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Capitolo VIII
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Capitolo VIII
GESÙ, LUCE DEL MONDO
«Chi di voi è senza peccato,
scagli la prima pietra»
1Poi Gesù andò al monte degli Ulivi. 2Sul far del giorno tornò di nuovo al Tempio e tutto il popolo si accalcava attorno a lui. Gesù si sedette e si mise a insegnare. 3Allora gli scribi e i Farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio; postala in mezzo, gli dissero: 4«Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante delitto di adulterio. 5Mosè, nella Legge, ci ha comandato che tali donne siano lapidate. Tu che ne dici?». 6Essi chiedevano questo per tendergli un tranello e poterlo accusare. Ma Gesù. chinatosi, si mise a scrivere col dito in terra. 7Siccome insistevano, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra contro di lei». 8Poi, chinatosi di nuovo, seguitò a scrivere in terra. 9Ma quelli, udito ciò, uno dopo l'altro se ne andarono tutti, a cominciare dai più vecchi; e Gesù restò solo con la donna, che rimaneva sempre lì. 10Allora, Gesù, alzatosi, le chiese: «Dove sono, o donna, quelli che ti accusavano? Nessuno ti ha condannata?». 11Ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Nemmeno io ti condanno: va' e d'ora in poi non peccare più».
«Io sono la luce del mondo»
12Di nuovo Gesù parlò loro dicendo: «Io sono la Luce del mondo; chi mi segue non cammina nelle tenebre, ma avrà la Luce della Vita».
«Per me testimonia anche il Padre
che mi ha inviato»
13Gli dissero i Farisei: «Tu dai testimonianza a te stesso; la tua testimonianza non vale». 14Gesù rispose: «Anche se io do testimonianza a me stesso, la mia testimonianza vale, perché io so di dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete di dove io sia venuto e dove vada. 15Voi giudicate secondo la carne; io non giudico alcuno. 16E anche se giudico, il mio giudizio è valevole, perché non sono solo, ma io e colui che mi ha inviato. 17Ora nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due uomini è valida. 18Io do testimonianza a me stesso; ma per me testimonia anche il Padre che mi ha inviato». 19Gli dissero allora: «Dov'è tuo Padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio». 20Gesù pronunciò queste parole nel Tesoro, quando insegnava nel Tempio, e nessuno lo prese perché non era ancora venuta la sua ora.
«Io faccio sempre ciò che a lui piace»
21Disse loro: «Io me ne vado e voi mi cercherete e morirete nel vostro peccato. Dove io vado, voi non potete venire». 22Dicevano allora i Giudei: «Vuole forse uccidersi? Perché dice: "Dove io vado, voi non potete venire"?». 23Gesù continuò: «Voi siete di quaggiù, io di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. 24Ve l'ho detto: voi morirete nei vostri peccati; sì, se voi non crederete che Io Sono, morirete nei vostri peccati». 25Gli dicevano dunque: «Chi sei tu?». Rispose loro Gesù: «Assolutamente quello che vi dico. 26Su di voi avrei ancora molto da dire e molto da condannare, ma colui che mi ha inviato è verace, e ciò che io ho udito da lui, lo dico nel mondo». 27Essi non compresero che parlava loro del Padre. 28Disse dunque Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono, e che non faccio nulla da me, ma dico ciò che il Padre mi ha insegnato. 29E colui che mi ha inviato è con me; non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre ciò che a lui piace». 30A queste sue parole, molti credettero in lui.
«Prima che Abramo fosse, Io Sono»
31Ai Giudei che avevano creduto in lui, Gesù dunque disse: «Se voi rimarrete nella mia parola, sarete veramente miei discepoli, 32e conoscerete la Verità, e la Verità vi farà liberi». 33Gli risposero: «Noi siamo stirpe di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: diventerete liberi?». 34Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato; 35ora, lo schiavo non rimane nella casa per sempre; il figlio, invece, vi resta per sempre. 36Se, dunque, il Figlio vi farà liberi, voi sarete realmente liberi. 37Lo so che siete stirpe di Abramo; ma voi cercate di uccidermi perché la mia parola non penetra in voi. 38Io dico ciò che ho veduto presso il Padre mio; dunque, fate anche voi ciò che avete udito dal padre vostro». 39Gli replicarono: «Il padre nostro è Abramo!». Disse loro Gesù: «Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo! 40Invece, voi cercate di uccidere me, che vi ho detto la Verità che io ho udita da Dio; questo, Abramo non lo faceva! 41Fate allora le opere del padre vostro». Gli dissero: «Noi non siamo nati dalla prostituzione; noi abbiamo un solo Padre: Dio!». 42Disse loro Gesù: «Se Dio fosse il Padre vostro, mi amereste; io, infatti, sono uscito e vengo da Dio; non sono venuto da me stesso, ma è stato lui a inviarmi. 43Perché non capite il mio linguaggio? Appunto perché non potete ascoltare la mia parola. 44Voi avete per padre il demonio, e sono i desideri del padre vostro che voi volete compiere; egli era omicida fin dal principio e non perseverò nella verità perché non c'era verità in lui. Quando egli proferisce menzogne le tira fuori dal suo intimo perché è bugiardo e padre della menzogna. 45A me, invece, voi non credete, perché io dico la verità. 46Chi di voi mi può accusare di peccato? Se io dico la verità, perché non mi credete? 47Chi è da Dio ascolta la parola di Dio; se voi non ascoltate, è perché non siete da Dio».
48Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo ragione di dire che tu sei un samaritano e un indemoniato?». 49Rispose Gesù: «Io non sono un indemoniato, ma onoro il Padre mio, e voi mi oltraggiate. 50Io, però, non cerco la mia gloria: c'è chi se ne occupa e giudica. 51In verità, in verità io vi dico: chi custodisce la mia parola non assaporerà morte in eterno». 52Gli dissero i Giudei: «Adesso, sì, siamo sicuri che tu sei un indemoniato! Abramo è morto, anche i profeti sono morti, e tu dici: "Chi custodisce la mia parola non assaporerà morte in eterno". 53Saresti forse più grande del padre nostro Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi pretendi tu di essere?». 54Gesù rispose: «Se io glorifico me stesso, la mia gloria è nulla; è il Padre mio che mi glorifica; lui, di cui voi dite: è Dio nostro, 55ma voi non lo conoscete. Io, invece, sì che lo conosco; e se dicessi che non lo conosco sarei, come voi, un bugiardo. Ma io lo conosco e tengo la sua parola. 56Abramo, padre vostro, esultò al pensiero di vedere il mio Giorno; lo vide e ne godette». 57Gli dissero allora i Giudei: «Non hai ancora cinquant'anni e hai veduto Abramo?». 58Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». 59Presero, allora, dei sassi per tirarglieli addosso, ma Gesù si nascose e uscì dal Tempio.
*
* *
Gv 8,1-6 Poi Gesù andò al monte degli Ulivi. Sul far del giorno tornò di nuovo al Tempio e tutto il popolo si accalcava attorno a lui. Gesù si sedette e si mise a insegnare. Allora gli scribi e i Farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio; postala in mezzo, gli dissero: "Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante delitto di adulterio. Mosè, nella Legge, ci ha comandato che tali donne siano lapidate. Tu che ne dici?". Essi chiedevano questo per tendergli un tranello e poterlo accusare. Ma Gesù. chinatosi, si mise a scrivere col dito in terra.
Postala in mezzo: la mettono in mezzo, povera donna! È lì tremante come un uccello quando è afferrato da una mano feroce; tutta raggomitolata, umiliatissima...
Ma Gesù, chinatosi... Anche Gesù si china, cioè si umilia; ma è un'umiliazione per sollevarci...
...si mise a scrivere col dito in terra. È l'unica volta in cui si parla di Gesù che scrive.
Il "dito di Dio" è lo Spirito Santo (cf inno "Veni Creator Spiritus"). È lo Spirito Santo, infatti, che scrive sulla nostra "terra", cioè nella nostra vita: ci indirizza, ci corregge, ci risolleva, ci innalza. È lui che scrive la nostra storia umano-divina; e poiché Spirito di amore, e Spirito di Dio, fa tutto per il bene, secondo gli intendimenti di Dio: "Tutto si volge al bene per quelli che amano Dio" (Rm 8,28).
Gv 8,7-9 Siccome insistevano, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra contro di lei». Poi, chinatosi di nuovo, seguitò a scrivere in terra. Ma quelli, udito ciò, uno dopo l'altro se ne andarono tutti, a cominciare dai più vecchi; e Gesù restò solo con la donna, che rimaneva sempre lì.
Seguitò a scrivere in terra: non sappiamo che cosa scrivesse; forse Gesù voleva indicare in questo modo che non intendeva discutere.
Gesù restò solo con la donna che rimaneva sempre lì: la Misericordia sola con la miseria; e la donna non fugge, lì si sente al sicuro.
Gv 8,10-11 Allora, Gesù, alzatosi, le chiese: «Dove sono, o donna, quelli che ti accusavano? Nessuno ti ha condannata?». Ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Nemmeno io ti condanno: va' e d'ora in poi non peccare più».
Allora, Gesù, alzatosi... Alzarsi è un verbo di risurrezione.
Va' e d'ora in poi non peccare più: il pericolo di morte più vero è il peccato; è da questa morte che Gesù libera la donna, con il suo perdono.
Gv 8,12 Di nuovo Gesù parlò loro dicendo:
«Io sono la Luce del mondo;
chi mi segue non cammina nelle tenebre,
ma avrà la Luce della Vita».
Chi mi segue non cammina nelle tenebre, ma avrà la Luce della Vita. In questo testo è definita tutta la fisionomia del vero discepolo di Gesù: egli segue Gesù, va con lui; e quindi non cammina nelle tenebre, ma nella luce, ha la luce: «Voi siete la luce del mondo» (cf Mt 5,14).
Gv 8,13-14 Gli dissero i Farisei: «Tu dai testimonianza a te stesso; la tua testimonianza non vale». Gesù rispose:
«Anche se io do testimonianza a me stesso,
la mia testimonianza vale,
perché io so di dove sono venuto e dove vado.
Voi invece non sapete
di dove io sia venuto e dove vada».
Qui si preannuncia uno scontro serrato fra Gesù ed i suoi oppositori, i capi dei Giudei, intelligenti e scaltrissimi. Gesù risponde loro prospettando il mistero: noi non sappiamo da dove veniamo; veniamo da una eternità di tenebre. Non sappiamo dove andiamo, andiamo verso una eternità di Luce o di tenebre. Gesù invece sa esattamente da dove è venuto e dove va; quindi la sua testimonianza vale, è credibile, perché egli ha la piena coscienza della sua origine e della sua missione divina.
Gv 8,15-16 «Voi giudicate secondo la carne;
io non giudico alcuno.
E anche se giudico,
il mio giudizio è valevole,
perché non sono solo,
ma io e colui che mi ha inviato».
Voi giudicate secondo la carne. È una frase semitica per dire: giudicate umanamente, alla maniera umana.
Io non giudico alcuno secondo la carne (umanamente).
E anche se giudico umanamente, il mio giudizio è valevole, perché non sono solo, ma io e colui che mi ha inviato. Gesù toccherà ancora questo problema della solitudine. Noi soffriamo tutti la solitudine... Il peccato ci ha resi incomunicabili; e l'incomunicabilità ci fa sentire soli.
C'è una duplice solitudine: la solitudine condivisa e la solitudine consacrata.
Solitudine condivisa: «Non è bene che l'uomo sia solo; gli darò un aiuto simile a lui» (cf Gn 2,18).
Solitudine consacrata: «Le volpi hanno le tane; gli uccelli hanno il nido, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo» (cf Mt 8,20). Figlio dell'uomo: questa espressione è sempre sulle labbra di Gesù, per adombrare la sua origine divina, ma anche quella della sua umiliazione, nell'incarnazione e nella morte (cf Dn 7, 13-14). ...Non ha dove posare il capo... È una frase delicatissima. I padri greci la spiegano molto bene: è espressiva della psicologia maschile (Giovanni posa la testa sul Cuore di Gesù). L'uomo si abbandona a Dio; non ha la compagna della sua vita, ma è totalmente disponibile a Dio, rivolto unicamente a Lui. L'amore di Dio è infinitamente più grande dell'amore umano. Questa è la solitudine consacrata.
Gv 8,17-18 «Ora nella vostra Legge sta scritto
che la testimonianza di due uomini è valida.
Io do testimonianza a me stesso;
ma per me testimonia anche il Padre
che mi ha inviato».
La testimonianza di due uomini è valida. Ciò è detto anche nel Deuteronomio (cf Dt 19, 15-18). Ed ecco perché Gesù manda i suoi discepoli a due a due: uno fa da "speaker"; l'altro fa da testimone, convalida ciò che dice il primo.
Io do testimonianza a me stesso. In greco: Egò eimi = Io sono (che do testimonianza a me stesso). C'è già qui una affermazione della divinità; infatti Io-Sono è il Nome di Dio, il nome con cui Dio si è rivelato a Mosè (cf Es 3,14).
Ma per me testimonia anche il Padre che mi ha inviato. Gesù aveva già detto in precedenza in che modo il Padre testimonia (cf Gv 7,14-24). C'è tutta una preparazione storica degli interventi di Dio nella storia del popolo eletto.
Gv 8,19-20 Gli dissero allora: «Dov'è tuo Padre?». Rispose Gesù:
«Voi non conoscete né me né il Padre mio;
se conosceste me,
conoscereste anche il Padre mio».
Gesù pronunciò queste parole nel Tesoro, quando insegnava nel Tempio, e nessuno lo prese perché non era ancora venuta la sua ora.
Gli dissero allora: «Dov'è tuo padre?». Gesù non rispose a questa domanda.
Voi non conoscete... Si tratta della conoscenza di fede che gli avversari di Gesù non avevano.
Non era ancora venuta la sua ora. Succede così anche nella nostra storia; noi vediamo che il Signore ci prepara l'ora finale. C'è un momento in cui si prevede che ormai è vicina l'ora della morte, il trapasso all'eternità. Prima, inconsciamente, sentiamo una specie di sicurezza, infallibile, per cui si dice: Non è ancora l'ora... Viene il momento in cui avvertiamo - ed è un segno di amore da parte di Dio - che sta avvicinandosi l'ora. Tutti lo avvertono, in una maniera o nell'altra.
Il Vangelo è tutta la nostra storia, perché il Padre ci vuole rendere conformi all'immagine del suo Figlio Gesù; e in dimensione ridotta si verifica in noi, esattamente, tutto quello che è scritto nel Vangelo.
Gv 8,21 Disse loro:
«Io me ne vado e voi mi cercherete
e morirete nel vostro peccato.
Dove io vado, voi non potete venire».
E morirete nel vostro peccato: nell'incredulità.
Dove io vado, voi non potete venire: se non si convertono, se non abbandonano questa incredulità.
Gv 8,22 Dicevano allora i Giudei: «Vuole forse uccidersi? Perché dice: - Dove io vado, voi non potete venire - ?».
Nell'atteggiamento, nelle parole dei Giudei si sente l'assalto della ragione umana dinanzi al mistero. La ragione umana lo vuole demolire, lo vuole ridurre alle sue dimensioni, lo vuole razionalizzare. Fu il primo peccato di Adamo ed Eva.
Gv 8,23-24 Gesù continuò:
«Voi siete di quaggiù,
io di lassù;
voi siete di questo mondo,
io non sono di questo mondo.
Ve l'ho detto: voi morirete nei vostri peccati;
sì, se voi non crederete che Io Sono,
morirete nei vostri peccati».
Io Sono: Nome divino. Con questa espressione, Gesù fa balenare e nasconde la sua divinità. È come nella parabola. Le parabole hanno sempre due elementi: l'elemento esteriore, comprensibile: è lo spunto di cronaca, il fatto, l'avvenimento; e l'elemento interiore: la Verità religiosa che è già enucleata e che solo un'anima aperta a Dio può scoprire. Gli altri no.
Morirete nei vostri peccati. Gesù prima dice: Morirete nel vostro peccato (cf Gv 8,21), cioè nel peccato di incredulità che ne prolifera altri. L'adorare noi stessi suscita una ramificazione estesa di altri peccati.
Gv 8,25-27 Gli dicevano dunque: «Chi sei tu?». Rispose loro Gesù:
«Assolutamente quello che vi dico.
Su di voi avrei ancora molto da dire
e molto da condannare,
ma colui che mi ha inviato è verace,
e ciò che io ho udito da lui,
lo dico nel mondo».
Essi non compresero che parlava loro del Padre.
Assolutamente quello che vi dico. Gesù è la Parola stessa, ma la sua affermazione lascia sconcertati, perché i Giudei capiscono e non capiscono.
Ma colui che mi ha inviato è verace: è la Verità. Gesù è la Verità. Questa parola ricorre sette volte in questo capitolo. Il termine Parola sei volte.
Gv 8,28 Disse dunque Gesù:
«Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo,
allora conoscerete che Io Sono,
e che non faccio nulla da me,
ma dico ciò che il Padre mi ha insegnato».
Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono. Levare in alto, innalzare. Nell'aramaico ha duplice significato: crocifiggere e innalzare nella gloria. Gesù si appella alla croce, allo scandalo della croce che sfolgora però di gloria.
La morte, ai nostri occhi umani, alla nostra mentalità pagana, sembra la cosa più orribile e ripugnante: è uno scandalo. Invece nel concetto di Dio e di Gesù - e qui ci vuole fede - è il massimo amore, la massima gioia, perché è l'incontro con il Padre, è l'inizio della Risurrezione, della nostra divinizzazione.
... e che non faccio nulla da me. Umiltà totale di Gesù.
Ma dico ciò che il Padre mi ha insegnato: cioè, non faccio altro che trasmettere le parole del Padre.
Gv 8,31-32 Ai Giudei che avevano creduto in lui, Gesù dunque disse:
«Se voi rimarrete nella mia parola,
sarete veramente miei discepoli,
e conoscerete la Verità,
e la Verità vi farà liberi».
Se voi rimarrete nella mia parola, sarete veramente miei discepoli. Ecco un altro aspetto dei discepoli: rimanere nella Parola, che vuol dire mantenersi, ogni giorno, nella Parola di Gesù, inciderla nell'anima.
E conoscerete la Verità, e la Verità vi farà liberi. È una frase stupenda. È l'unica volta che Gesù parla di libertà. Gesù ci fa liberi.
La lettera di S. Paolo ai Galati è tutta centrata sulla libertà.
Gv 8,33 Gli risposero: «Noi siamo stirpe di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: diventerete liberi?».
Noi siamo stirpe di Abramo. È un'impennata di razzismo.
E non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: diventerete liberi? I Giudei sono toccati sul vivo dall'espressione: diventerete liberi; autonomisti come sono, insofferenti dell'oppressione romana, la parola liberi brucia in loro.
Gv 8,34-35 Gesù rispose loro:
«In verità, in verità io vi dico:
chiunque commette il peccato è schiavo del peccato;
ora, lo schiavo non rimane nella casa per sempre;
il figlio, invece, vi resta per sempre».
Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. È una frase potente.
Con un gruppo di giovani ho commentato questa frase. Uno dei più irrequieti al sentirla si è irrigidito e ha affermato: "Come è vero! È proprio così!".
Una ragazza di vent'anni diceva: "Ho ribrezzo di me stessa, mi vorrei sopprimere". Noi pensiamo tante volte all'angoscia che si prova dinanzi alla morte, ma c'è anche l'angoscia dinanzi alla vita. Quando si è dominati dal peccato non si vorrebbe più vivere.
Ora, lo schiavo non rimane nella casa per sempre; il figlio, invece, vi resta per sempre. Gesù allude alla Casa del Padre di cui parlerà in seguito.
Gv 8,36-37 «Se, dunque, il Figlio vi farà liberi,
voi sarete realmente liberi.
Lo so che siete stirpe di Abramo;
ma voi cercate di uccidermi
perché la mia parola non penetra in voi».
Se, dunque, il Figlio vi farà liberi... Prima aveva detto: la Verità vi farà liberi. Adesso dice: il Figlio vi farà liberi... cioè voi sarete realmente liberi e non soltanto politicamente. Qui la Verità e il Figlio si identificano: la Verità è il dono di Dio nel Verbo fatto carne, cioè in Gesù. La Verità è Gesù.
Perché la mia parola non penetra in voi. I Giudei che rifiutano la parola di Gesù non sono né i veri discendenti di Abramo, né i figli di Dio.
Gv 8,38 «Io dico ciò che ho veduto presso il Padre mio;
dunque, fate anche voi
ciò che avete udito dal padre vostro».
Io dico ciò che ho veduto presso il Padre mio. Gesù è testimone del Padre, il Padre testimonia Gesù. Il testimone parla di ciò che ha veduto e che ha udito.
Gv 8,39 Gli replicarono: «Il padre nostro è Abramo!».
Disse loro Gesù:
«Se siete figli di Abramo,
fate le opere di Abramo!».
Gli replicarono: il padre nostro è Abramo. Un'altra punta di orgoglio.
Disse loro Gesù: "Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo". Le opere di Abramo sono la sua fede incrollabile che lo rende Padre dei credenti.
Dio lo chiama e gli dice: "Va' nella terra che io ti indicherò" (cf Gn 12,1s). Ed egli va pur non sapendo dove. Dio gli promette un figlio... (cf Gn 15,4) e lo fa attendere; e quando ormai tutte le speranze sono perdute gli dà il figlio Isacco, che significa: Dio che sorride. Isacco è ormai grande e Dio chiede ad Abramo di sacrificarglielo, di ucciderlo (cf Gn 22,1ss.) e Abramo ubbidisce sempre. Che fede!
La prima beatitudine che si legge nel Vangelo è la beatitudine della fede ed è rivolta alla Madonna: «Te beata che hai creduto» (cf Lc 1,45). L'ultima beatitudine che si legge nel Vangelo è la beatitudine della fede: «Beati quelli che crederanno senza aver visto» (cf Gv 20,29).
Il primo rimprovero che si legge nel Vangelo è sull'incredulità. È rivolto a Zaccaria: «...dal momento che tu non hai creduto alle mie parole sarai ridotto al silenzio» (cf Lc 1,20). L'ultimo rimprovero che si legge nel Vangelo è sull'incredulità: Gesù rimproverò agli Undici la loro incredulità (Mc 16,14).
Gv 8,40-41 «Invece, voi cercate di uccidere me,
che vi ho detto la Verità
che io ho udita da Dio;
questo, Abramo non lo faceva!
Fate allora le opere del padre vostro».
Gli dissero: «Noi non siamo nati dalla prostituzione; noi abbiamo un solo Padre: Dio!».
Noi non siamo nati dalla prostituzione. Il termine biblico prostituzione vuol dire infedeltà a Dio fino a rivolgersi agli idoli. L'amore tra Dio e l'umanità, tra Dio e Israele, tra Dio e la Chiesa è sempre espresso sotto immagine nuziale. È immagine bellissima, simbolo dell'unione intima tra Dio e l'uomo.
Noi abbiamo un solo Padre: Dio, cioè, siamo fedeli a Dio, Dio è nostro Padre. Non diranno mai a Dio: "Abbà", la parola insegnata da Gesù.
Gv 8,42-43 Disse loro Gesù:
«Se Dio fosse il Padre vostro,
mi amereste;
io, infatti, sono uscito e vengo da Dio;
non sono venuto da me stesso,
ma è stato lui a inviarmi.
Perché non capite il mio linguaggio?
Appunto perché non potete ascoltare la mia parola».
Se Dio fosse il Padre vostro, mi amereste. Ecco un altro lineamento del discepolo: amare Gesù, seguire Gesù che è la Luce.
Io, infatti, sono uscito e vengo da Dio. Sono uscito, sono Dio, vengo da Dio. L'inviato fa un tutt'uno con l'inviante.
Perché non capite il mio linguaggio? È una domanda piena di amarezza, di tristezza, perché i Giudei non capiscono la parola di Gesù, perché non fanno che ascoltare loro stessi. L'incredulità ha diverse radici: il peccato, il comportamento morale, soprattutto la chiusura della ragione al mistero di Dio.
Gv 8,44 «Voi avete per padre il demonio,
e sono i desideri del padre vostro
che voi volete compiere;
egli era omicida fin dal principio
e non perseverò nella Verità
perché non c'era verità in lui.
Quando egli proferisce menzogne
le tira fuori dal suo intimo
perché è bugiardo e padre della menzogna».
Voi avete per padre il demonio. Gesù parla di due filiazioni diverse:
- il Discepolo per eccellenza, che viene da Dio e dice ciò che ha veduto presso Dio, cioè Gesù, è Figlio di Dio;
- chi rifiuta di credere a Gesù, è figlio del demonio. Gesù mette in luce la libera appartenenza dei Giudei al demonio, determinata dalla loro libera opzione per il demonio.
Egli era omicida fin dal principio e non perseverò nella verità perché non c'era verità in lui. I desideri del demonio sono duplici: uccidere o sopraffare la verità con la menzogna. La menzogna intesa nel senso di S. Giovanni, è la perversione della verità.
Gv 8,45 «A me, invece, voi non credete,
perché io dico la verità».
Qual è il motivo dell'incredulità? Perché Gesù dice la verità. La verità brucia, la verità scotta, la verità è luce. Per chi ha gli occhi malati la luce diventa insopportabile, e deve accettare le tenebre, anzi le preferisce perché non può tollerare la luce: c'è incompatibilità.
Gv 8,46-47 «Chi di voi mi può accusare di peccato?
Se io dico la verità, perché non mi credete?
Chi è da Dio
ascolta la parola di Dio;
se voi non ascoltate,
è perché non siete da Dio».
La verità più forte che Gesù lancia è questa: «Chi di voi mi può accusare di peccato?... chi è da Dio ascolta la parola di Dio». Il discepolo ascolta la Parola di Dio, la volontà del Padre.
Gv 8,48 Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo ragione di dire che tu sei un samaritano e un indemoniato?».
Questi Giudei sono gli intellettuali, non è quindi la folla ad accanirsi contro Gesù. Essi attaccano Gesù con gli insulti più volgari: Sei un samaritano. È un titolo oltraggioso, è un titolo, noi diremmo, volgare... Sei un indemoniato.
Gv 8,49-51 Rispose Gesù:
«Io non sono un indemoniato,
ma onoro il Padre mio,
e voi mi oltraggiate.
Io, però, non cerco la mia gloria:
c'è chi se ne occupa e giudica.
In verità, in verità io vi dico:
chi custodisce la mia parola
non assaporerà morte in eterno».
Io non sono un indemoniato... Gesù lascia cadere il primo insulto: "sei un samaritano", ma si difende dal secondo. Risponde però sempre con calma solenne, che domina. Sembra di sentire lo scagliarsi dei flutti in tempesta contro uno scoglio immobile.
Voi mi oltraggiate... Lo dice con dolore. L'atteggiamento di Gesù è tutto di rispetto, di onore al padre e ai fratelli.
Chi custodisce la mia parola non assaporerà morte in eterno, cioè ha l'anima in grazia. La Parola di Gesù purifica.
Gv 8,52-53 Gli dissero i Giudei: «Adesso, sì, siamo sicuri che tu sei un indemoniato! Abramo è morto, anche i profeti sono morti, e tu dici: "Chi custodisce la mia parola non assaporerà morte in eterno" . Saresti forse più grande del padre nostro Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi pretendi tu di essere?».
La parola morte li esaspera e per cinque volte la ripetono. C'è in loro un'ossessione di morte.
Chi pretendi tu di essere? Sempre l'assalto della ragione umana contro il mistero, il mistero di Gesù.
Gv 8,54-55 Gesù rispose:
«Se io glorifico me stesso,
la mia gloria è nulla;
è il Padre mio che mi glorifica;
lui, di cui voi dite: è Dio nostro,
ma voi non lo conoscete.
Io, invece, sì che lo conosco;
e se dicessi che non lo conosco
sarei, come voi, un bugiardo.
Ma io lo conosco e tengo la sua parola».
È il Padre mio che mi glorifica. Gesù è orientato sempre al Padre.
Ma io lo conosco e tengo la sua parola. Faccio tesoro della sua Parola. È una frase stupenda.
Gv 8,56 «Abramo, padre vostro, esultò
al pensiero di vedere il mio Giorno;
lo vide e ne godette».
... al pensiero di vedere il mio Giorno. Tutti gli Ebrei sapevano, soprattutto gli intellettuali, che cos'è "il giorno di Jahvè", giorno di Dio. Gesù lo fa suo e dice: Mio giorno. È il giorno del trionfo finale di Dio nella storia.
Lo vide e ne godette. Qui risalta un altro lineamento del discepolo: esultanza, gioia, allegrezza.
Gv 8,57-59 Gli dissero allora i Giudei: «Non hai ancora cinquant'anni e hai veduto Abramo?». Rispose loro Gesù:
«In verità, in verità io vi dico:
prima che Abramo fosse, Io Sono».
Presero, allora, dei sassi per tirarglieli addosso, ma Gesù si nascose e uscì dal Tempio.
In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono. È un'affermazione balenante come una folgore in mezzo a tutto questo duello oratorio: "Io Sono". È il Nome ineffabile di Dio, quel Nome che è fluito dal Roveto ardente.
Presero, allora, dei sassi per tirarglieli addosso, ma Gesù si nascose... Dopo l'affermazione divina scende nell'umiltà. Il capitolo 8° si chiude nel nascondimento.
... e uscì dal Tempio. C'è un principio filosofico che dice: "Solvitur in excelsis": tutte le questioni, tutti i problemi si risolvono in alto, in Dio. Qui Gesù ci ha portato il vertice della soluzione del mistero di Gesù: Io Sono prima che Abramo fosse.
«Chi di voi è senza peccato,
scagli la prima pietra»
1Poi Gesù andò al monte degli Ulivi. 2Sul far del giorno tornò di nuovo al Tempio e tutto il popolo si accalcava attorno a lui. Gesù si sedette e si mise a insegnare. 3Allora gli scribi e i Farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio; postala in mezzo, gli dissero: 4«Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante delitto di adulterio. 5Mosè, nella Legge, ci ha comandato che tali donne siano lapidate. Tu che ne dici?». 6Essi chiedevano questo per tendergli un tranello e poterlo accusare. Ma Gesù. chinatosi, si mise a scrivere col dito in terra. 7Siccome insistevano, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra contro di lei». 8Poi, chinatosi di nuovo, seguitò a scrivere in terra. 9Ma quelli, udito ciò, uno dopo l'altro se ne andarono tutti, a cominciare dai più vecchi; e Gesù restò solo con la donna, che rimaneva sempre lì. 10Allora, Gesù, alzatosi, le chiese: «Dove sono, o donna, quelli che ti accusavano? Nessuno ti ha condannata?». 11Ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Nemmeno io ti condanno: va' e d'ora in poi non peccare più».
«Io sono la luce del mondo»
12Di nuovo Gesù parlò loro dicendo: «Io sono la Luce del mondo; chi mi segue non cammina nelle tenebre, ma avrà la Luce della Vita».
«Per me testimonia anche il Padre
che mi ha inviato»
13Gli dissero i Farisei: «Tu dai testimonianza a te stesso; la tua testimonianza non vale». 14Gesù rispose: «Anche se io do testimonianza a me stesso, la mia testimonianza vale, perché io so di dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete di dove io sia venuto e dove vada. 15Voi giudicate secondo la carne; io non giudico alcuno. 16E anche se giudico, il mio giudizio è valevole, perché non sono solo, ma io e colui che mi ha inviato. 17Ora nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due uomini è valida. 18Io do testimonianza a me stesso; ma per me testimonia anche il Padre che mi ha inviato». 19Gli dissero allora: «Dov'è tuo Padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio». 20Gesù pronunciò queste parole nel Tesoro, quando insegnava nel Tempio, e nessuno lo prese perché non era ancora venuta la sua ora.
«Io faccio sempre ciò che a lui piace»
21Disse loro: «Io me ne vado e voi mi cercherete e morirete nel vostro peccato. Dove io vado, voi non potete venire». 22Dicevano allora i Giudei: «Vuole forse uccidersi? Perché dice: "Dove io vado, voi non potete venire"?». 23Gesù continuò: «Voi siete di quaggiù, io di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. 24Ve l'ho detto: voi morirete nei vostri peccati; sì, se voi non crederete che Io Sono, morirete nei vostri peccati». 25Gli dicevano dunque: «Chi sei tu?». Rispose loro Gesù: «Assolutamente quello che vi dico. 26Su di voi avrei ancora molto da dire e molto da condannare, ma colui che mi ha inviato è verace, e ciò che io ho udito da lui, lo dico nel mondo». 27Essi non compresero che parlava loro del Padre. 28Disse dunque Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono, e che non faccio nulla da me, ma dico ciò che il Padre mi ha insegnato. 29E colui che mi ha inviato è con me; non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre ciò che a lui piace». 30A queste sue parole, molti credettero in lui.
«Prima che Abramo fosse, Io Sono»
31Ai Giudei che avevano creduto in lui, Gesù dunque disse: «Se voi rimarrete nella mia parola, sarete veramente miei discepoli, 32e conoscerete la Verità, e la Verità vi farà liberi». 33Gli risposero: «Noi siamo stirpe di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: diventerete liberi?». 34Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato; 35ora, lo schiavo non rimane nella casa per sempre; il figlio, invece, vi resta per sempre. 36Se, dunque, il Figlio vi farà liberi, voi sarete realmente liberi. 37Lo so che siete stirpe di Abramo; ma voi cercate di uccidermi perché la mia parola non penetra in voi. 38Io dico ciò che ho veduto presso il Padre mio; dunque, fate anche voi ciò che avete udito dal padre vostro». 39Gli replicarono: «Il padre nostro è Abramo!». Disse loro Gesù: «Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo! 40Invece, voi cercate di uccidere me, che vi ho detto la Verità che io ho udita da Dio; questo, Abramo non lo faceva! 41Fate allora le opere del padre vostro». Gli dissero: «Noi non siamo nati dalla prostituzione; noi abbiamo un solo Padre: Dio!». 42Disse loro Gesù: «Se Dio fosse il Padre vostro, mi amereste; io, infatti, sono uscito e vengo da Dio; non sono venuto da me stesso, ma è stato lui a inviarmi. 43Perché non capite il mio linguaggio? Appunto perché non potete ascoltare la mia parola. 44Voi avete per padre il demonio, e sono i desideri del padre vostro che voi volete compiere; egli era omicida fin dal principio e non perseverò nella verità perché non c'era verità in lui. Quando egli proferisce menzogne le tira fuori dal suo intimo perché è bugiardo e padre della menzogna. 45A me, invece, voi non credete, perché io dico la verità. 46Chi di voi mi può accusare di peccato? Se io dico la verità, perché non mi credete? 47Chi è da Dio ascolta la parola di Dio; se voi non ascoltate, è perché non siete da Dio».
48Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo ragione di dire che tu sei un samaritano e un indemoniato?». 49Rispose Gesù: «Io non sono un indemoniato, ma onoro il Padre mio, e voi mi oltraggiate. 50Io, però, non cerco la mia gloria: c'è chi se ne occupa e giudica. 51In verità, in verità io vi dico: chi custodisce la mia parola non assaporerà morte in eterno». 52Gli dissero i Giudei: «Adesso, sì, siamo sicuri che tu sei un indemoniato! Abramo è morto, anche i profeti sono morti, e tu dici: "Chi custodisce la mia parola non assaporerà morte in eterno". 53Saresti forse più grande del padre nostro Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi pretendi tu di essere?». 54Gesù rispose: «Se io glorifico me stesso, la mia gloria è nulla; è il Padre mio che mi glorifica; lui, di cui voi dite: è Dio nostro, 55ma voi non lo conoscete. Io, invece, sì che lo conosco; e se dicessi che non lo conosco sarei, come voi, un bugiardo. Ma io lo conosco e tengo la sua parola. 56Abramo, padre vostro, esultò al pensiero di vedere il mio Giorno; lo vide e ne godette». 57Gli dissero allora i Giudei: «Non hai ancora cinquant'anni e hai veduto Abramo?». 58Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». 59Presero, allora, dei sassi per tirarglieli addosso, ma Gesù si nascose e uscì dal Tempio.
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* *
Gv 8,1-6 Poi Gesù andò al monte degli Ulivi. Sul far del giorno tornò di nuovo al Tempio e tutto il popolo si accalcava attorno a lui. Gesù si sedette e si mise a insegnare. Allora gli scribi e i Farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio; postala in mezzo, gli dissero: "Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante delitto di adulterio. Mosè, nella Legge, ci ha comandato che tali donne siano lapidate. Tu che ne dici?". Essi chiedevano questo per tendergli un tranello e poterlo accusare. Ma Gesù. chinatosi, si mise a scrivere col dito in terra.
Postala in mezzo: la mettono in mezzo, povera donna! È lì tremante come un uccello quando è afferrato da una mano feroce; tutta raggomitolata, umiliatissima...
Ma Gesù, chinatosi... Anche Gesù si china, cioè si umilia; ma è un'umiliazione per sollevarci...
...si mise a scrivere col dito in terra. È l'unica volta in cui si parla di Gesù che scrive.
Il "dito di Dio" è lo Spirito Santo (cf inno "Veni Creator Spiritus"). È lo Spirito Santo, infatti, che scrive sulla nostra "terra", cioè nella nostra vita: ci indirizza, ci corregge, ci risolleva, ci innalza. È lui che scrive la nostra storia umano-divina; e poiché Spirito di amore, e Spirito di Dio, fa tutto per il bene, secondo gli intendimenti di Dio: "Tutto si volge al bene per quelli che amano Dio" (Rm 8,28).
Gv 8,7-9 Siccome insistevano, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra contro di lei». Poi, chinatosi di nuovo, seguitò a scrivere in terra. Ma quelli, udito ciò, uno dopo l'altro se ne andarono tutti, a cominciare dai più vecchi; e Gesù restò solo con la donna, che rimaneva sempre lì.
Seguitò a scrivere in terra: non sappiamo che cosa scrivesse; forse Gesù voleva indicare in questo modo che non intendeva discutere.
Gesù restò solo con la donna che rimaneva sempre lì: la Misericordia sola con la miseria; e la donna non fugge, lì si sente al sicuro.
Gv 8,10-11 Allora, Gesù, alzatosi, le chiese: «Dove sono, o donna, quelli che ti accusavano? Nessuno ti ha condannata?». Ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Nemmeno io ti condanno: va' e d'ora in poi non peccare più».
Allora, Gesù, alzatosi... Alzarsi è un verbo di risurrezione.
Va' e d'ora in poi non peccare più: il pericolo di morte più vero è il peccato; è da questa morte che Gesù libera la donna, con il suo perdono.
Gv 8,12 Di nuovo Gesù parlò loro dicendo:
«Io sono la Luce del mondo;
chi mi segue non cammina nelle tenebre,
ma avrà la Luce della Vita».
Chi mi segue non cammina nelle tenebre, ma avrà la Luce della Vita. In questo testo è definita tutta la fisionomia del vero discepolo di Gesù: egli segue Gesù, va con lui; e quindi non cammina nelle tenebre, ma nella luce, ha la luce: «Voi siete la luce del mondo» (cf Mt 5,14).
Gv 8,13-14 Gli dissero i Farisei: «Tu dai testimonianza a te stesso; la tua testimonianza non vale». Gesù rispose:
«Anche se io do testimonianza a me stesso,
la mia testimonianza vale,
perché io so di dove sono venuto e dove vado.
Voi invece non sapete
di dove io sia venuto e dove vada».
Qui si preannuncia uno scontro serrato fra Gesù ed i suoi oppositori, i capi dei Giudei, intelligenti e scaltrissimi. Gesù risponde loro prospettando il mistero: noi non sappiamo da dove veniamo; veniamo da una eternità di tenebre. Non sappiamo dove andiamo, andiamo verso una eternità di Luce o di tenebre. Gesù invece sa esattamente da dove è venuto e dove va; quindi la sua testimonianza vale, è credibile, perché egli ha la piena coscienza della sua origine e della sua missione divina.
Gv 8,15-16 «Voi giudicate secondo la carne;
io non giudico alcuno.
E anche se giudico,
il mio giudizio è valevole,
perché non sono solo,
ma io e colui che mi ha inviato».
Voi giudicate secondo la carne. È una frase semitica per dire: giudicate umanamente, alla maniera umana.
Io non giudico alcuno secondo la carne (umanamente).
E anche se giudico umanamente, il mio giudizio è valevole, perché non sono solo, ma io e colui che mi ha inviato. Gesù toccherà ancora questo problema della solitudine. Noi soffriamo tutti la solitudine... Il peccato ci ha resi incomunicabili; e l'incomunicabilità ci fa sentire soli.
C'è una duplice solitudine: la solitudine condivisa e la solitudine consacrata.
Solitudine condivisa: «Non è bene che l'uomo sia solo; gli darò un aiuto simile a lui» (cf Gn 2,18).
Solitudine consacrata: «Le volpi hanno le tane; gli uccelli hanno il nido, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo» (cf Mt 8,20). Figlio dell'uomo: questa espressione è sempre sulle labbra di Gesù, per adombrare la sua origine divina, ma anche quella della sua umiliazione, nell'incarnazione e nella morte (cf Dn 7, 13-14). ...Non ha dove posare il capo... È una frase delicatissima. I padri greci la spiegano molto bene: è espressiva della psicologia maschile (Giovanni posa la testa sul Cuore di Gesù). L'uomo si abbandona a Dio; non ha la compagna della sua vita, ma è totalmente disponibile a Dio, rivolto unicamente a Lui. L'amore di Dio è infinitamente più grande dell'amore umano. Questa è la solitudine consacrata.
Gv 8,17-18 «Ora nella vostra Legge sta scritto
che la testimonianza di due uomini è valida.
Io do testimonianza a me stesso;
ma per me testimonia anche il Padre
che mi ha inviato».
La testimonianza di due uomini è valida. Ciò è detto anche nel Deuteronomio (cf Dt 19, 15-18). Ed ecco perché Gesù manda i suoi discepoli a due a due: uno fa da "speaker"; l'altro fa da testimone, convalida ciò che dice il primo.
Io do testimonianza a me stesso. In greco: Egò eimi = Io sono (che do testimonianza a me stesso). C'è già qui una affermazione della divinità; infatti Io-Sono è il Nome di Dio, il nome con cui Dio si è rivelato a Mosè (cf Es 3,14).
Ma per me testimonia anche il Padre che mi ha inviato. Gesù aveva già detto in precedenza in che modo il Padre testimonia (cf Gv 7,14-24). C'è tutta una preparazione storica degli interventi di Dio nella storia del popolo eletto.
Gv 8,19-20 Gli dissero allora: «Dov'è tuo Padre?». Rispose Gesù:
«Voi non conoscete né me né il Padre mio;
se conosceste me,
conoscereste anche il Padre mio».
Gesù pronunciò queste parole nel Tesoro, quando insegnava nel Tempio, e nessuno lo prese perché non era ancora venuta la sua ora.
Gli dissero allora: «Dov'è tuo padre?». Gesù non rispose a questa domanda.
Voi non conoscete... Si tratta della conoscenza di fede che gli avversari di Gesù non avevano.
Non era ancora venuta la sua ora. Succede così anche nella nostra storia; noi vediamo che il Signore ci prepara l'ora finale. C'è un momento in cui si prevede che ormai è vicina l'ora della morte, il trapasso all'eternità. Prima, inconsciamente, sentiamo una specie di sicurezza, infallibile, per cui si dice: Non è ancora l'ora... Viene il momento in cui avvertiamo - ed è un segno di amore da parte di Dio - che sta avvicinandosi l'ora. Tutti lo avvertono, in una maniera o nell'altra.
Il Vangelo è tutta la nostra storia, perché il Padre ci vuole rendere conformi all'immagine del suo Figlio Gesù; e in dimensione ridotta si verifica in noi, esattamente, tutto quello che è scritto nel Vangelo.
Gv 8,21 Disse loro:
«Io me ne vado e voi mi cercherete
e morirete nel vostro peccato.
Dove io vado, voi non potete venire».
E morirete nel vostro peccato: nell'incredulità.
Dove io vado, voi non potete venire: se non si convertono, se non abbandonano questa incredulità.
Gv 8,22 Dicevano allora i Giudei: «Vuole forse uccidersi? Perché dice: - Dove io vado, voi non potete venire - ?».
Nell'atteggiamento, nelle parole dei Giudei si sente l'assalto della ragione umana dinanzi al mistero. La ragione umana lo vuole demolire, lo vuole ridurre alle sue dimensioni, lo vuole razionalizzare. Fu il primo peccato di Adamo ed Eva.
Gv 8,23-24 Gesù continuò:
«Voi siete di quaggiù,
io di lassù;
voi siete di questo mondo,
io non sono di questo mondo.
Ve l'ho detto: voi morirete nei vostri peccati;
sì, se voi non crederete che Io Sono,
morirete nei vostri peccati».
Io Sono: Nome divino. Con questa espressione, Gesù fa balenare e nasconde la sua divinità. È come nella parabola. Le parabole hanno sempre due elementi: l'elemento esteriore, comprensibile: è lo spunto di cronaca, il fatto, l'avvenimento; e l'elemento interiore: la Verità religiosa che è già enucleata e che solo un'anima aperta a Dio può scoprire. Gli altri no.
Morirete nei vostri peccati. Gesù prima dice: Morirete nel vostro peccato (cf Gv 8,21), cioè nel peccato di incredulità che ne prolifera altri. L'adorare noi stessi suscita una ramificazione estesa di altri peccati.
Gv 8,25-27 Gli dicevano dunque: «Chi sei tu?». Rispose loro Gesù:
«Assolutamente quello che vi dico.
Su di voi avrei ancora molto da dire
e molto da condannare,
ma colui che mi ha inviato è verace,
e ciò che io ho udito da lui,
lo dico nel mondo».
Essi non compresero che parlava loro del Padre.
Assolutamente quello che vi dico. Gesù è la Parola stessa, ma la sua affermazione lascia sconcertati, perché i Giudei capiscono e non capiscono.
Ma colui che mi ha inviato è verace: è la Verità. Gesù è la Verità. Questa parola ricorre sette volte in questo capitolo. Il termine Parola sei volte.
Gv 8,28 Disse dunque Gesù:
«Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo,
allora conoscerete che Io Sono,
e che non faccio nulla da me,
ma dico ciò che il Padre mi ha insegnato».
Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono. Levare in alto, innalzare. Nell'aramaico ha duplice significato: crocifiggere e innalzare nella gloria. Gesù si appella alla croce, allo scandalo della croce che sfolgora però di gloria.
La morte, ai nostri occhi umani, alla nostra mentalità pagana, sembra la cosa più orribile e ripugnante: è uno scandalo. Invece nel concetto di Dio e di Gesù - e qui ci vuole fede - è il massimo amore, la massima gioia, perché è l'incontro con il Padre, è l'inizio della Risurrezione, della nostra divinizzazione.
... e che non faccio nulla da me. Umiltà totale di Gesù.
Ma dico ciò che il Padre mi ha insegnato: cioè, non faccio altro che trasmettere le parole del Padre.
Gv 8,31-32 Ai Giudei che avevano creduto in lui, Gesù dunque disse:
«Se voi rimarrete nella mia parola,
sarete veramente miei discepoli,
e conoscerete la Verità,
e la Verità vi farà liberi».
Se voi rimarrete nella mia parola, sarete veramente miei discepoli. Ecco un altro aspetto dei discepoli: rimanere nella Parola, che vuol dire mantenersi, ogni giorno, nella Parola di Gesù, inciderla nell'anima.
E conoscerete la Verità, e la Verità vi farà liberi. È una frase stupenda. È l'unica volta che Gesù parla di libertà. Gesù ci fa liberi.
La lettera di S. Paolo ai Galati è tutta centrata sulla libertà.
Gv 8,33 Gli risposero: «Noi siamo stirpe di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: diventerete liberi?».
Noi siamo stirpe di Abramo. È un'impennata di razzismo.
E non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: diventerete liberi? I Giudei sono toccati sul vivo dall'espressione: diventerete liberi; autonomisti come sono, insofferenti dell'oppressione romana, la parola liberi brucia in loro.
Gv 8,34-35 Gesù rispose loro:
«In verità, in verità io vi dico:
chiunque commette il peccato è schiavo del peccato;
ora, lo schiavo non rimane nella casa per sempre;
il figlio, invece, vi resta per sempre».
Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. È una frase potente.
Con un gruppo di giovani ho commentato questa frase. Uno dei più irrequieti al sentirla si è irrigidito e ha affermato: "Come è vero! È proprio così!".
Una ragazza di vent'anni diceva: "Ho ribrezzo di me stessa, mi vorrei sopprimere". Noi pensiamo tante volte all'angoscia che si prova dinanzi alla morte, ma c'è anche l'angoscia dinanzi alla vita. Quando si è dominati dal peccato non si vorrebbe più vivere.
Ora, lo schiavo non rimane nella casa per sempre; il figlio, invece, vi resta per sempre. Gesù allude alla Casa del Padre di cui parlerà in seguito.
Gv 8,36-37 «Se, dunque, il Figlio vi farà liberi,
voi sarete realmente liberi.
Lo so che siete stirpe di Abramo;
ma voi cercate di uccidermi
perché la mia parola non penetra in voi».
Se, dunque, il Figlio vi farà liberi... Prima aveva detto: la Verità vi farà liberi. Adesso dice: il Figlio vi farà liberi... cioè voi sarete realmente liberi e non soltanto politicamente. Qui la Verità e il Figlio si identificano: la Verità è il dono di Dio nel Verbo fatto carne, cioè in Gesù. La Verità è Gesù.
Perché la mia parola non penetra in voi. I Giudei che rifiutano la parola di Gesù non sono né i veri discendenti di Abramo, né i figli di Dio.
Gv 8,38 «Io dico ciò che ho veduto presso il Padre mio;
dunque, fate anche voi
ciò che avete udito dal padre vostro».
Io dico ciò che ho veduto presso il Padre mio. Gesù è testimone del Padre, il Padre testimonia Gesù. Il testimone parla di ciò che ha veduto e che ha udito.
Gv 8,39 Gli replicarono: «Il padre nostro è Abramo!».
Disse loro Gesù:
«Se siete figli di Abramo,
fate le opere di Abramo!».
Gli replicarono: il padre nostro è Abramo. Un'altra punta di orgoglio.
Disse loro Gesù: "Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo". Le opere di Abramo sono la sua fede incrollabile che lo rende Padre dei credenti.
Dio lo chiama e gli dice: "Va' nella terra che io ti indicherò" (cf Gn 12,1s). Ed egli va pur non sapendo dove. Dio gli promette un figlio... (cf Gn 15,4) e lo fa attendere; e quando ormai tutte le speranze sono perdute gli dà il figlio Isacco, che significa: Dio che sorride. Isacco è ormai grande e Dio chiede ad Abramo di sacrificarglielo, di ucciderlo (cf Gn 22,1ss.) e Abramo ubbidisce sempre. Che fede!
La prima beatitudine che si legge nel Vangelo è la beatitudine della fede ed è rivolta alla Madonna: «Te beata che hai creduto» (cf Lc 1,45). L'ultima beatitudine che si legge nel Vangelo è la beatitudine della fede: «Beati quelli che crederanno senza aver visto» (cf Gv 20,29).
Il primo rimprovero che si legge nel Vangelo è sull'incredulità. È rivolto a Zaccaria: «...dal momento che tu non hai creduto alle mie parole sarai ridotto al silenzio» (cf Lc 1,20). L'ultimo rimprovero che si legge nel Vangelo è sull'incredulità: Gesù rimproverò agli Undici la loro incredulità (Mc 16,14).
Gv 8,40-41 «Invece, voi cercate di uccidere me,
che vi ho detto la Verità
che io ho udita da Dio;
questo, Abramo non lo faceva!
Fate allora le opere del padre vostro».
Gli dissero: «Noi non siamo nati dalla prostituzione; noi abbiamo un solo Padre: Dio!».
Noi non siamo nati dalla prostituzione. Il termine biblico prostituzione vuol dire infedeltà a Dio fino a rivolgersi agli idoli. L'amore tra Dio e l'umanità, tra Dio e Israele, tra Dio e la Chiesa è sempre espresso sotto immagine nuziale. È immagine bellissima, simbolo dell'unione intima tra Dio e l'uomo.
Noi abbiamo un solo Padre: Dio, cioè, siamo fedeli a Dio, Dio è nostro Padre. Non diranno mai a Dio: "Abbà", la parola insegnata da Gesù.
Gv 8,42-43 Disse loro Gesù:
«Se Dio fosse il Padre vostro,
mi amereste;
io, infatti, sono uscito e vengo da Dio;
non sono venuto da me stesso,
ma è stato lui a inviarmi.
Perché non capite il mio linguaggio?
Appunto perché non potete ascoltare la mia parola».
Se Dio fosse il Padre vostro, mi amereste. Ecco un altro lineamento del discepolo: amare Gesù, seguire Gesù che è la Luce.
Io, infatti, sono uscito e vengo da Dio. Sono uscito, sono Dio, vengo da Dio. L'inviato fa un tutt'uno con l'inviante.
Perché non capite il mio linguaggio? È una domanda piena di amarezza, di tristezza, perché i Giudei non capiscono la parola di Gesù, perché non fanno che ascoltare loro stessi. L'incredulità ha diverse radici: il peccato, il comportamento morale, soprattutto la chiusura della ragione al mistero di Dio.
Gv 8,44 «Voi avete per padre il demonio,
e sono i desideri del padre vostro
che voi volete compiere;
egli era omicida fin dal principio
e non perseverò nella Verità
perché non c'era verità in lui.
Quando egli proferisce menzogne
le tira fuori dal suo intimo
perché è bugiardo e padre della menzogna».
Voi avete per padre il demonio. Gesù parla di due filiazioni diverse:
- il Discepolo per eccellenza, che viene da Dio e dice ciò che ha veduto presso Dio, cioè Gesù, è Figlio di Dio;
- chi rifiuta di credere a Gesù, è figlio del demonio. Gesù mette in luce la libera appartenenza dei Giudei al demonio, determinata dalla loro libera opzione per il demonio.
Egli era omicida fin dal principio e non perseverò nella verità perché non c'era verità in lui. I desideri del demonio sono duplici: uccidere o sopraffare la verità con la menzogna. La menzogna intesa nel senso di S. Giovanni, è la perversione della verità.
Gv 8,45 «A me, invece, voi non credete,
perché io dico la verità».
Qual è il motivo dell'incredulità? Perché Gesù dice la verità. La verità brucia, la verità scotta, la verità è luce. Per chi ha gli occhi malati la luce diventa insopportabile, e deve accettare le tenebre, anzi le preferisce perché non può tollerare la luce: c'è incompatibilità.
Gv 8,46-47 «Chi di voi mi può accusare di peccato?
Se io dico la verità, perché non mi credete?
Chi è da Dio
ascolta la parola di Dio;
se voi non ascoltate,
è perché non siete da Dio».
La verità più forte che Gesù lancia è questa: «Chi di voi mi può accusare di peccato?... chi è da Dio ascolta la parola di Dio». Il discepolo ascolta la Parola di Dio, la volontà del Padre.
Gv 8,48 Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo ragione di dire che tu sei un samaritano e un indemoniato?».
Questi Giudei sono gli intellettuali, non è quindi la folla ad accanirsi contro Gesù. Essi attaccano Gesù con gli insulti più volgari: Sei un samaritano. È un titolo oltraggioso, è un titolo, noi diremmo, volgare... Sei un indemoniato.
Gv 8,49-51 Rispose Gesù:
«Io non sono un indemoniato,
ma onoro il Padre mio,
e voi mi oltraggiate.
Io, però, non cerco la mia gloria:
c'è chi se ne occupa e giudica.
In verità, in verità io vi dico:
chi custodisce la mia parola
non assaporerà morte in eterno».
Io non sono un indemoniato... Gesù lascia cadere il primo insulto: "sei un samaritano", ma si difende dal secondo. Risponde però sempre con calma solenne, che domina. Sembra di sentire lo scagliarsi dei flutti in tempesta contro uno scoglio immobile.
Voi mi oltraggiate... Lo dice con dolore. L'atteggiamento di Gesù è tutto di rispetto, di onore al padre e ai fratelli.
Chi custodisce la mia parola non assaporerà morte in eterno, cioè ha l'anima in grazia. La Parola di Gesù purifica.
Gv 8,52-53 Gli dissero i Giudei: «Adesso, sì, siamo sicuri che tu sei un indemoniato! Abramo è morto, anche i profeti sono morti, e tu dici: "Chi custodisce la mia parola non assaporerà morte in eterno" . Saresti forse più grande del padre nostro Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi pretendi tu di essere?».
La parola morte li esaspera e per cinque volte la ripetono. C'è in loro un'ossessione di morte.
Chi pretendi tu di essere? Sempre l'assalto della ragione umana contro il mistero, il mistero di Gesù.
Gv 8,54-55 Gesù rispose:
«Se io glorifico me stesso,
la mia gloria è nulla;
è il Padre mio che mi glorifica;
lui, di cui voi dite: è Dio nostro,
ma voi non lo conoscete.
Io, invece, sì che lo conosco;
e se dicessi che non lo conosco
sarei, come voi, un bugiardo.
Ma io lo conosco e tengo la sua parola».
È il Padre mio che mi glorifica. Gesù è orientato sempre al Padre.
Ma io lo conosco e tengo la sua parola. Faccio tesoro della sua Parola. È una frase stupenda.
Gv 8,56 «Abramo, padre vostro, esultò
al pensiero di vedere il mio Giorno;
lo vide e ne godette».
... al pensiero di vedere il mio Giorno. Tutti gli Ebrei sapevano, soprattutto gli intellettuali, che cos'è "il giorno di Jahvè", giorno di Dio. Gesù lo fa suo e dice: Mio giorno. È il giorno del trionfo finale di Dio nella storia.
Lo vide e ne godette. Qui risalta un altro lineamento del discepolo: esultanza, gioia, allegrezza.
Gv 8,57-59 Gli dissero allora i Giudei: «Non hai ancora cinquant'anni e hai veduto Abramo?». Rispose loro Gesù:
«In verità, in verità io vi dico:
prima che Abramo fosse, Io Sono».
Presero, allora, dei sassi per tirarglieli addosso, ma Gesù si nascose e uscì dal Tempio.
In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono. È un'affermazione balenante come una folgore in mezzo a tutto questo duello oratorio: "Io Sono". È il Nome ineffabile di Dio, quel Nome che è fluito dal Roveto ardente.
Presero, allora, dei sassi per tirarglieli addosso, ma Gesù si nascose... Dopo l'affermazione divina scende nell'umiltà. Il capitolo 8° si chiude nel nascondimento.
... e uscì dal Tempio. C'è un principio filosofico che dice: "Solvitur in excelsis": tutte le questioni, tutti i problemi si risolvono in alto, in Dio. Qui Gesù ci ha portato il vertice della soluzione del mistero di Gesù: Io Sono prima che Abramo fosse.
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