza della Vita divina di cui il Verbo è in possesso; e, nel medesimo tempo, il compiacimento di cui è oggetto da parte del Padre.
Verità: è la parola ebraica (Amen) che Gesù fa precedere sempre alle sue affermazioni le quali sono parole di verità.
Gv 1, 15 Giovanni gli dà testimonianza e annuncia:
«Questi è colui di cui dicevo:
Colui che viene dopo di me
è passato davanti a me,
perché era prima di me».
Riprende il tema della testimonianza resa da Giovanni, con la parola e con la vita.
Gv 1, 16-17 Sì, dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè;
la Grazia e la Verità ci sono venute
per mezzo di Gesù Cristo.
La pienezza del Verbo è pienezza di vita divina (cf. Col 2, 9), traboccante, inesauribile; essa si comunica a noi in una catena ininterrotta di grazie, di benefici e predilezioni da parte di Dio, per mezzo di Gesù Cristo.
La Legge: è termine usato per indicare tutto l'Antico Testamento e la parola rivelata in esso contenuta.
La rivelazione data al popolo di Dio attraverso Mosè e progressivamente approfondita dagli altri profeti e autori ispirati, viene compiuta e ricapitolata nella Grazia e nella Verità che ci sono venute per mezzo di Gesù Cristo, Parola di Dio incarnato.
Gesù Cristo: questo binomio verrà usato ancora una volta da S. Giovanni nella preghiera sacerdotale (cf. 17, 3).
Gesù è il nome umile, di ogni giorno, con cui tutti lo chiamavano e lo conoscevano. Cristo (= Messia) è il nome che esprime la sua missione nella storia della salvezza.
Gv 1, 18 Nessuno ha mai visto Dio;
il Figlio unigenito,
che è nel seno del Padre,
lui ce lo ha fatto conoscere.
Nessuno ha mai visto Dio. Vedere Dio è il sogno, l'aspirazione incessante del cuore umano; la troviamo già espressa nei salmi dell'Antico Testamento (cf. Sal 41,3; 15,11; 66,2). Ma nessuno, quaggiù, può contemplare senza velo il volto santo di Dio; alla sua presenza Mosè ed Elia si coprirono il volto (cf. Es 3,6; 1 Re 19,13).
Il Figlio... ce lo ha fatto conoscere; letteralmente il testo greco dice: il Figlio unigenito si è fatto per noi l'esegeta del Padre, ossia: ci ha trasmesso in modo perfetto la Parola e la dottrina del Padre (cf. Gv 7, 16-17; 17,; ci ha rivelato il suo amore (cf. Gv 3,16); ci ha fatto conoscere la sua volontà (cf. Gv 6, 29.38-40); nei tratti del suo volto ci ha fatto vedere il Padre: chi ha visto Lui ha visto il Padre, perché Lui e il Padre sono una cosa sola (cf. Gv 14, 9-10; 10,30).
Gv 1, 19-21 Ecco quale fu la testimonianza di Giovanni quando i Giudei mandarono da Gerusalemme dei sacerdoti e dei leviti per domandargli: «Chi sei tu?». Egli confessò e non negò. Dichiarò: «Io non sono il Cristo». Gli domandarono: «E allora? Sei tu Elia?». Rispose: «Non lo sono». «Sei tu il Profeta?». Rispose: «No».
…la testimonianza di Giovanni: il testimone impegna la propria vita in quello che annuncia; è un annunciatore.
Giudei: nel Vangelo di S. Giovanni il termine viene riferito alle autorità ebraiche ostili a Gesù e sempre in disputa contro di lui.
Egli confessò e non negò: un medesimo concetto espresso in forma semitica per indicare un modo di parlare limpido e sincero.
Il Battista poteva approfittare del momento come avevano fatto altri; era sulla cresta dell'onda, avrebbe potuto dichiarare di essere il Messia (= Cristo); invece dichiara subito: non sono il Cristo.
Sei Elia?... Elia era considerato il più grande dei profeti e, secondo la tradizione, avrebbe dovuto tornare come precursore del Messia.
Sei il Profeta? Qui si tratta del "Profeta" di cui aveva parlato Mosè (cf. Dt 18, 15-20). Ma bisogna precisare il significato della parola profeta.
Generalmente, noi intendiamo: colui che pre-vede, che pre-dice; e diamo importanza a quel pre- quasi che il profeta fosse un indovino. Invece, nel linguaggio biblico, il profeta è colui che dice e vede tutto ciò che gli viene riferito e fatto vedere da Dio perché lo comunichi. È un annunciatore del messaggio di Dio.
Gv 1, 22-23 Gli chiesero: «Chi sei tu, perché noi possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno inviato? Che cosa dici dite stesso?». Rispose: «Io sono
una voce che grida nel deserto:
Spianate la strada del Signore,
come disse il profeta Isaia».
Io sono una voce; invitato a dire spregiudicatamente chi egli sia, Giovanni Battista non dice: sono un volto, una persona... Si definisce semplicemente: una voce; il «testimone della luce» è anche un "portavoce" che grida, predica, perché tutti arrivino a conoscere colui che egli annuncia: la luce. C'è bisogno di annunciare Gesù, perché gli uomini possano credere in lui: «...come lo potrebbero invocare se in lui non hanno creduto? E come potrebbero credere in colui che non hanno udito annunciare? E come lo potrebbero udire senza chi predichi?... poiché la fede nasce dalla predicazione, e la predicazione ha luogo per mezzo della parola di Cristo» (Rm 10, 14-17).
Voce che grida nel deserto: il deserto è la nostra vita umana; c'è bisogno di sentire questo continuo richiamo: spianate la strada del Signore, che significa: convertitevi, livellate la strada su cui viene il Signore. Il Signore ha disposto, provvidenzialmente, di venire attraverso una economia umana; ha bisogno dei suoi messaggeri per far udire la sua parola.
Credere, vuoi dire ascoltare la parola che ci viene da fuori, da Dio; mentre noi abbiamo la tendenza ad ascoltare noi stessi. Abbandonare questa sicurezza di noi stessi per riporla in Dio, per affidarsi a Lui, questo è credere.
Gv 1, 24-28 Erano stati inviati dai Farisei. Gli posero ancora questa domanda: «Perché dunque battezzi se non sei né il Cristo, né Elia, né il Profeta?». Giovanni rispose loro. «Io battezzo nell'acqua. Ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete: uno che viene dopo di me, a cui io non son degno di sciogliere le stringhe dei sandali». Questo avvenne a Betania al di là del Giordano dove Giovanni stava battezzando.
Battezzare è verbo di origine greca e significa immergere (nell'acqua). Abluzioni e riti di battesimo erano già in uso come simbolo di purificazione interiore fin da epoca precristiana, sia presso i pagani, sia presso gli ebrei.
In particolare erano molto in uso presso gli Esseni, comunità monacale i cui membri praticavano il celibato; vivevano separati dagli impuri, appartati in un monastero del quale sono stati scoperti i ruderi; fu ritrovata anche una regola. In essa si ammoniscono coloro che praticano le abluzioni rituali a non persistere nell'indurimento di cuore, perché altrimenti nessun'acqua di nessuna abluzione potrà renderli puri.
In questi riti antichi, però, le persone si immergevano da sole nell'acqua; invece quelli che ricevevano il battesimo di Giovanni erano immersi da lui nelle acque del Giordano; e questo presentarsi ad un altro per farsi battezzare era segno di riconoscimento e pentimento dei propri peccati.
Uno che voi non conoscete: Giovanni continua la sua missione di testimone della luce; annuncia il Messia; ma svela una Presenza ignorata.
Così ognuno di noi, come testimone di Cristo e del suo Vangelo, ha la missione di far sentire agli altri che c'è in mezzo a loro una Presenza ignorata: Uno che non conoscono.
A cui non sono degno di sciogliere le stringhe dei sandali: era un ufficio umilissimo, riservato agli schiavi; nei confronti di Gesù, il Battista non si ritiene degno nemmeno di quello.
Betania al di là del Giordano; non era la Betania dove abitavano Lazzaro e le sorelle (vicinissima a Gerusalemme); ma un altro villaggio omonimo, situato sulla riva sinistra del Giordano, all'incirca all'altezza di Gerico.
Gv 1, 29-30 L'indomani, vedendo Gesù che veniva a lui, disse: «Ecco l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Di lui ho detto:
Viene dopo di me un uomo
che è passato davanti a me
perché era prima di me».
Agnello di Dio: è una denominazione carica di significato messianico; essa richiama:
- l'agnello pasquale dell'Esodo che con il suo sangue aveva salvato i primogeniti di Israele dalla morte (cf. Es 12, 1-14);
- l'agnello del Deutero-Isaia, il «Servo sofferente del Signore» che ha preso su di sé i nostri peccati e le nostre infermità, e ci ha salvati con le sue sofferenze (cf. Is 53, 4-7).
...che toglie il peccato del mondo; in questa espressione il verbo togliere ha un doppio significato: prende su di sé e cancella.
Gv 1, 31-34 «E io non lo conoscevo; ma io sono venuto a battezzare nell'acqua appunto perché egli fosse manifestato a Israele». E Giovanni dichiarò: «Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. E io non lo conoscevo, ma colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi aveva detto: «Quello su cui vedrai lo Spirito scendere e posare, battezza nello Spirito Santo». Io l'ho visto e attesto che è lui il Figlio di Dio, l'Eletto».
Io non lo conoscevo; per due volte il Battista fa questa dichiarazione: è il testimone che deve annunciare la presenza ignota di Gesù in mezzo agli uomini.
Ho visto lo Spirito Santo scendere come una colomba dal cielo: lo Spirito Santo è simboleggiato da una colomba perché fu una colomba che dopo il diluvio annunciò una terra nuova portando nel becco un ramoscello di olivo (cf. Gn 8, 10-11). Ora, il diluvio era preannuncio del battesimo (cf. 1 Pt 4, 18-21); come dalle sue acque purificatrici ebbe origine una umanità nuova, così lo Spirito Santo farà cieli nuovi e terra nuova; cioè un mondo, una umanità, totalmente trasformata.
…come colomba dal cielo e posarsi su di lui: Gesù è «l'inabitato da Spirito Santo» in una pienezza inesauribile.
Battezza nello Spirito Santo: non più nell'acqua soltanto (che era semplice segno), ma nello Spirito Santo che è l'acqua viva e ci divinizza.
S. Paolo dice che il nostro corpo risorto sarà "pneumatikòn" cioè tutto pieno di "Pneuma", di Spirito Santo; sarà "divinizzato" (cf. 1 Cor 15, 42-49). Nei Sinottici, Giovanni Battista dice che Gesù battezzerà nello Spirito Santo e nel fuoco (cf. Mt 3,11; Lc 3,16). Il fuoco è la parola divina di Gesù (cf. Lc 24,32); è lo Spirito Santo che farà cieli nuovi e terra nuova; incendierà tutto l'universo: non per distruggerlo, ma per vivificarlo (cf. 2 Pt 3, 10-14).
Figlio di Dio; cioè: Figlio della stessa natura del Padre.
L'Eletto: un altro titolo applicato dal profeta Isaia al futuro Messia (cf. Is 42,1).
Gv 1, 35-37 L'indomani, Giovanni stava ancora lì con due suoi discepoli. Fissando gli occhi su Gesù che passava disse: «Ecco l'Agnello di Dio». I due discepoli, udendolo parlare così, seguirono Gesù.
Fissando gli occhi su Gesù: fissare gli occhi su Gesù è la tecnica delle vocazioni; il Sabra deve avere questo atteggiamento costante: tenere gli occhi fissi su Gesù, perché Gesù passa continuamente.
Disse: «Ecco l'Agnello di Dio...». Agnello è un vocabolo tipicamente eucaristico: l'Agnello dell'Esodo (cf. Es 12, 1-11), l'Agnello pasquale, l'Agnello del Deutero-lsaia.
…seguirono Gesù; seguire nel vocabolario del Vangelo ha un duplice significato. Vuol dire: stare con Gesù giorno e notte; ed anche annunciare il suo Vangelo...
Gv 1, 38-39 Gesù si volse e vide che lo seguivano. Chiese: «Che cosa volete?». Gli risposero: «Rabbi, - questa parola significa "Maestro" - dove abiti?». «Venite a vedere», disse loro Gesù. Andarono dunque a vedere dove abitava e rimasero con lui quel giorno. Era circa l'ora decima (le quattro del pomeriggio).
Gesù si volse e vide... La vocazione nasce da questo sguardo di Gesù. Più avanti l'evangelista lo espliciterà meglio dicendo che Gesù «fissò lo sguardo su Pietro» (cf. v. 42).
Quando una persona fissa lo sguardo su un'altra vuoi dire che la carica di amore. Fissare Io sguardo intensamente, vuol dire far fluire in quella persona l'amore.
In questa prima scena di vocazione ci sono quattro verbi fortissimi: seguire; venire; vedere; restare. Sono i discepoli di Giovanni Battista che si stanno staccando da lui per aderire a Gesù.
Ai tempi di Gesù i giovani sceglievano loro il proprio maestro, il proprio Rabbi. Invece Gesù rovescia questo stato di cose, è Lui che chiama.
Al tempo di Gesù il rabbi apriva una scuola, teneva insegnamento in una località fissa. Gesù rovescia anche questa situazione. È un rabbi itinerante. Va dappertutto.
Al tempo di Gesù il rabbi istruiva il suo discepolo o i suoi discepoli, nello spiegare la Legge, la Torà. Gesù invece fa un'istruzione prolungata, spiega i Misteri del Regno di Dio, prepara i suoi discepoli, poi li lancia a due a due in un giro di evangelizzazione; poi li chiama in disparte, li conduce nella solitudine per terminare e perfezionare la sua opera. Certe volte, come sottolinea il Vangelo di S. Marco, Gesù non voleva che si sapesse che era da quelle parti, per poter attendere esclusivamente a preparare i suoi discepoli, quel gruppo che sarà il lievito della diffusione evangelica nel mondo e che svilupperà un'azione prolungata.
Dove abiti? I discepoli volevano aderire a Gesù; ma è lui che chiama: «Venite a vedere».
Era circa l'ora decima; corrisponde per noi alle quattro del pomeriggio. Il discepolo «che Gesù prediligeva» porta impressa nel cuore l'ora di quell'incontro; l'incontro con Gesù non si può più dimenticare; è un incontro che sconvolge tutta l'esistenza, è la scoperta e l'avventura più meravigliosa che si possa immaginare. Un'anima, soprattutto un'anima giovanile, ne viene folgorata; sente penetrare in sé una corrente ad alta tensione che l'illumina tutta, perché Gesù è la Luce.
Gv 1, 40-42 Andrea, fratello di Simone Pietro, era uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e avevano seguito Gesù. Incontrò all'inizio del giorno suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» (che vuol dire il Cristo). Lo condusse da Gesù. Gesù lo fissò e gli disse: «Tu sei Simone, figlio di Giovanni; tu ti chiamerai Cefa» (che vuol dire Pietro).
Abbiamo, adesso, una catena di vocazioni: Andrea... uno dei due: Andrea è un nome greco e significa virile; l'altro (dei due) che si avvolge nell'anonimato, è l'evangelista Giovanni, che sarà l'amico intimo di Simon Pietro. Simone è un nome ebraico e vuoi dire benedetto.
Abbiamo trovato il Messia (che vuol dire Cristo): Cristo (parola greca) e Messia (parola ebraica: Mashiah) vogliono dire tutt'e due consacrato; la parola ebraica, però, era carica di troppe connotazioni politiche, che Gesù aveva escluso dalla propria missione. Perciò, la comunità cristiana primitiva preferì usare il nome greco, rimasto immune da qualsiasi interpretazione politica e nazionalistica della missione e dell'opera messianica di Gesù.
Gesù lo fissò: come è stato già detto, si vede qui, in modo esplicito, come la vocazione nasce sempre dallo sguardo iniziale di Gesù.
Ti chiamerai Cefa. Cefa, letteralmente, significa roccia; la roccia è stabile, incrollabile, mentre la pietra si smuove facilmente.
Cefa (cioè: Roccia) è il nome nuovo che Gesù dà a questo discepolo e che definisce la sua persona, la missione che dovrà svolgere nella Chiesa: capo degli Apostoli, Vicario di Gesù Cristo, fondamento incrollabile come la roccia.
Gv 1, 43-48 L'indomani, Gesù si decise a partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: «Seguimi». Filippo era di Betsaida, la città di Andrea e di Pietro.
Filippo incontrò Natanaele e gli disse: «Colui di cui è scritto nella Legge di Mosè e nei Profeti, noi l'abbiamo trovato. E Gesù, il figlio di Giuseppe, da Nazaret». Gli rispose Natanaele: «Da Nazaret può venire qualcosa di buono?». Gli disse Filippo: «Vieni a vedere». Gesù vide venire a sé Natanaele e disse di lui: «Ecco un vero israelita, un uomo in cui non c'è finzione». Gli disse Natanaele: «Come fai a conoscermi?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, ti ho visto quand'eri sotto il fico».
Filippo è un nome greco che significa appassionato di cavalli; probabilmente Filippo che era di Betsaida, la città di Andrea e di Pietro, era stato attirato dai due fratelli.
Seguimi: tutto fa capo a Gesù. È una persona viva. Il Vangelo non ci parla tanto di quello che fu Gesù, ma soprattutto di quello che Gesù è attualmente. Una persona viva. Qualcuno che attira in una maniera definitiva e stupenda le anime giovanili.
Filippo incontra Natanaele; il nome Natanaele vuol dire: dono di Dio.
Da Nazaret può venire qualcosa di buono? Ecco le prevenzioni che impediscono di vedere le cose nella luce della verità.
Ecco un vero israelita..., un uomo sincero.
Prima che Filippo ti chiamasse, ti ho visto: ancora una vocazione che nasce dallo sguardo di Gesù.
Sotto il fico: il fico, la vite sono i due alberi che simboleggiano, nei profeti, il popolo di Israele. Natanaele probabilmente si raccoglieva, nei giorni caldi, all'ombra di questo albero così familiare e domestico, per leggere la parola di Dio. Difatti Filippo vi accenna: «Colui di cui è scritto nella Legge e nei Profeti».
Gv 1, 49-51 Natanaele gli rispose: «Rabbi, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il Re d'Israele». Gesù replicò: «Perché ti ho detto che ti ho visto sotto il fico, tu credi? Vedrai di meglio ancora». E gli disse: «In verità, in verità io ti dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo».
In verità: letteralmente in ebraico è Amen. Noi usiamo la parola Amen, e la usava anche la liturgia giudaica, per concludere le preghiere. Gesù, invece, la premette alle sue affermazioni, per dare ad esse una sicurezza incrollabile; tanto più che la ripete: Amen, Amen; ossia: con tutta certezza io ve lo dico.
Vedrete il cielo aperto: ecco la risurrezione; il cielo aperto è la Vita divina che si apre a noi. Prima il cielo era chiuso; ma dopo che il Verbo sì è fatto carne, ha dato agli uomini il potere di diventare figli di Dio.
…gli Angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo: è un'immagine che fa ricordare il sogno di Giacobbe (cf. Gn 20,10-17) e forse vuol significare la manifestazione della gloria divina del Messia.
La S. Scrittura parla degli Angeli come di creature extraterrestri, dotate di straordinaria potenza, con il volto abbagliante come il sole e la veste candidissima (un riflesso della maestà e della santità di Dio, del quale sono i messaggeri).
Accanto ad ognuno di noi Dio ha posto un Angelo come messaggero della sua volontà e del suo amore.
Occorre imparare l'atteggiamento dell'Angelo: sempre adorante davanti alla santità di Dio e sempre sereno di fronte al male degli uomini pur senza approvarlo.
Anche per noi dovrebbe essere così: serenità di fronte ai nostri peccati, serenità di fronte al male che constatiamo, pur senza approvarli.
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